Tutti conosciamo la data della fondazione di Roma, il 21 aprile 753 avanti Cristo e il racconto di Romolo che traccia un solco sul colle Palatino per delimitare la città di Roma e che uccide suo fratello gemello Remo colpevole di aver oltrepassato tale limite, ma in pochi conoscono il Pomerium (pomerio), il limite sacro ed inviolabile della città delimitato da cippi anche se, ad oggi, nessuno ha ancora la certezza di cosa fosse. Una zona? Una linea? Fuori o dentro le Mura della città?
La prima e unica testimonianza su cui convergono tutti gli scrittori antichi è che il pomerio (che vuol dire dopo o dietro il muro) segnava il limite tra gli auspicia urbana (collegati all’imperium domi) e gli auspicia militaria (collegati all’imperium militiae) che a sua volta segnava il limite tra l’Urbs (la città vera e propria) e l’Ager (tutto quello all’esterno dell’Urbs).
Era ben noto a tutti che a Roma nessuna decisione in guerra e in pace veniva presa senza aver prima consultato gli àugurii. (Tito Livio)
All’interno del pomerio potevano essere edificati solo templi dedicati alle divinità romane e non potevano essere collocate tombe, solo alle vestali era concesso di essere sepolte entro il pomerio. Dal punto di vista legale, Roma esisteva solo all’interno del pomerio; tutto ciò che stava oltre era semplicemente territorio appartenente a Roma, extra pomerium.

Gli auspicia prima di prendere qualsiasi decisione
Gli auspicia, era una pratica importata dagli Etruschi che interrogavano il volere degli Dei attraverso l’interpretazione di diversi segni premonitori ed era tenuta in gran conto durante l’epoca Monarchica e per lungo tempo anche durante quella Repubblicana, per poi perdere il suo carattere religioso, acquisendo quello di atto tradizionale, conservando comunque un significato molto profondo anche in epoca Imperiale.

Un sacerdote detto àugure (Fig. 1), procedeva all’osservazione del volo degli uccelli (auspicia deriva da aves specere, cioè “osservare gli uccelli”). A seconda del movimento degli uccelli, del loro numero e da altri fattori, l’àugure tracciava dei segni immaginari nel cielo e poi li riportava, proiettandoli sul terreno creando una specie di mappa e ne traeva le decisioni da prendere. La linea di demarcazione tra i due imperii era segnalata da pietre contrassegnate da numeri seriali chiamate cippi pomerii o termini perché sacre al Dio Terminus, l’unico ad avere una cappella all’interno del tempio di Giove Ottimo Massimo sul Campidoglio e quindi erano pietre sacre, inviolabili ed inamovibili.
Allargamento del pomerium
Con l’espansione di Roma e solo dopo significativi successi militari, il pomerio poteva essere allargato e questo era considerato di grande prestigio in quanto l’autore della modifica veniva considerato “nuovo fondatore” della città. Le fonti storiche parlano di allargamenti del pomerio da parte di Servio Tullio, di Lucio Cornelio Silla, di Claudio (Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico) nel 49, di Vespasiano nel 75, di Adriano nel 121 e di Aureliano, ma di tutti questi, l’unico ampliamento attestato sia a livello epigrafico sia a livello letterario (citato negli Annales di Tacito) è quello realizzato da Claudio nel 49 d.C. in seguito alla sua vittoria sui Britanni. Grazie al ritrovamento di alcuni dei cippi utilizzati per delimitarne il percorso, gli studiosi hanno tentato di ricostruire i confini del nuovo pomerio. L’ultimo di questi cippi pomerii è stato ritrovato nel 2021 nel corso degli scavi per la realizzazione del progetto di riqualificazione di piazza Augusto Imperatore ed è esposto nella Sala Paladino del Museo dell’Ara Pacis in attesa della sua ricollocazione negli spazi museali del Mausoleo di Augusto. Un altro cippo del pomerio di Claudio è conservato presso la Galleria Lapidaria dei Musei Vaticani. Nel portico antistante la chiesa di Santa Cecilia in Trastevere è visibile il cippo dell’espansione voluta dall’imperatore Vespasiano, nel 75. Un frammento di un altro cippo pomeriale di Claudio è osservabile pubblicamente di giorno e di notte perché incastonato in modo anonimo tra Via del Pellegrino e Via dei Banchi Vecchi (Fig. 2) e centinaia di persone ci passano davanti senza rendersi conto di quanta importanza venne attribuita a quel frammento in età imperiale attraverso un’azione che aveva una forte valenza religiosa, politica e simbolica.

