Mappe

La chiesa di Roma, ep. 157

Cliccando sulla mappa potrete andare alla mappa interattiva che ho realizzato per questo episodio.

In generale, ho diviso la città nelle sette regioni (approssimative) in base ai reperti archeologici e documentali.

  • Regio I: Aventino, testaccio
  • Regio II: Velabro, Palatino, Celio, Laterano
  • Regio III: Monti, Esquilino
  • Regio IV: Viminale, Quirinale
  • Regio V: Tridente
  • Regio VI: Campo Marzio
  • Regio VII: Trastevere

Questa la legenda degli elementi. Sui Tituli (le chiese sulle quali è incardinato il clero romano) le ho divise in base alla dipendenza delle varie basiliche. Se un Titulus è di “San Paolo” vuol dire che il suo presbitero principale (il Presbyter prior) officerà un giorno la messa nella Basilica di San Paolo fuori le mura. Il cardinale protopresbiteriale è invece il capo del collegio dei Presbyteri cardinales.

Quanto agli altri elementi, ho aggiunto anche le basiliche papali (le cinque: San Pietro, San Paolo fuori le mura, Basilica del Salvatore – San Giovanni in Laterano, S. Maria Maggiore, S. Lorenzo) e le Diaconie, dove avveniva buona parte dell’attività economica e di assistenza della chiesa, inquadrate nelle varie regioni. Fuori Roma, troverete anche le diocesi suburbicarie (sette) che costituivano il collegio dei Cardinali vescovi o Episcopi cardinales. Questi officiavano quotidianamente a San Giovanni in Laterano ed erano (e sono) il vertice della chiesa romana..

Il senza-naso (701-705), ep. 154

Al 705, quando Giustiniano II riconquistò il suo trono, la situazione geopolitica per l’Impero romano era decisamente peggiorata: Cartagine era caduta. Il Mediterraneo era diventata una frontiera, la Cilicia era caduta in mani arabe e buona parte dell’Anatolia (tratteggiata) veniva saccheggiata regolarmente dalle forze del Califfato.

Nei dieci anni intercorsi tra i suoi due regni, quello che restava dell’Occidente latino era stato riorganizzato: era stato creato (probabilmente da Tiberio III) il Thema di Sicilia, dal quale dipendevano le Baleari, la Sardegna, la Corsica e la Calabria. Roma e Napoli erano retti in ducati solo nominalmente dipendenti dall’esarcato, mentre il ducato di Venetia (quella che noi chiamiamo semplicemente “Venezia” ma che non aveva ancora capitale nella zona di Rialto, come oggi, ma in Eracleia) era solo nominalmente dipendente dall’Esarca a Ravenna, ormai sempre di più una figura poco importante nell’organizzazione militare e politica dell’Italia imperiale.

L’Anatolia era ormai organizzata ufficialmente in cinque temi, quattro dell’esercito (Anatolikon, Armeniakon, Thrakesion, Opsikion) e uno della flotta (Karabisianoi). Il thema di Hellas era stato creato da Giustiniano II nel suo primo regno per organizzare meglio i domini greci dell’Impero romano, ed era un misto di esercito e flotta.

Il Califfato, da Damasco, ormai controllava tutte le terre dallo stretto di Gibilterra alla frontiera con la Cina. Privo di nemici, aveva ormai un solo obiettivo: schiacciare il suo indebolito ma orgoglioso rivale, l’unico grande stato che fosse sfuggito alla sua presa: l’Impero romano.

La prima Fitna (656-661), ep. 150

Dopo il fallimento del primo grande attacco arabo a Costantinopoli (654 circa) e la morte di Uthman (656) per mano di assassini provenienti da Egitto e Iraq, il mondo arabo precipitò nella “Prima Fitna”.

L’elezione a Amir Al-Muminin di Alì (genero di Muhammad) non fu mai universalmente accettata, soprattutto in Siria, dove la posizione degli eredi di Uthman (gli Omayyadi) era particolarmente forte, grazie al ruolo di Mu’awiya, comandante in capo dell’esercito siriano, il principale della Umma.

La mappa illustra la situazione nel 658, dopo che Mu’awiya aveva già scoperto le carte e si era dichiarato Amir Al-Muminin con il supporto del “padre padrone” dell’Egitto, Al-As. Notare come i territori di Mu’awiya e di Alì corrispondono perfettamente (o quasi) ai confini tra la parte “romana” e la parte “persiana” della Umma, ovvero le terre che erano appartenute ai due imperi. Questo si riflette anche nell’attenzione diversa tra la dinastia Omayyade – tutta concentrata a Damasco e volta alla conquista dell’ex mondo romano – e gli Sciiti, molto più interessati all’Asia e al mondo dell’Asia centrale. Per certi versi gli Abbasidi – dinastia che succederà agli Omayyadi – sposteranno a metà VIII secolo l’attenzione dal mondo romano a quello ex-persiano, portando poi la capitale a Baghdad.

Nel breve periodo però, la morte di Alì per mano di un assassino e la conquista sanguinosa dello Hijaz da parte di Mu’awiya convinse quest’ultimo a spostare la capitale della Umma dalla lontanissima Mecca a Damasco, quasi una spada puntata su Costantinopoli. Da un punto di vista religioso, alla fine della Fitna il ruolo di Gerusalemme divenne ancora più importante: è infatti a Gerusalemme che Mu’awiya fu confermato e acclamato Amir Al-Muminin, anche con il supporto dei suoi tanti sostenitori cristiani.

Per arrivare all’Islam come lo conosciamo (una religione separata, universale, centrata sullo Hijaz da un punto di vista religioso) si dovrà attendere la seconda Fitna e il regno di Abd Al-Malik, a fine VII secolo. Questa storia è narrata nella puntata premium, accessibile a tutti i sostenitori su Patreon e Tipeee!

Il volgere della marea (678-685), ep. 149

La fondazione del “Primo impero bulgaro” è databile al 680-681, e all’immigrazione all’interno del territorio ex imperiale dei proto-Bulgari di Asparuh, una popolazione di lingua turca che sottomise le cosiddette “sette tribù” slave, che vivevano all’epoca nel basso corso del Danubio, dalle porte di ferro al mare.

Il Primo impero bulgaro (VII-XI secolo) si caratterizzò sin dall’inizio come uno stato, con una chiara capitale: la maestosa Pliska, da me descritta pochi giorni fa. Lo stato bulgaro fu fondato come pagano, ma nel IX secolo si convertì al cristianesimo, mettendo contro Roma e Costantinopoli, i due principali patriarcati della cristianità, che fecero la gara per decidere chi sarebbe stato il patriarcato a convertire i Bulgari. Una decisione a lungo in bilico, e che determinò poi la storia dello stato bulgaro, e in generale di buona parte degli slavi. A Pliska e poi nelle altre capitali bulgare si affermò l’alfabeto creato da Cirillo e Metodoio per convertire la Moravia, e il prestigio dello stato bulgaro fece affermare questo alfabeto per buona parte degli altri popoli slavi.

Nel IX secolo, ai tempi di Simeone il grande, i Bulgari ottennero dall’Impero romano il diritto di farsi chiamare “Tsar”, Cesari, al di sopra della dignità dei semplici Re, ma un gradino più in basso degli augusti, ovvero il Basileus ton romaion, l’imperatore romano. Questo titolo passerà ad altri imperi di lingua slava.

Le due Rome (679-681), ep. 148

Il sinodo del 680

Nella mappa interattiva in basso (cliccate sui punti per avere maggiori informazioni!) troverete una rappresentazione dell’Italia alto medievale utilizzando una fonte piuttosto particolare: la lista dei vescovi che parteciparono al sinodo romano del 680. Potete fare uno zoom sulla regione di maggiore interesse.

Indetto come sinodo preparatorio della chiesa occidentale in preparazione del concilio ecumenico che si sarebbe tenuto a Costantinopoli (il terzo concilio di Costantinopoli, o il sesto concilio ecumenico della cristianità), questo sinodo è fondamentale soprattutto per comprendere la geografia umana ed organizzativa delle due italie, quella imperiale (in viola) e quella longobarda (in blu).

Il sinodo romano si tenne intorno alla pasqua del 680, a Roma, e vi parteciparono ben 125 vescovi, quasi tutti provenienti dall’Italia. La lista di questi vescovi è molto interessante e permette di scoprire la geografia umana dell’Italia di allora. Per maggiori dettagli, e per capire come mai ci sono tante incongruenze, leggete l’articolo a questo link

Il concilio ecumenico del 680-681

Nella mappa interattiva in basso (cliccate sui punti per avere maggiori informazioni!) troverete una rappresentazione dell’Impero romano nel VII secolo attraverso la sua organizzazione ecclesiastica. Rintracciare dove si trovavano le diverse sedi è stata davvero un’impresa perché in Asia minore c’è una fortissima discontinuità – a differenza dell’Italia – tra la struttura e l’organizzazione cittadina attuale e quella romana, a causa della trasformazione della Romania nell’Impero ottomano. A parte le città più importanti, quasi tutte le sedi di vescovi “minori” sono oggi dei piccoli villaggi.

La chiesa imperiale era organizzata in Oriente in modo molto diverso dall’Occidente: se in Occidente c’era un solo patriarcato, in Oriente ce ne erano ben quattro: i patriarcati di Antiochia, Alessandria, Gerusalemme e Costantinopoli. All’epoca del concilio, tutti e quattro i patriarchi vivevano a Costantinopoli, tre dei quali in “esilio”. Sono segnati in questo modo sulla mappa: piazzarli nelle rispettive città sarebbe stato scorretto, a mio avviso. La stragrande maggioranza dei vescovi presenti al VI concilio faceva riferimento al patriarcato di Costantinopoli a parte i vescovi greci (in teoria parte del patriarcato occidentale, quindi di Roma) e quelli della Cilicia e dell’Isauria (che riportavano ad Antiochia).

Per maggiori informazioni, andate su questo articolo

Il fuoco romano (671-678), ep. 147

Mappa di accompagnamento dell’episodio 147, con i generale i movimenti di truppe principali del periodo 668-679, il decennio in cui Mu’awiya provò a scardinare definitivamente l’Impero romano. Equivalgono ad una grande guerra del Mediterraneo.

Costante II morì a Siracusa, in Sicilia, nel 668: qui si affermò la ribellione di Mizizios. Costantino IV (il nuovo sovrano) intervenne probabilmente direttamente in Sicilia, arrivando però a fatti già conclusi: Mizizios era stato catturato e ucciso dagli eserciti italiani.

Nel 669, gli Arabi attaccarono su più direzioni, conquistando Amorium e Calcedonia e inviando la flotta a Siracusa, forse con l’obiettivo di intrappolare Costantino IV. Siracusa fu saccheggiata, ma Costantino riuscì a riparare a Costantinopoli e inviare un esercito a riprendere Amorium.

La seconda fase dell’attacco inizia nel 671: Mu’awiya inviò una flotta ad occupare Cizico, nel Mar di Marmara, causando un completo caos nelle rotte di comunicazione navale dell’Impero. In seguito, una serie di porti lungo il Mar Egeo furono occupati dagli Arabi, mentre da Smirne gli Arabi provarono anche a muovere alla conquista del Thrakesion Thema. Qui vennero sconfitti, e la loro flotta fu affondata dal “fuoco romano”, utilizzato per la prima volta in battaglia.

In seguito, l’Impero finanziò la rivolta in Siria e Libano dei “Mardaiti”, forse prigionieri romani ribelli, unitisi alle popolazioni montane di queste regioni in una serie di attacchi devastanti per l’economia del Califfato.

Alla fine, verso il 678, Mu’awiya ne aveva avuto abbastanza della guerra, decidendo invece di cercare la pace con l’Impero in modo da concentrarsi sulla sua successione (Mu’awiya voleva che suo figlio Yazid ereditasse la guida della “Umma”). Con l’Impero fu firmata una pace che prevedeva un tributo del Califfato in oro, schiavi e cavalli. La guerra era finita, e l’Impero poteva guardare con rinnovata fiducia al futuro.

Il ritorno dell’Imperatore (661-663), ep. 143

Percorso di invasione di Costante II (in viola) da Taranto a Benevento, come descritto nel podcast 143 “il ritorno dell’Imperatore”.

Costante II lasciò la grecia a inizio primavera del 643 e giunse a Taranto, porto allora in mani longobarde e rapidamente rioccupato dagli imperiali.

Lo scopo principale di questa prima fase sembra essere stato la conquista/riconquista della moderna Puglia. Costante marciò sulla via Appia fino ad Acerenza (oggi Basilicata) ma non riuscì a prenderla. Di qui andò via un diverticolo fino a Canosa e poi lungo la traiana fino a Lucera, città chiave per i collegamenti dell’esercito con l’importante porto di Siponto (Manfredonia). Presa Lucera, Costante II passò ad assediare Benevento, la capitale del ducato longobardo.

Sulla mappa si trovano anche la via Appia (rosso) la via Traiana (arancione) e la Popilia meridionale (Verde). Sono segnati inoltre i confini tra i longobardi e gli imperiali (per quello che possiamo capire) al 643. Ho provveduto anche a segnalare le principali fortezze-chiave del dominio longobardo nel meridione, a parte Benevento: Acerenza, Grumentum, Lucera e Compsa.

Per saperne di più su Costante, il ducato di Benevento e la rete delle strade tardoantiche in italia, ascoltate l’episodio 143!

La decisione di Costante (656-661), ep. 142

Mappa della divisione dell’Impero Romano dopo la riforma tematica di Costante II

Come si può notare, ancora al 666 l’Impero romano controlla vasti territori, molto disuniti tra loro, dalle colonne d’Ercole (Septem) fino al Mar Nero. In Occidente, le riforme non sono ancora state implementate, quindi esistono ancora i due esarcati occidentali. L’esarcato d’Africa è ancora piuttosto unito, ma l’Esarcato italiano è diviso in una serie di ducati dalla presenza dei Longobardi.

In oriente, la riforma di Costante ha creato cinque temi:

  • Anatolikon (il più importante) con capitale Amorium, a guardia dei monti del Tauro e della frontiera con il Califfato Omayyade di Mu’awiya, con sede a Damasco
  • Armeniakon: il più vasto, controlla la frontiera armena e le cruciali città di Melitene e Teodosiopoli.
  • Thrakesion: nella zona più ricca dell’Anatolia viene spostato l’ex esercito di Tracia (in Europa). Qui ci sono le città più prospere dell’Impero dopo Costantinopoli, al riparo delle razzie arabe
  • Opsikion: il thema degli “obsidionali”, quelli che si chiamavano un tempo gli eserciti presentali. Con sede ad Ankara (Ancyra) ha forse le truppe migliori
  • Carabisianoi: il thema della flotta, ricostruita da Costante per essere una formidabile arma di difesa e offesa dopo secoli in cui i Romani l’avevano tutto sommato trascurata

Per saperne di più,. ascoltate l’episodio 142!

Il ratto del Papa (644-653), ep. 139

L’Impero romano intorno al 650 e il viaggio di Papa Martino I fino al suo esilio in Crimea.

Come si può vedere dalla carta, l’Impero romano al 650 è ancora in controllo di buona parte del Mediterraneo, dalle colonne d’ercole all’esarcato d’Africa, dal Mar Nero ai territori italiani dell’Impero. Certo: i Balcani sono ormai in gran parte colonizzati da tribù slave, mentre l’Italia è per più di metà occupata dai Longobardi e – più di recente – i “Credenti” della Umma musulmano hanno sottratto all’Impero l’Egitto, la Siria, la Palestina e parte della Mesopotamia, assieme a tre dei cinque patriarcati della chiesa universale (Antiochia, Gerusalemme, Alessandria).

Nel 649, papa Martino I indice un “concilio” nel Laterano per opporsi al “Typos” dell’Imperatore Costante II, un decreto che proibiva qualunque menzione delle “volontà” di Cristo, onde evitare spaccature all’interno della chiesa calcedoniana ortodossa. Il concilio lateranense andò come Martino aveva previsto, un Papa che – tra le altre cose – aveva rifiutato di essere “confermato” dall’Imperatore, come si usava da un secolo.

La vendetta di Costante II arrivò – dopo un primo fallimento dell’Esarca Olimpio nel 650 – nel 653, per mano dell’Esarca Teodoro Calliope. Martino fu arrestato dall’esercito imperiale e tradotto via nave a Naxos, dove rimase fino alla primavera del 644. Fu poi portato in catene a Costantinopoli: qui fu giudicato eretico e traditore, fu deposto ed esiliato a Cherson, in Crimea. Poco dopo, gli abitanti di Roma elessero un nuovo Papa (mentre Martino era ancora in vita). Martino morì nel 655.

Martino I è considerato dalle chiese occidentali e orientali come un “martire”, l’ultimo Papa a potersi fregiare di questo titolo.

L’IMPERATORE CHE VISSE TROPPO (ep. 135)

Il mondo mediterraneo nel 642, l’anno seguente all’ascesa al trono del nuovo imperatore dei Romani, Costante II, dopo la caduta dell’Egitto in mani arabe.

L’Impero Romano (in viola) è stato mutilato dai brutali sette anni di conquista araba: dopo la battaglia dello Yarmouk (636) e la sconfitta dei Persiani, gli Arabi hanno invaso e conquistato l’Egitto (639-641) per poi lanciarsi contro la moderna Libia, fino a Tripoli. In Oreinte, all’Impero rimane il grosso dell’Asia Minore (anche se costantemente sotto attacco da parte degli Arabi), parte della Tracia e alcuni territori sparsi in Grecia e sulla costa dalmata.

In Occidente, le conquiste di Giustiniano ancora resistono, organizzate nei due grandi Esarcati (Gli Esarchi sono due vicerè imperiali in Occidente). l’Esarcato d’Africa, pur minacciato dall’Egitto, è sostanzialmente identico a quello della conquista di Belisario e Giustiniano. Dall’Esarcato d’Africa dipendono Sardegna e Corsica.

L’Esarcato d’Italia è composto da un mosaico di territori minacciati dai Longobardi: la Romagna e la costa veneta (ducato di Venetia), la Liguria, il corridoio bizantino a collegare Roma e Ravenna (via Pesaro e Perugia), il ducato napoletano attorno a quella città, buona parte della Puglia e della Calabria.

La Sicilia è un caso a parte: gestita da un Prefetto inviato direttamente da Costantinopoli.

I domini Longobardi (in Blu) sono divisi tra il Regno di Pavia a nord (comprendente Tuscia e Italia padana) e i ducati meridionali di Benevento e Spoleto.

Nel resto dell’Occidente, abbiamo i grandi regni romano-germanici dei Visigoti e dei Franchi.

MEZZALUNA ARABA (ep. 134)

Ho utilizzato questa mappa di “Per un pugno di barbari” per illustrare i movimenti delle truppe durante la conquista dell’Egitto, tra il 639 e il 641.

Il piano di Amr ibn Al-As, secondo Giovanni di Nikiu, prevedeva una doppia invasione: un esercito giunse via nave dallo Hijaz, sbarcando a Berenice, importante porto egiziano sul Mar Rosso, dal quale una lunga via del deserto portava fino alla valle del Nilo. Da qui, la via proseguiva (attraverso Tebe) sulla sponda sinistra del fiume, in direnzione di Babilonia, la grande fortezza romana sul fiume Nilo, in corrispondenza della moderna Cairo.

Amr, con il grosso delle truppe, mosse invece da Gaza verso Pelusio e di qui, in direzione di Babilonia, con l’evidente obiettivo di ricongiungersi con i suoi commilitoni. La guarnigione romana, tratta in inganno dal fatto che Amr aveva diviso le sue truppe in tre tronconi, usci per affrontare Amr sul campo di battaglia, nei pressi di Heliopolis, città a nordest di Babilonia. Qui furono sconfitti e costretti a ritirarsi dentro Babilonia (640). La città resistette fino alla morte di Eraclio (febbraio 641, ma la notizia arrivò in Egitto in marzo), quando i Romani decisero di ritirarsi ad Alessandria.

Alla morte di Eraclio, solo il triangolo in viola era ancora sotto il controllo dei Romani. Alessandria sarebbe comunque caduta entro la fine dell’anno, con i Romani che si ritirarono verso Cipro. L’Egitto era arabo, e questi fondarono la loro grande città-guarnigione di Fustat, nei pressi della fortezza legionaria di Babilonia. Fustat sarebbe poi diventata Il Cairo.

I Romani provarono a riconquistare la provincia egiziana nel 646, fallendo però nel tentativo. Solo al tempo delle crociate, i cristiani occidentali e orientali decisero di tentare nuovamente la conquista dell’Egitto.

ADRIANOPOLI CONTRO GLI ARABI

Dopo le sconfitte di Teodoro (il fratello di Eraclio) in Palestina, nel 634, i musulmani riuscirono ad occupare gran parte della moderna Giordania e della Siria meridionale, in particolare le città di Damasco, Bosra (Busra) e Emesa, capitali provinciali dell’Impero romano. Gerusalemme, invece, rimase in questa fase in mano romana, come buona parte della costa del moderno Israele e Libano, anche se tutto questo territorio era sottoposto agli attacchi arabi.

Per tutto il 635, tra Antiochia e Edessa, nel nord della Siria, Eraclio andò riorganizzando le forze romane, radunando un possente esercito composto da Romani, Armeni, Arabi Ghassanidi e perfino Slavi. Questo esercito, al comando dell’armeno Vahran (Magister Militum per Orientem?) mosse nel 636 verso sud, riconquistando Emesa e Damasco e muovendo verso le alture del Golan e, di qui, fino alle vicinanze del lago di Tiberiade.

Per resistere ai Romani, gli Arabi elessero a comandante supremo in Siria e Palestina quello che si era dimostrato il miglior generale: Khalid Ibn Al-Walid, anche se questi non era l’uomo prescelto da Umar (il comandante dei Credenti a Medina) per guidare gli eserciti di invasione arabi.

Khalid scelse di affrontare le forze romane in una posizione strategica, che bloccava le vie di comunicazione della regione, a cavallo tra le moderne Siria, Israele e Giordania: la valle dello Yarmuk.

Come si può vedere dalla mappa, probabilmente i Romani si accorsero della presenza degli Arabi e mossero verso Bosra (la via per Gerusalemme seguiva invece il fiume Giordano). Qui la strada gli fu tagliata dalle forze di Khalid Ibn Al-Walid. I Romani, sotto Vahran, decisero di fortificare una linea che congiungeva due profondi canyon, a formare una sorta di triangolo, con i fianchi ben protetti dai valloni ma con un problematico punto singolo di ritirata, attraverso un ponte su uno dei Canyon.