Il sulcus primigenius
Altre interpretazioni delle fonti storiche, hanno ipotizzato che il pomerio coincidesse con il sulcus pimigenius, il solco tracciato con l’aratro per consacrare la fondazione di una città le cui mura dovevano essere innalzate partendo dal solco (solo le città dotate di un pomerio potevano fregiarsi dell’appellativo di urbs), fermandosi e alzando l’aratro lì dove sarebbero sorte le porte della città. Anche il mito della fondazione di Roma narra del solco tracciato da Romolo sul Palatino (Fig. 3). Il tracciato venne fatto con un aratro di bronzo a cui vennero aggiogati una mucca ed un toro entrambi bianchi. Il toro venne aggiogato in quella che era destinata ad essere la parte esterna del solco, quale elemento propiziatorio di forza per la difesa della città, mentre la mucca fu aggiogata in corrispondenza della parte interna della costruenda città ad evocare ricchezza e benessere. Le zolle di terra scavate in senso antiorario, dovevano ricadere tutte all’interno andando a determinare il muros, un muro simbolico di protezione della città appena fondata.

La fascia di terreno all’interno e all’esterno delle mura
Secondo altri studi invece, subito all’interno del muro di cinta (ma alcuni ne indicano anche un’altra subito fuori) correva una striscia di terreno che non poteva essere né coltivato né abitato. Il limite interno di tale fascia è stato spesso identificato come pomerio. Questa spiegazione farebbe dedurre che il pomerio fosse una linea più interna rispetto alle mura e questo creerebbe tra queste due linee, mura e pomerio, una sorta di corridoio, una zona intercalare, che doveva servire all’esercito per muoversi a difesa della città in caso di assedio, poiché, come detto, all’interno dell’urbs non poteva esercitarsi l’imperium militiae e quindi non si poteva oltrepassare il pomerio in armi. A ben vedere, sia la fascia interna alle mura che quella esterna, interdette alle coltivazioni e alle costruzioni, assumerebbe un concetto di praticità: in caso di attacco sarebbe stato molto pericoloso avere intralci alla difesa costituiti da edifici o colture all’interno, ed estremamente dannoso avere all’esterno piantagioni o edifici in cui il nemico potesse nascondersi o arroccarsi.
Da sempre perciò, ci troviamo di fronte a notizie contraddittorie per quanto riguarda il significato di pomerio anche perché le sue origini si perdono nel mito e le successive testimonianze che si sono succedute in più secoli, sembrano cercare di far combaciare il più possibile ora l’uno, ora l’altro aspetto.
Imperium domi e imperium militiae
L’imperium è un potere di carattere militare che conferisce al suo titolare la facoltà di impartire ordini ai quali i destinatari non possono sottrarsi, con conseguente potere di sottoporre gli oppositori a pene coercitive di natura fisica (fustigazione o, nei casi più gravi, decapitazione) o patrimoniale (multe).
I simboli esteriori di questo potere erano i fasci, l’arma in possesso dei littori (Fig. 4) che scortavano i magistrati in misura del loro rango. Un fascio littorio consisteva in una serie di bastoni di legno legati con strisce di cuoio, normalmente intorno a una scure.
Con l’esclusione del dictator (nominato in casi eccezionali e posto al comando assoluto e illimitato di Roma per un massimo di sei mesi), tutti gli altri magistrati potevano portare le asce infisse nei fasci solo al di fuori del pomerio, poiché all’interno della città non era possibile applicare la pena di morte a cittadini romani, che avevano diritto di ricorrere ai comizi centuriati per paralizzare una condanna capitale stabilita dai magistrati.
Dopo l’instaurazione del nuovo regime repubblicano nel 509 a.C. il potere di imperium fu ereditato dai consoli che furono posti a capo del nuovo ordine costituzionale. Anch’essi erano dotati di imperium, ed erano dunque accompagnati da dodici littori ciascuno. Secondo la tradizione, però, già in questo momento di nascita della libera res publica, il console Valerio Publicola avrebbe fatto approvare una legge, detta Lex Valeria de provocatione, con la quale si stabiliva che all’interno della città di Roma ciascun cittadino avrebbe potuto limitare il potere di imperium dei consoli ricorrendo alla provocatio ad populum. Questo provvedimento avrebbe consentito al cittadino contro cui il magistrato avesse voluto esercitare il proprio imperium di richiedere un giudizio innanzi alle assemblee popolari dei comizi centuriati che potevano riunirsi solo al di fuori del pomerium.
Per simboleggiare questo mutamento, i littori giravano dentro la città di Roma senza le scuri inserite nei fasci littori, e al riguardo si parlerà di imperium domi; all’interno del pomerio infatti, nessuno poteva girare armato, fatta eccezione per le parate trionfali nelle quali ai soldati eroici (dovevano essere stati feriti in battaglia) veniva concesso di portare i fasci in trionfo. Al di fuori della cerchia cittadina (ager), tuttavia, non poteva farsi ricorso alla provocatio ad populum, e il magistrato munito di imperium avrebbe potuto esercitare il proprio potere senza alcun limite, tanto che i suoi littori lo accompagnavano con i fasci completi delle scuri, simbolo del suo imperium militiae.

Sul cippo di via del Pellegrino mi permetto di segnalare questo video, vincitore del concorso SCRIPTA LEGAMVS 2021: https://youtu.be/6gC1Foybhzc?si=QFhPo7XW-fE0GZoe
"Mi piace""Mi piace"