Per sei giorni i due eserciti si sfidarono in una complicata danza, ricostruibile solo da fonti arabe nei suoi dettagli (fonti molto tarde). Quello che possiamo capire però è che i Romani attaccarono per buona parte del tempo, con gravi perdite. Nella fase decisiva, verso la fine dello scontro, le forze di Khalid riuscirono ad impadronirsi nottetempo del ponte, tagliando la ritirata dei Romani. A questo punto la cavalleria della Umma colpì i Romani sul loro fianco destro, mandando in pezzi la formazione. I Romani provarono a ritirarsi sul ponte ma, bloccati, molti fuggirono cercando di attraversare i canyon, inseguiti dagli Arabi, che ne fecero strage.

Molto probabilmente l’esercito romano contava almeno 40-50 mila uomini. E’ probabile che almeno la metà perì nello scontro, portando ad una situazione militare nella quale, per anni, poi per decenni, infine per secoli i Romani non poterono più sfidare sul campo di battaglia aperto un esercito arabo.

Ma Roma, comunque, non si arrese.

INVASIONE, ANNO ZERO, EP. 132

Mappa di accompagnamento per gli eventi dell’episodio 132 di Storia d’Italia.

Il piano originale ideato da Abu Bakr e dal suo stato maggiore a Medina era di invadere il vicino oriente su due direzioni, una principale e una secondaria.

L’attacco principale sarebbe venuto da sudovest, verso la Palestina (il principale obiettivo della Umma), con un grande esercito che si sarebbe poi diviso in 4 piccole armate più maneggevoli, di 3-5 mila uomini, capaci di muoversi rapidamente. Una di queste mosse contro l’area meridionale, le altre tre proseguirono verso la moderna Giordania

Il secondo asse di invasione prevedeva l’attacco di Al-Hira, in modo da portare nella Umma le tribù arabe ancora fedeli ai Lakhmidi. Questo attacco secondario era gestito da Khalid Ibn Al-Walid.

La risposta romana (in viola) fu l’invio di un grosso esercito comandato da Teodoro, il fratello di Eraclio (che gestiva la complicata partita orientale da Edessa, con un occhio sul caos che aveva sconvolto ad est l’Impero Persiano).

Dopo gli iniziali successi arabi, Teodoro riuscì ad inserirsi tra l’esercito arabo a sud e gli altri tre più a nord, bloccando la loro ritirata verso lo Hijaz. Vedendo la mala parata, questi inviarono probabilmente una richiesta di soccorso a Khalid, che marciò da Al Hira fino a Damasco in modo fulmineo e inaspettato.

Preso il controllo di tutti gli eserciti riuniti (arancione) Khalid mosse contro Teodoro, sconfiggendolo in Palestina, nei pressi di Eleuteropoli, per poi seguirne la ritirata e distruggerne l’esercito nelle vicinanze del lago di Tiberiade. Il primo round dell’invasione era andato, decisamente, agli Arabi.

L’ARABIA PRIMA DELL’ISLAM, ep. 128

Ricostruzione della situazione politica in Arabia circa all’anno 600, poco prima dell’inizio della predicazione di Muhammad.

Storicamente, il più importante regno arabo era stato l’Himyar, capace di influenzare direttamente e indirettamente l’intero sud dell’Arabia, fino in Hijaz e Oman. L’Himyar si convertì all’ebraismo nel IV secolo, ma fu abbattuto dai cristiani di Aksum (moderna etiopia) ad inizio VI secolo. A lungo dominio di Aksum, l’Himyar fu conquistato dai Persiani nel 572.

I Persiani stabilirono un controllo diretto anche su molte delle regioni prospicienti il golfo persico: al moderno Qatar all’Oman. Stabilirono inoltre una colonia mineraria per estrarre oro e argento nel cuore dell’Arabia. I loro alleati Lakhmidi – dalla loro capitale di Al Hira – dominavano l’intera arabia centro-settentrionale, almeno la metà orientale. Anche le città dell’Hijaz erano influenzate dal dominio persiano.

Nella mappa si vedono anche le aree desertiche principali, in particolare l’area pressoché vuota di Al-Rub Al Khali.

Al 600, I Romani controllavano la Palestina e la Siria, aree molto importanti per la cultura araba, assieme alle antiche città dei Nabatei, un altro importante regno arabo inglobato dagli imperi. I loro alleati Ghassanidi, dalle alture del Golan, vegliavano sull’intera frontiera orientale desertica dell’Impero romano.

Ghassanidi e Lakhmidi erano Cristiani, come buona parte della popolazione dell’HImyar. I cristiani nestoriani erano in gran parte penetrati nelle zone direttamente controllate dalla Persia. Molte tribù arabe seguivano invece la religione ebraica.

Muhammad, in tutto questo, portò la sua novella: gli Arabi erano i discendenti di Abramo, il suo rigido monoteismo era la loro ancestrale religione, ritrovata da Muhammad. A loro apparteneva la “città di Dio” e la sua terra, gli ultimi giorni si avvicinavano ed era tempo di pentirsi dei propri peccati.

IL CIELO SOPRA NINIVE: 626-628, ep. 123

Mentre i Persiani e – sopratutto – gli Avari assediavano Costantinopoli (nell’agosto del 626). Eraclio si trovava in Anatolia centrale, presso Sebastea, con l’obiettivo di difendere questa regione dall’invasione di Shahin. In una serie di battaglie in inferiorità numerica, l’Imperatore riuscì ad avere la meglio di uno dei due grandi generali persiani. Shahin si suicidò o fu ferito a causa della battaglia, e morì. Shahrbaraz tornò invece in Siria dopo il fallimento dell’assedio.

Nel 627, Eraclio sbarcò in Ponto dopo una rapida visita nella capitale (nella quale raccolse rinforzi) per poi marciare verso Tiflis (Tiblisi), capitale dell’Iberia persiana. Qui si riconsgiunse con Tong Yabgu, Khagan dei turchi occidentali. A settembre, quando il Khagan si ritirò nei suoi territori, Eraclio decise di invadere di nuovo gli altipiani iranici per sfruttare il suo vantaggio.

A dicembre del 627 era in alta mesopotamia, tra il Tigri e il grande Zab, inseguito dai Persiani: con una rapida manovra, Eraclio fece finta di ritirarsi verso il Tigri, salvo poi voltarsi e affrontare i Persiani nelle pianure di Ninive. I Persiani furono sconfitti e costretti a ritirarsi, aprendo ad Eraclio la via per Ctesifonte.

Per due mesi Eraclio saccheggiò il cuore dell’Impero sasanide, finchè – a febbraio del 628 – Khosrau II fu rovesciato da un colpo di stato che mise sul trono sasanide suo figlio Siroe. Immediatamente dopo, i Persiani chiesero di trattare una fine dei combattimenti.

L’ultima guerra romano-persiana, la più dura di tutte, si era conclusa con la vittoria romana.

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AMALASUNTA DEI LONGOBARDI: 624-626, ep. 121

In questa mappa, il territorio di confine (e il più importante) tra l’impero romano e quello persiano. Nel 602, dopo la vittoria di Maurizio nella scorsa guerra romano-persiana, il confine tra i due imperi era quello segnato più a oriente in marrone. Al 622, ormai il territorio controllato dai Romani (a malapena) era quello all’interno della linea blu. Tutta l’Armenia, la Siria e la Mesopotamia erano in mano persiana

Nel 624 Eraclio, sorprendendo tutti e tutto, invase in profondità il territorio persiano, lasciandosi dietro le sue basi logistiche e lanciandosi in un attacco in profondità, completamente inatteso. Riuscì a saccheggiare Dvin (capitale persarmenia) e prendere Ghanzak (palazzo reale persiano) per poi ritirarsi a svernare nell’Albania caucasica, il moderno azerbaijan, un territorio da sempre sottomesso ai Persiani.

Nel 625, Chosrau II organizzò la convergenza di ben tre eserciti verso la posizione di Eraclio, con il compito di annientarlo. Shahrbaraz e “Carneade” (aveva un nome, ma non è importante) riuscirono ad unire le forze e ad affrontare in battaglia Eraclio, che riuscì miracolosamente vincitore. Poco dopo, Eraclio piombò anche sull’esercito di Shahin. Una volta battutolo, riuscì a ritirarsi (combattendo) fino a tornare a Cesarea nell’autunno del 625.

In seguito a questa umiliazione, Chosrau II decise di prevenire ulteriori attacchi ordinando un assedio coordinato con gli Avari della capitale, Costantinopoli.

Nota: gli spostamenti sono in gran parte ricostruiti grazie al lavoro di Kaegi (Heraclius) e Johnston (the last great war of antiquity) ma sono tutti soggetti a discussione, non avendo esatte mappe degli spostamenti degli eserciti. Si tratta di ricostruzioni, per quanto fonda

L’ULTIMO ESERCITO DEI ROMANI (620-624), ep. 120

Nel 622, durante la terribile “ultima guerra dell’antichità”, ovvero la guerra romano-persiana del 602-628, la situazione disperata dei Romani iniziò a giocare a loro favore.

Avendo perso Egitto, Siria, Palestina, Cilicia, Armenia e Mesopotamia, i Romani furono in grado di concentrare tutte le truppe rimanenti in un singolo esercito, l’ultimo esercito dei Romani.

Nel 622, Eraclio radunò questo esercito in Bitinia (Nicomedia) mentre il nemico attaccava l’altipiano anatolico, con l’obiettivo di conquistarlo. Dopo aver esercitato i suoi uomini al punto di renderli una forza capace di operare come un vero esercito, Eraclio attraversò l’altipiano e riuscì ad ottenere un successo contro l’ancora imbattuto Shahrbaraz, uno dei due principali generali sasanidi.

Nello stesso anno, però, gli Avari attaccarono Thessalonica: dalla mappa, si può capire come la stretta tra Avari e Persiani poteva essere mortale per l’Impero. Si comprende quindi come Eraclio fece di tutto per giungere ad un accomodamento con gli Avari: prima nel 623 (a rischio della sua vita) e poi nel 624, in preparazione di una nuova campagna persiana.

Questi però, nel corso del 623, conquistarono Ancyra sull’altopiano anatolico e – con una nuova flotta mediterranea – presero Rodi, crocevia delle comunicazioni mediterranee.

Per giocare quindi il tutto e per tutto, Eraclio – nel 624 – decise di abbandonare l’Anatolia al suo destino e marciò con il suo esercito verso le montagne dell’Armenia, alla ricerca di una via di ingresso al cuore dell’Impero persiano.

DIO, AIUTA I ROMANI! (613-620), ep. 117

L’ULTIMA GRANDE GUERRA DELL’ANTICHITA’: i Persiani distruggono le difese romane (613-620)

Nel 613, un’offensiva combinata degli eserciti romani d’Anatolia e d’Egitto, per la prima volta comandati dall’Imperatore Eraclio in persona, fu sconfitta nei pressi di Antiochia dai Persiani. Quello che seguì, nel resto del decennio, fu una continua avanzata dei Sasanidi.

Il colpo peggiore arrivò nel 614: la Palestina, e Gerusalemme, furono occupate. Gerusalemme, dopo un’iniziale occupazione pacifica, fu conquistata violentemente in seguito ad una rivolta romana e saccheggiata. La “vera croce” fu portata in Persia.

Nel 615, Shahin invase il cuore dell’Impero romano, giungendo fino al Bosforo e negoziando direttamente con l’Imperatore. Khosrau II si rifiutò però di accettare qualunque concessione ai Romani, e diede ordine di mettere a sacco l’oriente romano e invadere l’Egitto

Questa fondamentale regione fu conquistata nel 619, interrompendo per la prima volta dal III secolo le annuali spedizioni di grano verso la capitale.

In Iberia, Re Sisebut dei Visigoti conquistò Malaga e lasciò ai Romani un piccolo territorio. Nei balcani, continuarono gli insediamenti di Slavi in quasi tutto il territorio, mentre le armate avare occupavano e saccheggiavano buona parte di quello che restava, dalla Dalmazia alla diocesi della Dacia e della Tracia.

In Italia (come narrerò) ci furono ribellioni delle forze esarcali nel 615 e 619, ma i Longobardi non ne approfittarono per attaccare l’Impero, mantenendo il loro trattato annuale di pace con Eraclio.

Come narro nell’episodio 117, Eraclio fu dunque costretto ad una terribile austerity e a riorganizzare quello che restava (poco) delle sue forze.

Per saperne di più, ascoltate l’episodio 117!

Lo trovate su http://www.italiastoria.com o direttamente al link in basso su Spotify:

L’EUROPA DI COLOMBANO, ep. 116

I viaggi di Colombano

Mappa degli (interminabili) viaggi di Colombano, tra il 590 e il 615.

Nato nella regione di Leinster, Colombano divenne un monaco nel monastero irlandese di Bangor, in Ulster. Nel 590, con dodici seguaci, sbarcò in Franchia e arrivò alla corte di Guntram di Burgundia, dove riuscì a farsi dare l’autorizzazione e le terre per fondare un monastero ad Annegray, per poi fondarne altri tre (tra i quali Luxeil, il più importante).

Colombano, tra il 590 e l’inizio del VII secolo, Colombano vissè in Burgundia, antagonizzando i vescovi locali e scrivendo spesso ai Papi di Roma (tra i quali Gregorio Magno).

Ma poi, in Burgundia, arrivò Brunhilde, un’altra personalità forte che non amava altre personalità forti. Brunhilde espulse Colombano (in rosso) che fu accompagnato alle foci delle Loira per essere messo su una nave, direzione irlanda (solo andata).

Ma Colombano riuscì in qualche modo a liberarsi e si rifugiò in Neustria, dai nemici di Brunhilde, e poi di qui in Austrasia, dove re Theudebert II gli diede la possibilità di fondare un nuovo monastero a Bregenz, in Svizzera. Un suo discepolo, Gallo, fondò invece il monastero che un giorno si chiamerà San Gallo.

Nel 612, Brunhilde conquistò l’Austrasia e allora il nostro monaco decise di cambiare aria, attraversare le Alpi e giungere alla corte dei Longobardi, a Milano, presso Teodolinda e Agilulfo. Nel 613, gli fu donato un territorio ampio intorno alla chiesa di San Pietro di Bobbio, con lo scopo di fondare il primo grande monastero del regno Longobardo. Qui morì nel 615.

Colombano, nelle sue lettere, è il primo a parlare di “Europa” come di una comunità cristiana-occidentale, e per questo è considerato uno dei precursori della moderna Europa: per scoprire come mai, ascoltate l’episodio 116!

Il Friuli (610-613), ep. 114

Situazione politica del Mediterraneo al 613: l’Impero Romano domina ancora l’intero “Mare Nostrum”, dalle colonne d’Ercole all’Oriente, ma il suo controllo si affievolisce progressivamente.

In Oriente, è iniziata nel 602 l’ultima grande guerra romano-persiana. I Persiani (al 602 in rosso) hanno conquistato una serie di territori (in arancione) fino al fiume Eufrate, come descritto nell’episodio 113 del podcast. Nei primi anni del regno di Eraclio (salito al potere nel 610) riescono a conquistare anche gran parte della Siria, introducendosi perfino negli altipiani anatolici.

I due generali persiani protagonisti della guerra sono Shain (in Anatolia) e Shahrbaraz, in Siria. Al 613, sono arrivati a controllare i territori in giallo. I Persiani conquistano anche Antiochia e Damasco, e ormai minacciano Gerusalemme.

I Romani, per far fronte a questi disastri, hanno a disposizione due grandi eserciti, al 613 (in viola) comandati da parenti di Eraclio, Teodoro e Niketas.

Per rafforzare questi due eserciti, però, i Romani sono costretti ad indebolire la frontiera danubiana. Gli Slavi irrompono di nuovo nei confini, la parte pixellata in blu è esposta alle loro incursioni ed insediamento.

In contrasto con la situazione orientale, l’Italia è in pace: Agilulfo ed Eraclio continuano a confermare le tregue annuali.

In Occidente, il regno dei Franchi vive gli ultimi sconvolgimenti della faida reale tra Neustria e Austrasia di Brunhilde. Alla fine è Chlothar II della Neustria a trionfare e diventare Re di tutti i Franchi (613).

I Visigoti, in Iberia, si sono convertiti al cattolicesimo e hanno rafforzato la monarchia con una serie di riforme, si apprestano a passare all’attacco dei territori imperiali rimasti, conquistati da Giustiniano.

Episodio 113: i consoli di Cartagine

L’ultima guerra dell’antichità, prima fase: 602-610.

L’Impero romano aveva vinto la guerra del 572-591 appoggiando una parte della guerra civile persiana, quella di Khosrau II, l’ultimo grande Re dei Re persiani. Come ricompensa, i confini dell’Impero romano erano stati grandemente ampliati a oriente (vedere linea rossa).

Questa situazione rimase inalterata per solo un decennio, fino al 602, quando Maurizio perse la vita nella ribellione che portò al potere Focas.

Khosrau II ne approfittò per attaccare su due fronti: quello mesopotamico (vicino a Dara) e quello armeno. Nel giro di pochi anni, questi due fronti saranno nella mani di due capacissimi generali persiani: Shahrbaraz e Shahin. Il primo sul fronte mesopotamico-siriano, il secondo su quello armeno.

Focas provò a contrastare i Persiani, ma le sconfitte si accumularono alle sconfitte. All’inizio però, l’avanzata persiana non fu rapidissima e ci vollero diversi anni di dura guerra per avere la meglio sulle fortezze romane di confine. I Persiani furono aiutati fino al 607 dalla presenza nel loro campo di Teodosio, in teoria erede di Maurizio. Questi però morì presto.

Nel 608, Cartagine e il suo esarca Eraclio (senior) si ribellarono a Phocas. Questi fu costretto a dirottare uomini e risorse per la difesa dell’Egitto, aprendo la via ai Persiani.

Al 610, dopo il caos causato in oriente dall’invasione eracliana dell’Egitto, la linea del fronte era arrivata praticamente all’Eufrate, frontiera romano-persiana nel I secolo d.C. Ma il peggio per i Romani doveva ancora venire.

Episodio 109: L’origine di Venezia

Mappa della provincia della Venetia-et-Histria entro i suoi confini tardo-imperiali (nell’alto Impero includeva anche l’attuale Slovenia, con la sua capitale Emona, Lubiana).

Si può notare la più grande metropoli della regione, Aquileia, che costituisce uno snodo fondamentale della regione, all’incrocio di più direttrici (Verso il Norico, la Pannonia e capolinea delle principali vie della regione). Aquileia era anche un grande porto, anche se nei secoli le attività marittime si spostarono verso il suo porto lagunare, Grado.

Le altre città più importanti al bordo della grande laguna altoadriatica (che andava da Ravenna fino a Grado) erano Altino, (la più vicina alla moderna Venezia) e Concordia (Portogruaro). Padova aveva un porto lagunare (Metamauco).

Sulla pianura, le città più importanti erano Verona (una delle tre capitali di Teodorico, con Ravenna e Pavia), Brescia, Oderzo, Treviso e Cividale (Forum Iulii): Cividale sarà la prima città ad essere conquistata dai Longobardi, fondando l’importantissimo ducato del Friuli.

La più importante città montana, crocevia della via Claudia Augusta, era invece certamente Tridentum-Trento.

Le principali vie della regione erano la via Annia (che costeggiava la laguna) e la via Postumia (che da Genova, passando per Piacenza, Cremona, Verona e Oderzo giungeva ad Aquileia). La Via Claudia Augusta, nei suoi (probabili) due rami congiungeva l’Italia settentrionale alla Raetia. Un asse fondamentale, da Aquileia, portava verso la Pannonia e di qui a Costantinopoli, diventando la Via Militaris.

Episodio 104: Un nuovo Stilicone

Situazione dei confini (approssimativi) interni all’Italia a fine VI secolo.

L’Impero romano domina ancora il Mediterraneo occidentale, ma l’Italia è un puzzle di pezzi longobardi e imperiali. La prima distinzione amministrativa è tra i vari governi imperiali: l’Esarcato d’Africa non governa solo il nordafrica, ma anche la Sardegna e la Sicilia (con problemi di coordinamento quando si tratta di difendere queste isole dalle incursioni provenienti dall’Italia, come nel 598). L’Africa è una regione prospera, che continua a godere di relazioni economiche con tutto il Mediterraneo, dall’Iberia a Costantinopoli.

La Sicilia è una Prefettura indipendente, governata direttamente da Costantinopoli tramite il Prefetto a Siracusa. Di importanza strategica, militare ed economica, la Sicilia è un mondo a sè rispetto al resto d’Italia.

Nella penisola, i territori imperiali sono governati dall’Esarca d’Italia, a Ravenna. La difficoltà dei collegamenti tra le varie componenti dell’esarcato rende però le varie regioni difficili da coordinare: i duchi (Duces) e i Magistri Militi delle varie regioni assumono quindi un’importanza crescente. Roma e Napoli sono rette da duchi (spesso sotto l’influenza informale di Papa Gregorio Magno), la Venetia-et-Histria ha quasi certamente un Magister Militum. Il principale esercito esarcale è ovviamente a Ravenna.

I Longobardi, a loro volta, sono divisi in tre entità principali: il Regno a nord, e i ducati più o meno indipendenti di Spoleto e Benevento (anche se penso che la loro indipendenza sia stata esagerata: agiscono chiaramente in coordinamento con Agilulph dopo la sua discesa a Roma nel 593-594 e fino alla sua morte, e oltre). All’interno del Regno longobardo del Nord, la capitale è Milano – Agilulph vive nel palazzo imperiale – ma una sede alternativa è Monza, con il suo palazzo e la sua grande cattedrale voluti da Teodolinda. Pavia mantiene il ruolo di principale luogo di adunata dell’esercito.

All’interno del Regno longobardo, i ducati di Toscana (Lucca) e Friuli (Cividale) sono particolarmente autonomi e lontani dall’autorità regia, sopratutto quest’ultimo tende a perseguire spesso una politica filo-imperiale.

Infine, ricordo che Aosta e Susa sono state conquistate dai Franchi, che le detengono come basi avanzate per l’Italia e come modo per bloccare le vie d’accesso alla Borgogna.

Episodio 99: Teodolinda e Agilulph

Ho realizzato questa mappa modificando (e IMHO migliorando) un ottimo paper sulle guerre longobardo-bizantine che trovate al link in calce.

La situazione tra il 590 e il 592 (episodio 99) era molto fluida, quindi i “confini” sono al più stime e supposizioni, basate sulle fonti (in particolare le lettere di Gregorio Magno, ma non solo) e i ritrovamenti archeologici (in particolare, ho usato papaer del prof A.R.Staffa).

Nell’Italia peninsulare c’erano tre ducati longobardi: Toscana (Grimarit), Spoleto (Ariulph) e Benevento (Arichis). Grimarit sembra aver accettato l’autorità del nuovo regno longobardo (Authari e Agilulph) sin dall’inizio. Ariulph e Arichis, invece, sembra fossero degli ufficiali imperiali, forse venuti in Italia con l’Esarca Romano dall’Oriente. Alla sconfitta di Romano nel 590 si ribellarono, presero possesso dei ducati longobardi peninsulari e passarono all’attacco dei territori imperiali.

In BLU trovate le aree che “probabilmente” furono attaccate e in parte conquistate dai Longobardi in questi anni. In VIOLA, l’area conquistata da Spoleto nel 592. Da qui Ariulph di Spoleto mosse ad assediare Roma, per poi essere “convinto” a ritirarsi da un accordo con Gregorio Magno.

L’Esarca non ne fu affatto contento: mosse verso Roma, prelevò la guarnigione romana (il grosso almeno) e riprese il territorio in Viola (che costituirà poi il cosiddetto “corridoio bizantino” lungo la via Amerina).

Tutto questo convinse però Agilulph ad intervenire: nel 593 marcerà contro Roma, per metterla a sua volta sotto assedio (come narro nell’episodio 101)
Paper:
https://www.academia.edu/…/MAPPARE_LA_GUERRA_NELLITALIA_BIZ

Episodio 98: il Diluvio

La guerra del 590: il regno dei Longobardi sull’orlo della disfatta.

Nel 590, l’Impero organizzò una manovra micidiale a tenaglia per costringere i Longobardi di Authari alla resa.
Nel 589 il grande disastro della rotta della cucca (forse naturale, forse causato dai Longobardi, forse entrambe) trasformò l’area del basso veneto in un impassabile acquitrinio semiabbadonato.

Un’altra colonna di Franchi discese per il passo di Resia, che collega la valle dell’Inn con la Val Venosta. Qui presero e saccheggiarono diversi castelli, individuati sulla mappa da dei bollini verdi e riportati da Paolo Diacono.
In contemporanea i Romani attaccarono dall’Esarcato, prendendo Modena e portando a loro i ducati di Piacenza, Parma e Reggio Emilia.
Romano si attestò quindi a Mantova, in attesa di ricongiungersi con i Franchi in Val d’Adige.

Questi avevano però un ostacolo da passare: Verona, possente fortezza a guardia dei ponti sull’Adige. I Longobardi sfruttarono le mura e la barriera dell’Adige per impedire ai Franchi di ricongiungersi con i Romani. I Franchi non riuscirono (o non vollero) prendere Verona, senza il loro aiuto Romano non se la sentì di ricongiungersi con i franchi accampati presso Milano.
La stagione di guerra si concluse con i Franchi presso Milano che si ritirarono precipitosamente, dopo aver sofferto malattie e fame. Authari era riuscito a sopravvivere al più importante tentativo di sloggiare i Longobardi dal nord Italia.
Poche settimane dopo Authari era morto, forse avvelenato, e si annunciò una difficilissima successione al fragile trono di Pavia.

Episodio 97: il sogno di Authari

Mappa della situazione strategica in nord Italia (e dintorni) tra il 584 e il 588.

In BLU: il regno dei Longobardi ricostituitosi nel 584, sotto il controllo di Flavio Authari. In AZZURRO: le conquiste di Authari nel periodo (e la missione in Venetia del suo Duca Ewin di Trento). Authari conquistò l’Isola Comacina (ancora controllata da Francione, Magister Militum imperiale) e Brescello (il paese di Don Camillo e Peppone era controllato dal longobardo Droctulph, un ufficiale imperiale).

in VERDE: i regni dei Franchi (Burgundia di Guntram e Austrasia di Brunhilde). I Franchi attaccarono a più riprese i Longobardi, attraverso i passi retici controllati da FRANCIONE (fortezza dell’Isola Comacina, conquistata da Authari nel 588.
In ARANCIONE: i Bavaresi (o Baiuvarii) di Garibald. Garibal era probabilmente di origine franca ed era stato messo al suo posto dai Franchi, ma a questa data aveva già raggiunto una notevole indipendenza.
in MARRONE: gli Avari, che si sono espansi verso Sirmio e a sud della vecchia frontiera (la Sava). Fuori mappa: oramai sono in costante campagna nei Balcani, fin quasi sotto le mura di Costantinopoli. —Per acquistare il mio libro “Per un pugno di barbari” andate al link seguente:https://amzn.to/3Bek737

Episodio 95: la faida

Divisione del regno dei Franchi al 561, alla morte di Chlothar I, Re di tutti i Franchi e figlio del fondatore (Clovis-Clodoveo)

Il regno, come da abitudine franca, fu diviso tra i quattro figli di Clothar, mentre una figlia invece l’aveva data in sposa ad Alboin, Re dei Longobardi.

Il regno dei Franchi si era quindi scomposto nella sua tradizionale divisione quadripartita: l’Austrasia – la parte orientale del regno a cavallo del Reno – andò a Sigebert. Questa era la parte più “prestigiosa” del regno perchè il più antico dei domini dei franchi. Nella mappa è in blu: notare come l’area sia a cavallo dell’antica frontiera dell’Impero Romano (tratteggiata), anche se va detto che la parte più organizzata (e tutti i vescovi) erano all’interno dell’antica frontiera renana.

la Neustria – l’area attorno a Parigi – e l’Aquitania andarono a Charibert: quest’area è in arancione sulla mappa. L’Aquitania, a sud della Loira (da Nantes verso sud) era l’area più romanizzata del regno dopo la Provenza e aveva tendenze autonomiste rispetto alla Neustria (come si vedrà nel caso di Gundovald). Charibert morì presto (nel 567) portando alla divisione dei suoi territori tra i tre figli rimasti.

la Burgundia o Borgona, ovvero la parte del regno attorno alla valle del Rodano – andò a Guntram. Antico regno indipendente, Guntram fece di Chalon-sur-saone la sua capitale. Nel 574, la Burgundia fu invasa dai duchi dei Longobardi, per tutta risposta, Guntram conquistò loro Aosta e Susa, nel 575.

Questi tre erano figli di Ingund, la prima delle due sorelle sposate (in contemporanea!) da Chlothar.

Dalla sorella di Ingund, Aregund, Chlothar ebbe invece Chilperic, che divenne Re di un piccolo regno corrispondente grosso modo alla Francia settentrionale e al Belgio occidentale (in arancione): questo era di gran lunga il più piccolo dei quattro ed è detto regno di Soissons. Curiosamente, dopo molte vicissitudini, sarà da Chilperic che nasceranno le future generazioni di Re merovingi.

Episodio 94, un nuovo regno

In questa mappa, la situazione dell’Italia all’alba dell’elezione di un nuovo Re dei Longobardi (Flavio Autari) nel 584.

Innanzitutto i vicini dell’Italia: i Franchi occupano ormai la valle di Susa e di Aosta, dopo averle conquistate nel 575 in seguito all’ultima incursione longobarda in Borgogna. A nord delle Alpi ci sono i Baiuvari, a est ci sono gli Avari.

L’Italia longobarda è senza Re e non è una compagine unitaria. Il territorio longobardo è diviso in un gran numero di ducati: ho riportato quelli della cui esistenza siamo certi, con dei confini “di massima” che ricalcano in parte i confini dell’Italia romana.

Il ducato più importante e vasto, quello di Cividale, è alleato dell’Impero e pertanto ha una doppia colorazione (viola e blu). Gli imperiali mantengono una presenza sull’Isola Comacina e il suo territorio, forse anche in Val d’Adige.

Nella penisola, si sono formati i nuovi ducati peninsulari: Lucca (legato al resto del regno dai passi appenninici) e sopratutto Spoleto e Benevento, conquistate da Faroald e Zotton in seguito alla sconfitta di Baduario nel 576 e alla loro (probabile) ribellione. Entrambi erano con tutta probabilità dei longobardi al servizio dell’Impero.

Nel 583, i Franchi dell’Austrasia e l’Impero Romano iniziarono a trattare un’alleanza per invadere l’Italia e sottomettere i Longobardi. Questi, spaventati dall aprospettiva, decisero di eleggere un nuovo Re, nella figura di Flavio Authari.

Episodio 93: i Duchi

Mappa della situazione in Italia tra il 574 (morte di Cleph, successore di Alboin) e il 576 (spedizione di Baduario).

I Longobardi, all’inizio di questo periodo, controllavano solo l’Italia padana a nord del Po, con l’esclusione del litorale veneto (area circondata dalla linea blu). Questo era il regno al tempo di Alboin (568-572) il fondatore del regno.

Dopo la morte di Alboin e la deposizione della dinastia dei Gausi, il potente ducato di Cividale e anche altri del nordest italiano (Austria) si allearono con l’Impero. Il regno di Cleph si restrinse quindi al nordovest italiano.

Dopo la morte di questi, i Longobardi non elessero più un Re. Alcuni duchi longobardi invasero la Burgundia franca, risultando in una sconfitta che porterà il Re della Burgundia (Guntram) ad annettersi l’imperiale Susa e la valle d’Aosta: resteranno franche fino alla fine del regno longobardo.

Altri duchi della Neustria (il nordovest longobardo) invasero però i territori imperiali, conquistando le città dell’Emilia e spingendosi perfino al di là degli appennini, fondando a Lucca il ducato toscano.

In questa fase, gli imperiali mantengono però il controllo dell’Isola Comacina e dei suoi territori, della moderna Liguria e della Romagna, riuscendo ancora a contenere i Longobardi.

Nel 576, in una fase di stanca della guerra persiana iniziata nel 572, Tiberio II decise di inviare uno dei migliori generali dell’Impero – Magister Militum dell’Illirico – in Italia: si tratta di Baduario, cognato dell’imperatore Giustino II.
In contemporanea, i Franchi attaccano dalla val d’Adige (forse ancora controllata in parte dagli imperiali).

La manovra fallisce in modo spettacolare: i Franchi tornano a casa, Baduario viene ucciso in un luogo imprecisato della pianura padana, assieme a buona parte del suo esercito.

La sconfitta di Baduario segna un peggioramento endemico della situazione in Italia: dal caos seguente, nasceranno i ducati di Benevento e Spoleto. Ma di questo tratto in maggior dettaglio nell’ultimo episodio di Storia d’Italia (93!).
Questa immagine è stata da me rimaneggiata partendo da quella disponibile nel bellissimo paper di Giorgio Arnosti sul Limes Narsetiano (link in basso).
Al 554 l’Impero Romano controllava l’Italia peninsulare, ma non ancora l’Italia transpadana. L’area dell’antica Liguria (Milano, Torino e dintorni) fu probabilmente conquistata nel 556, mentre la Venetia-et-HIstria rimase sotto il dominio franco fino al 561-2, vale a dire fino alla morte del potente Re dei Franchi Chlothar, che aveva riunito nel 558 l’intero regno nelle sue mani. E’ possibile che un’area intermedia (intorno a Brescia) rimase sotto il controllo del locale Comes Gothorum, Widin.
Nel 562, alla morte di Chlothar, i Franchi erano nuovamente divisi e Narsete ne approfittò per attaccare. Brescia e Verona furono conquistate da Narsete, che sconfisse il Dux franco Aiming e il Comes Widin. La ritirata dei Franchi fece sfuggire alcuni popoli, in particolari i Baiovarii (Bavaresi) ma probabilment anche gli Alemanni, dall’influenza franca. Si venne così a creare il nuovo “limes” narsetiano, basato su una fascia esterna di popoli alleati con l’Impero: Bavaresi a nord e Longobardi ad est (in Pannonia), mentre sui confini alpini venivano creati dei distretti militari. Ne conosciamo almeno tre: a Susa, c’era Sisinnius-Sisigis, un comandante goto che era passato agli imperiale nel 540. Nell’area di Como c’era Francione, a guardia dei passi delle alpi retiche.
In Veneto, c’era Sinduald, il capo degli Eruli, che controllava anche l’amministrazione dell’intera provincia. I Goti fornivano ancora la maggior parte dei combattenti nelle guardie cittadine dell’Italia padana. L’esercito imperiale controllava direttamente l’Italia a sud del Po e in laguna di Venezia.
Nel 565 Sinduald si ribellò: Narsete lo sconfisse, ma questo aprì una voragine nelle difese dell’Italia nordorientale. L’anno dopo, i Longobardi entrarono in Italia.

Paper: https://www.academia.edu/25868605/Fasi_e_struttura_del_limes_narsetiano_nella_Venetia_entro_l_assetto_dell_Eparch%C3%ACa_Ital%C3%ACas._in_academia.edu_2015_

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Episodio 83: l’impero dei Franchi

L’espansione del Regno dei Franchi dalla morte di Clovis (511) fino alla massima estensione in epoca Merovingia, sotto Chlothar I (che regnò con i fratelli e i suoi successori dal 511 fino al 558 e poi come solo Re dei Franchi dal 558 al 561).

Il regno dei Franchi, all’ascesa di Clovis (481) includeva solo l’area in marrone attorno a Tournai, la capitale ancestrale dei Franchi salii. Trenta anni dopo, dopo aver inglobato l’area di Siagrio (486) dei Franchi ripiari e di parte degli Alemanni e dopo aver sconfitto i Visigoti a Vouillè, il regno dei Franchi alla morte di Clovis includeva buona parte della Gallia nord-occidentale e parte della moderna Germania renana.

Teodorico costruì una rete di alleanze per imbrigliare la potenza espansiva del regno dei Franchi: si alleò con Alemanni, Burgundi e Turingi, costruendo un cordon sanitaire attorno ai Franchi. La potenza militare dell’Italia era troppo forte per essere sfidata finchè Teodorico era vivo. Lo fortuna della Franchia fu il caos dinastico che afflisse l’Italia alla morte di Teodorico, nel 526. I Franchi sentirono che era arrivata la loro occasione: nel 531 colpirono ad est, distruggendo il regno dei Turingi, nel 534 – l’anno in cui Amalasunta perse la vita – distrussero i Burgundi. Nel 536 acquisirono dal Regno d’Italia la Provenza, la preda più ambita che gli aprì la porta ai commerci con il mediterraneo, fino ad allora preclusi dall’Impero di Teodorico.

Dopo la pausa all’espansione imposta dalla peste di Giustiniano (che colpi la Gallia nel 542), i Franchi si espansero verso est, sottomettendo i Baiuvarii (antenati dei Bavaresi) e ottenendo da Totila – nel 547 – il dominio sul Veneto. Questa espansione fu effettuata sopratutto da Theodebert di Austrasia ma dopo la morte di suo figlio Theodebald, nel 555, il regno passò a Chlothar I che poi riunì tutto il regno dei Franchi alla morte del fratello Childebert. Fu questo l’apogeo dei Merovingi.

Il regno dei Merovingi dopo il 561 e la morte di Chlothar: in genere era diviso in quattro regioni principali che corrispondono al regno di Austrasia (quella con più autorità di solido), al regno della Neustria, all’Aquitania e alla Borgogna, mentre i domini di Alemanni e Bavaresi cadevano sotto l’influenza dei Merovingi (intermittente a seconda della forza sopratutto dei Re dell’Austrasia).

La divisione politica dei regni non era però sempre così chiara e dipendeva molto dal volere dei sovrani. Ad esempio Chlothar divise il regno tra i quattro figli in modo diverso, si vede la divisione nella mappa in basso. Notare come Sigebert aveva il territorio più importante (Austrasia) e altre aree rilevanti in Auvergne e Provenza (zone più ricche dove era sopravvissuta l’organizzazione romana e c’erano importanti entroiti dai commerci).

Episodio 81: la tomba dei Goti

Ecco alcuni schemi della battaglia di Busta Gallorum:

Schieramento iniziale di Narsete e Totila: al centro dello schieramento di Narsete ci sono i foederati, cavalieri che sono stati però smontati e posizionati in falange di fanteria. A destra e sinistra i reparti regolari romani. Sui lati, anche gli arcieri tratti dai reparti di fanteria. A difesa della collina a destra, un reparto di 1500 cavalieri, con 500 con il compito di fungere da riserva strategica e 1000 per attaccare il fianco del nemico
Fase due: dopo l’arrivo di 2000 cavalieri di rinforzo da parte di Teia, Totila rischiera il suo esercito con la cavalleria davanti e la fanteria dietro. La carica dei Goti viene convogliata verso il centro dalle frecce degli imperiali.
La carica della cavalleria viene assorbita dai Germani foederati dell’impero mentre Narsete e Valeriano muovono le loro truppe in modo da prendere i cavalieri in una morsa su tre lati. La cavalleria si ritira e investe la fanteria gotica che viene travolta e messa in fuga.

Episodio 80: guerra totale

550: in seguito al fallimento delle negoziazioni con Giustiniano (mai davvero partite) Totila lancia una serie di invasioni: con la flotta adriatica fa saccheggiare le coste della Gregia e dell’Epiro, con l’esercito muove contro Reggio Calabria e poi invade e conquista buona parte della Sicilia.

Sul finire dell’anno arriva una flotta di soccorso da Costantinopoli, al comando dell’ottuagenario Liberio. La flotta sbarca a Siracusa, ma presto l’esercito soffre la fame, assediato da Totila. Liberio riprende il mare e sbarca a Palermo.

Nel frattempo, dopo aver iniziato a concentrare le sue truppe a Serdica (moderna Bulgaria), Germano – il cugino di Giustiniano – arriva con la sua immensa spedizione in Dalmazia e inizia a preparare l’invasione dell’Italia per il 551. Per far fronte a Germano, Totila torna a Roma sul finire dell’anno. Morte improvvisa e imprevista di Germano, Giovanni il sanguinario nominato al suo posto

551: Artabane – generale armeno – sbarca in Sicilia, sostituisce Liberio e in poco tempo costringe i presidi di Totila alla resa, recuperando la Sicilia. Totila invia una flotta per prendere possesso di Corsica e Sardegna, che dipendono amministrativamente da Cartagine. Il generale imperiale in Africa – Giovanni Troglita – invia una spedizione di soccorso a Cagliari che viene però battuta.

Giovanni il sanguinario continua a radunare la grande spedizione per la riconquista dell’Africa ma, prima di partire, Giustiniano gli dice di non muoversi e di attendere l’anno seguente. Ha deciso di rafforzare ancora la spedizione e di nominare il suo fedele aiutante eunuco al comando supremo: Narsete.

EPISODIO 79: la guerra va a Sud

Dopo la conquista di Roma (nel Dicembre del 546), nel centro Italia rimangono in mano imperiale Firenze, Perugia, Ancona, Porto e Civitavecchia. Belisario è a Porto. Poi Totila si reca nel sud Italia, sconfiggendo Tulliano, mette un presidio a Acerenza per controllare la Lucania e riporta il sud nel Regno promettendo ai coloni e contadini italiani di trattenere per sè la quota del raccolto che un tempo dovevano pagare ai loro padroni (per lo più la Chiesa e senatori romani). Belisario non dorme però e, nell’assenza di Totila, rioccupa Roma e fa ricostruire rapidamente le mura. Totila non è in grado di riprendere la città. In contemporanea Giovanni il sanguinario colpisce in Campania, sconfiggendo un reparto dei Goti e liberando i senatori lì tenuti prigionieri. Totila si vendica marciando verso sud e sconfiggendo Giovanni il sanguinario, che ripara ad Otranto. Al Sud, restano in mano imperiale solo Otranto, Rossano, Crotone e Taranto. Nel 548, Totila conquista Taranto e mette sotto assedio Rossano, gli imperiali, rafforzati dall’arrivo di Valeriano e 2000 soldati d’élite orientali, cercano di rompere l’assedio ma non hanno successo. Alla fine dell’anno, Belisario abbandona la guerra e torna a Costantinopoli, dove è morta Teodora. Totila ha inoltre allestito una nuova flotta adriatica (ne ha già una che incrocia le acque tirreniche) e la manda ad affondare la flotta imperiale dell’Adriatico. Nel 549 cadono Firenze, Rossano e Perugia, gli imperiali – privi di un leader carismatico – sono ridotti a poche fortezze costiere. Finalmente, nel Gennaio del 550, Totila conquista per la seconda volta Roma. La vittoria sembra ad un passo, e Totila scrive all’Imperatore per trattare la pace. Giustiniano si rifiuta di ricevere l’ambasciatore e lo fa imprigionare. La sua risposta a Totila sarà la guerra totale.

Episodio 78: la morte di Roma

Dopo la guerra-lampo del 542-543, la maggior parte dell’Italia è controllata da Totila e il suo Regno d’Italia, ma l’Impero mantiene il controllo delle due città principali: Roma e Ravenna, oltre che una serie di città-fortezza nel centro italia e nel sud. Le prime azioni di Totila, nel 544, sono proprio volte a prendere le città del centro italia: cadono Ascoli, Fermo, Spoleto, Assisi.

Nel frattempo Belisario giunge a Ravenna dalla Dalmazia, qui prova ad organizzare la difesa di Osimo ma la città cade ugualmente. A questo punto Belisario si reca via mare in Epiro (Grecia) per inviare messaggeri a Giustiniano e chiedere rinforzi: questi invia Giovanni il sanguinario e qualche migliaio di soldati. Nel frattempo Totila stringe la morsa attorno a Roma: cattura Albano e porta il suo esercito alle porte della città, iniziandone l’assedio. Per avere il massimo delle forze, per bloccare vie di ingresso in Italia per gli imperiali via terra e per proteggersi le spalle, Totila raggiunge un accordo con Theodebert di Austrasia, uno dei Re dei Franchi: gli cede gran parte della provincia Venetia-et-Histria (in verde) in modo da concentrare la guerra contro l’Impero. Nel 546 Belisario torna in Italia con i rinforzi: si dirige via nave a Porto (Fiumicino) forzando il blocco navale nel Tirreno messo su dai Goti. Nel frattempo Giovanni muove da Dryus (Otranto) alla riconquista del sud Italia, attraverso Canosa e poi il Bruzio. Contravvenendo agli ordini di Belisario, non si reca in seguito a Roma ma va a svernare in Puglia. Belisario, privo del supporto di Giovanni, prova a forzare il blocco di Roma per farvi giungere provviste. Una grande battaglia sul Tevere è però inefficace. Alla fine, il 16 Dicembre del 546, la città viene riconquistata da Totila.

Episodio 77: Totila

541-543: si riaccende la guerra gotica.
I Goti, al 541, controllano solo l’Italia a nord del fiume Po, tenendo le principali città della regione (Pavia, Verona, Aquileia, Milano). Ad inizio del 542 gli imperiali attaccano la città di Verona ma l’assalto, per una serie incredibile di equivoci, è infruttuoso (nel podcast più informazioni).
A questo punto gli imperiali si posizionano nei pressi di Faenza a protezione di Ravenna. Totila marcia da Pavia alla testa dei suoi 5.000 uomini e affronta i 12.000 dell’esercito imperiale, schiacciandoli nella battaglia di Faenza. Più tardi, nello stesso anno, i generali di Totila infliggono un’altra cocente sconfitta agli imperiali nella zona del Mugello, vicino Firenze.
Nel 543, infine, Totila avanza verso il sud della penisola e mette sotto assedio Napoli, dopo aver espugnato Cesena, la fortezza di Petra pertusa sulla Flaminia (interrompendo le comunicazioni tra Ravenna e Roma) e la città di Cuma.
Dopo diversi, infruttuosi tentativi degli imperiali di rifornire Napoli, la città si arrende e i Goti annettono buona parte dell’Italia meridionale. Prossimo obiettivo? Roma.

Episodio 75: Khosrau vs Giustiniano

In questa mappa il percorso seguito da Khosrau nella sua invasione del 540. Khosrau entrò nell’impero dall’Eufrate, evitando Circesium e dirigendosi verso Sura – che fu saccheggiata – e poi Hierapolis. Di qui giunse a Beroea (Aleppo). Una volta che prese questa città, si diresse verso Antiochia quando fu chiaro che Giustiniano non intendeva pagare per farlo ritirare. Antiochia era la capitale della regione e la terza città dell’impero, dopo Costantinopoli e Alessandria d’Egitto. La città cadde e fu saccheggiata, bruciata e abbandonata dai suoi abitanti, in gran parte deportati in Mesopotamia (Giustiniano la ricostruirà, ma su scala inferiore).

Da Antiochia Khosrau si diresse al mare, per un bel bagno nell’ex “mare nostrum”, di qui andò ad Apamea, la capitale della Syria II: qui assistette a gare del circo in suo onore. Si ritirò quindi taglieggiando altre città siriane e mesopotamiche, come Chalcis, Carre, Costantina. Finalmente provò a prendere Dara, al fortezza a guardia della frontiera più importante dell’impero Romano, senza successo.


Il 22 maggio del 330 a.C. il diadoco Seleuco I Nicator, uno dei grandi generali di Alessandro Magno che si stava contendendo le spoglie del suo impero, fondò una nuova, grande città all’ombra del Monte Silpio: Antiochia. Il sito era magnifico, posizionato nella fertile valle dell’Oronte, un fiume che, a differenza di molti altri fiumi mediorientali, aveva un corso stabile tutto l’anno ed era navigabile, congiungendo la città al suo porto sul Mare, Seleucia. Al centro del fiume, come per molte altre grandi città antiche, c’era un’isola che divenne il cuore monumentale della città: qui c’era la grande cattedrale ottagonale costruita da Costantino, il palazzo imperiale utilizzato fin dal I secolo d.C. dagli imperatori in visita, il circo e delle grandiose terme.

A est dell’isola, si innalzava l’alto monte Silpio, una vera barriera a difesa per la città. Stretta tra il fiume e il monte, le possenti mura dovevano solo chiudere i due relativamente corti lati tra queste due barriere per trasformare la città in una delle più imprendibili fortezze romane. Il grosso della città era proprio tra il monte Silpio e il fiume Oronte, con grandi e monumentali vie porticate. Le mura originali erano state fatte costruire da Tiberio, ma furono rafforzate da Teodosio II (lo stesso imperatore che fece costruire le possenti mura di Costantinopoli).

Per quasi tre secoli, Antiochia sull’Oronte fu la capitale dei Seleucidi, prima di essere conquistata nel 64 a.C. dalle vittoriose armate di Pompeo Magno. Da allora, Antiochia divenne la capitale dell’oriente romano: un’immensa metropoli di 500.000 abitanti, spesso sede del governo imperiale quando gli imperatori erano in campagna in oriente.
Nel sesto secolo Antiochia era ancora una delle più grandi città del mondo romano: era stata la prima città fuori dalla Palestina dove si era diffuso il cristianesimo, la comunità fu fondata da San Pietro in persona o da Paolo di Tarso. Antiochia era uno dei cinque patriarcati del mondo romano, con Gerusalemme, Alessandria, Costantinopoli e Roma, era la sede di una delle due famose scuole teologiche del mondo Romano, con Alessandria. La sua fama di città riottosa e libertina, colta e chiassosa era nota in tutto il mediterraneo. Al centro della città, si ergeva la meravigliosa chiesa ottagonale costruita da Costantino, una delle più grandi della cristianità. Il suo circo era famoso per ospitare le più importanti gare dopo quelle di Costantinopoli. Era insomma una vera metropoli romana.

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Episodio 71: Via Flaminia

L’Italia centro-settentrionale con tutte le località (o quasi) citate nell’episodio, ho modificato io una mappa esistente. Osimo, Urbino e Orvieto sono le fortezze presidiate dai Goti per impedire l’avanzata degli imperiali verso nord. Gli imperiali invece hanno come presidi Narni, Perugia, Ancona. Nell’episodio i principali assedi sono quelli di Rimini (da parte dei Goti), di Urbino (da parte di Belisario), di Milano (da parte dei Goti)

Episodio 69: l’assedio di Roma

Mappa realizzata da Historia Mundi, visistate il suo account instagram: https://www.instagram.com/historia.mundi/

Roma nel tardo impero è ancora una metropoli, circondata dalle mura aureliane.

La città imperiale si estendeva in grandissima parte ad est del Tevere, pertanto il grosso della cerchia delle mura era ad est del fiume, solo il moderno quartiere di Trastevere era circondato da mura ad ovest del Tevere. Sulle mura si aprivano 14 porte principali, più diverse altre minori: molte di queste porte esistono ancora oggi, come è ancora visibile la gran parte del circuito murario voluto da Aureliano. A nord della città, vicino al Tevere, c’era la Porta Flaminia, la moderna Porta del Popolo, poi abbiamo Porta Pinciana, Porta Salaria e Porta Nomentana. Tra la Nomentana e la Tiburtina, ad est della città, c’era l’oramai abbandonato accampamento dei pretoriani, il Castro Pretorio, le cui porte erano state chiuse. Più a sud della Porta Tiburtina abbiamo la Porta Prenestina. Il grosso dell’esercito dei Goti era concentrato in questa sezione delle mura, tra la Flaminia e la Prenestina. Un distaccamento era invece presente ad ovest del fiume, in quello che oggi è il quartiere Prati e allora era chiamato i prati di Nerone, un quartiere a poca distanza dalla tomba di Adriano, oggi Castel Sant’Angelo. La tomba di Adriano era già stata fortificata a questi tempi e fungeva da fortezza a guardia dei ponti che attraversavano in quel punto il Tevere, non distante dalla moderna Piazza Navona. Il circuito murario a sud di Roma non fu invece investito dai Goti: anche con 30.000 uomini, questi non erano sufficienti per circondare l’intero interminabile circuito delle Mura aureliane. I Goti organizzarono l’esercito in sette accampamenti, ognuno con un suo comandante: oltre a quello a Trastevere, gli altri sei erano di fronte alla sei porte principali: Flaminia, Pinciana, Salaria, Nomentana, Tiburtina e Prenestina.

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Episodio 68: i colli fatali di Roma

Dopo la conquista di Africa, Sardegna e Corsica nella spedizione del 533-534, Belisario tornò a Costantinopoli ricevendo un trionfo e la nomina a console per il 535. Come narrato nell’episodio “il frionfo di Belisario”. A primavera del 535, in seguito alla crisi politica del Regno d’Italia e all’assassinio di Amalasunta, Belisario fu inviato con un piccolo esercito di 8-10 mila uomini ad occupare la Sicilia, isola che non era difesa da forti presidi gotici.
Belisario riuscì rapidamente nell’intento, l’unica città che resistette fu Palermo – presa dopo un assedio che coinvolse un attacco dal mare. Belisario potè entrare da trionfatore a Siracusa a fine anno, concludendo trionfalmente il suo consolato. A primavera del 536 due fattori contribuirono a spingere il nuovo Re Teodato a resistere: le forze inviate in Dalmazia da Giustiniano furono respinte dopo la morte del generale Mundo, mentre in Africa scoppiò una rivolta che sembrava poter distrarre per anni gli imperiali. Teodato si decise alla guerra Belisario però effettuò un rapido Blitzkrieg in Africa per salvare Cartagine, poi ricevette l’ordine da Giustiniano di invadere l’Italia.
Dopo la presa di Reggio (e la resa di uno dei parenti di Teodato), Belisario giunse rapidamente a Napoli, che resistette coraggiosamente ma fu presa e saccheggiata grazie ad una ardita spedizione attraverso uno degli acquedotti cittadini. Una storia incredibile narrata nell’episodio 68, i colli fatali di Roma! Infine i Goti decisero di eleggere Witigis al regno, Teodato fu messo a morte e Witigis abbandonò Roma per consolidare le sue forze a Ravenna. Poche settimane dopo, il 9 Dicembre del 536, Belisario entrò a Roma dalla porta Asinaria, mentre la guarnigione gotica usciva dalla Porta Flaminia. L’Impero era tornato sui colli fatali di Roma, ma questo trionfo si trasformerà ben presto in un incubo per Roma e l’Italia.

Episodio 65: il trionfo di Belisario

Le seguenti 4 mappe illustrano la battaglia di Ad Decimum, davvero complessa

Questo era il piano dei Vandali: 3 eserciti avrebbero dovuto convergere sulla gola presso “Ad Decimum”, in modo da intrappolare gli uomini di Belisario
Prima fase della battaglia: Ammatus sconfitto (1), gli Unni distruggono i 2000 soldati vandali (2) di Gibamund. I 300 soldati di Giovanni inseguono i Vandali fino a Cartagine (3). Nel frattempo Gelimer continua la sua marcia verso Ad Decimum (4)
Seconda fase: gli Eruli di Solomone occupano una collina vicino ad Decimum dopo aver scoperto il luogo di battaglia dove è morto Ammatus (1), Gelimer attacca gli Eruli e li mette in fuga (2), questi giungono in direzione di Belisario che sta arrivando con la cavalleria (3)
Terza fase della battaglia: Gelimer si blocca per seppellire il fratello e raccogliere informazioni (1), Belisario raccoglie i suoi e decide di attaccare (2), in serata l’attacco a sorpresa di Belisario manda Gelimer e i suoi in fuga (3)

Episodio 63: Nika

Una ricostruzione del centro di Costantinopoli, utile ad orientarsi nelle vicende della rivolta di Nika.

il centro della nostra storia è l’Ippodromo di Costantinopoli, nel cuore della penisola sulla quale giace la capitale dell’impero. Collegato al circo con un passaggio riservato all’imperatore c’è il vasto complesso palatino. A nord del circo c’è l’Augusteion, una piazza porticata rettangolare sulla quale si affacciano l’ippodromo a sud, a est l’ingresso monumentale al palazzo – la porta Chalke – e la sala del Senato imperiale, a nord la cattedrale di Costantinopoli, l’Haghia Sophia di Teodosio, non ancora l’attuale Haghia Sophia. A ovest dell’Augusteion parte il grande viale porticato che forma l’asse portante della città: la Mesi. Viaggiando verso ovest lungo la Mesi ci si allontana dal centro e si va in direzione delle grandi mura teodosiane: a poca distanza dall’Augusteion c’è la più monumentale delle piazze costantinopolitane, il foro di Costantino, una piazza quasi circolare con archi di trionfo ad ogni ingresso della Mesi.

In basso una visione più complessiva: il quartiere imperiale è l’angolo sudorientale della penisola di Costantinopoli a guardia del Bosforo (lo stretto passaggio verso il Mar Nero) e stretta tra il Corno d’Oro e il Mar di Marmara. Dall’altro lato del Corno d’Oro c’è il quartiere di Sycae, dove verranno assediati gli affiliati dei Demi Blu e Verde.

Episodio 62, Belisario

Sistemazione dei Romani (rosso) e Persiani (blu) all’inizio della battaglia di Dara, oggi nella Turchia sudorientale.
Alle spalle dei Romani c’è la fortezza di Dara: Belisario ha scelto di non rimanere al sicuro dietro le mura ma di sfidare sul campo i Persiani. Sui lati di entrambi gli sfidanti si ergono delle colline di altezza contenuta, che formano una ampia gola nella quale si sistemano i due eserciti.
La linea sono le trincee fatte scavare da Belisario: una linea non dritta, ma volta a posizionare in posizione avanzata le due ali di cavalleria, mentre la fanteria resta più vicina alle mura, anche per raggiungerle più facilmente in caso di sconfitta.
Le unità barrate sono la cavalleria, le altre fanteria. Sulle ali Belisario ha la cavalleria pesante armata di arco. Sugli angoli della linea (le piccole unità di cavalleria), abbiamo gli Unni. Dietro la collina a sinistra Belisario ha una unità di 300 cavalieri Eruli. I Persiani a loro volta hanno la cavalleria sulle ali e la fanteria al centro. La cavalleria persiana è circa il doppio di quella romana. In generale, le stime per i Persiani danno 50.000 uomini, forse un pò meno, per i Romani 25.000. Partecipano alla battaglia alcune delle migliori unità persiane, tra i quali i celebri immortali.

Episodio 54: battaglia per la Gallia (506-514)


Mappa della guerra Franco-Gota del 507-511. In Blu il territroio dei Franchi, in verde quello dei Burgundi, in giallo quello dei Visigoti. Clovis invase il territorio dei Visigoti nel 507, Alaric II si rifugiò inizialmente a Carcassonne, in attesa dell’arrivo dell’esercito d’Italia di Teodorico. Nel frattempo però i Burgundi di Gundobad (ricordate il magister militum che uccise l’imperatore Antemio?) marciarono verso sud, per tagliare la strada agli Ostrogoti, mettendo Arles sotto assedio. Nel 507 si combattè la grande battaglia di Vouillè, Alaric II e buona parte del cuore dell’esercito visigotico furono annientati, Clovis ebbe la via libera per invadere l’Aquitania e poi, già ad inizio 508, occupare Tolosa. Nell’estate del 508 intervenne Teodorico, l’anno prima tenuto occupato da una invasione bizantina. L’esercito degli Ostrogoti arrivò ad Arles e sconfisse i Franco-Burgundi. Poi l’esercito d’Italia tolse l’assedio Franco a Carcassonne, dove era tenuto il tesoro dei Visigoti. A questo punto iniziò la guerra contro i Visigoti di Gesalec, con l’obiettivo di mettere sul trono dei Visigoti Amalaric, il nipote di Teodorico. Nel 510-511 Gesalec fu più volte sconfitto, prima in Gallia e poi in iberia, mentre i Franchi venivano d nuovo espulsi dalla Gallia mediterranea. Nel 511 si giunse alla fine della guerra: Clovis morì, ma i suoi figli ottennero tutta la Gallia atlantica. La Gallia mediterranea e l’Iberia furono invece conquistate da Teodorico che nel 511 fu anche incoronato Re dei Visigoti, in teoria come reggente per suo nipote Amalaric. Più dettagli (molti di più) nell’episodio 54 di “Storia d’Italia”.

Episodio 48: il ritorno del Re

Episodio 48: la guerra in Italia tra Odoacre (verde) e Teodorico (rosso) tra il 489 e il 493
La guerra inizia sull’Isonzo, dove viene combattuta nell’agosto del 489 una battaglia con la quale i Goti entrano in Italia. Odoacre si ritira verso Verona dove viene combattuta la seconda battaglia dell’anno, nel Settembre del 489. Teodorico vince ancora e muove verso Milano che conquista e poi da lì a Pavia. Il doppio tradimento di Tufa causa però un ritorno sul campo dell’esercito di Odoacre che è capace di assediare Pavia e gli Ostrogoti.

Mentre i due eserciti sono occupati l’uno con l’altro, i Burgundi devastono il nordovest italiano (in marrone-azzurro) e prendono migliaia di schiavi e prigionieri.
Nell’estate del 490 interviene un forte esercito dei Visigoti (in arancione) che riesce a levare l’assedio di Pavia. I due eserciti gotici combinati affrontano nell’estate del 490 Odoacre nei pressi di Pizzighettone, Odoacre è sconfitto di nuovo e si rintana a Ravenna.

Nel 490-493 avviene l’assiedio di Ravenna, con i Rugi e Tufa nella valle dell’Adige che si oppongono a Teodorico ma che vengono sconfitti entro il 492.
Infine nell’estate del 492 Teodorico allestisce una flotta con la quale strangola Ravenna. Finalmente nel Marzo del 493 Odoacre accetta di condividere il regno con Teodorico. Pochi giorni dopo viene assassinato.
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Episodio 46: Flavius Odoacer, Rex et Patricius

Episodio 46: I tre vicariati (Italia Annonaria, Italia suburbicana e Pannonia, spesso anche chiamato illirico) che costituivano il Regno di Odoacre. Questa suddivisione amministrativa era antiquata, larghi pezzi della pannonia, la sardegna e la corsica erano con il tempo andate perdute, ma rimanevano nella mentalità dei Romani del quinto secolo e nelle pratiche amministrative dell’Impero.
Episodio 46: le province della prefettura italiana
In Verde (vicariato dell’Italia Annonaria)
1: Alpes Cottiae (capitale Segusio nel quarto secolo, poi sul finire del quinto Genova)
2: Liguria: capitale Milano
3: Raetia I: capitale Curia
4: Aemilia, spesso unita con la Liguria, capitale Piacenza
5: Raetia II: ai tempi di Odoacre ocupata in gran parte dagli Alemanni
6: Flaminia et Picenum: qui aveva sede (a Ravenna) il governo di Odoacre, il Prefetto del Pretorio, il Magister Officiorum, il Quaestor Sacri Palatii, il Comes Rei Privatae e tutto il resto dell’amministrazione centrale

In giallo, Italia suburbicana:
1: Sardinia: capitale Caralis (Cagliari)
2: Corsica: capitale Aleria (Ajaccio)
3: Tuscia et Umbria (a volte diviso in due, con una Tuscia annonaria a nord dell’Arno e una suburbicana a sud). Capitale Florentia
4: Picenum suburbicarium, capitale Asculum (Ascoli Piceno)
5: Valeria (il moderno Abruzzo), capitale Corfinium (nei pressi di Sulmona)
6: Campania: capitale Capua
7: Samnium: capitale Bovianum (Boiano, in Molise)
8: Sicilia: capitale Siracusa
9: Lucania et Brutii: capitale Rhegium (Reggio Calabria)
10: Apulia: capitale Canusium

Odoacre dominava anche parte del vicariato dell’illirico (sopra della Pannonia). In particolare la Dalmazia (provincia numero 5) con capitale Salona, vicino Spalato.
Le province 1 e 2 (Norico Ripense e Norico Mediterraneo) erano occupate in larga parte dai Rugii, ma avevano ancora una popolazione romana. Il regno dei Rugi sarà distrutto e annesso da Odoacre nel 488, per poi ordinarne l’evacuazione all’arrivo degli Ostrogoti. Rimarrà per secoli un’area spopolata.
Le province 3-4-6-7 avevano costituito il regno foederato degli Ostrogoti dal 457 al 473, poi furono abbandonate dagli Ostrogoti e occupate in larga parte da Gepidi e Sarmati. Verrano in gran parte riconquistate da Teodorico
Un’altra interessante mappa che riassume lo stato del mondo mediterraneo al 476 dopo cristo, l’anno tradizionalmente assunto come quello della caduta dell’Impero Romano (d’Occidente!). Come ogni mappa, va interpretata.
L’impero Romano d’oriente pare non esser cambiato per nulla durante la crisi del quinto secolo: in realtà sappiamo che il controllo del Danubio era diventato molto più labile di quanto la mappa vorrebbe far intendere.
A Nord, nell’antica Dacia, abbiamo il regno dei Gepidi, i principali vincitori della battaglia del Nedao (454) che decise chi avrebbe ereditato il grosso dell’antico impero degli Unni. I principali sconfitti di quella battaglia furono gli Ostrogoti, poi stabiliti da Marciano nel 456-457 nei territori della Pannonia Romana in qualità di foederati. Nella mappa, andrebbero considerati nella sferza d’influenza dell’Impero Romano. Nel 473 gli Ostrogoti abbandoneranno il loro dominio Danubiano (occupato dai Gepidi in larga parte) per migrare verso il cuore dei balcani Romani, in cerca di fortuna e di un migliore accordo con l’impero.
Il “Kingdom of Nepos” non è altro che la Dalmazia Romana, sotto il controllo dell’ultimo imperatore legale dell’Occidente, Giulio Nepote. Nel 480 Nepote sarà assassinato e la Dalmazia unita al dominio di Odoacre.
Questi controlla la penisola italiana ma ha una forte influenza anche sui regni degli Alemanni e dei Rugi a nord, dove sopravvive in parte un’organizzazione romana grazie all’attività di San Severino. Il regno dei Rugi sarà distrutto da Odoacre nel 488. Odoacre non è un Re come gli altri Re Romano-Barbarici, ma una sorta di “generalissimo” dell’occidente che in teoria riferisce a Costantinopoli, anche se questa sarà in gran parte una finzione mano a mano che passa il tempo e il suo potere si consolida.
Nella Germania i Turingi si sono andati trasformando in un regno più o meno organizzato, che avrà rapporti diplomatici con l’Italia di Odoacre e sopratutto di Teodorico. La britannia romana è stata invasa da Angli e Sassoni, mentre i locali romanizzati vengono respinti verso le colline in parte in Bretagna, attraverso il mare.
In Gallia, a nord, c’è il regno dei Franchi di Childeric, il primo vero Re dei Merovingi. Suo figlio Clovis (Clodoveo) andrà alla conquista della ex Gallia Romana, si convertirà al cattolicesimo e fonderà un regno cristiano di notevole successo: la Francia.
Il più grande regno Romano-Barbarico è quello dei Visigoti, con capitale Tolosa, in Gallia. Nel 507 i Visigoti e i Franchi di Clodoveo si scontreranno in un’epica battaglia, che deciderà il destino della ex Gallia Romana e di tutta l’Europa.
A sud il regno dei Vandali domina il nordafrica e le grandi isole del mediterraneo. Nel 477, con la morte di Genseric, il regno farà pace con l’Impero Romano (l’oriente e il dominato di Odoacre), mettendo fine a più di venti anni di guerra.

Episodio 39: una nuova speranza

L’impero Romano al tempo delle ‘riconquiste’ di Maggiorano.
All’inizio del regno di Maggiorano sostanzialmente solo l’Italia ubbidiva agli ordini di Ravenna. La Dalmazia (nella mappa in rosso) in realtà era in rivolta dall’uccisione di Ezio e la Gallia del nord era sfuggita al controllo dell’Impero perché – dopo l’uccisione del loro imperatore Avito – la Gallia del sud si era sollevata in rivolta: Lione aveva aperto le porte ai Burgundi e i Visigoti erano avanzati in tutta la Gallia meridionale, ponendo l’assedio all capitale Arles. La penisola iberica era stata divisa tra una Galizia in mano agli Svevi e il resto che si era unito in rivolta all’Italia, ubbidendo sostanzialmente ai Visigoti, percepiti come più legittimi dell’imperatore ‘italiano’.

A sud i Vandali erano ancora in guerra con l’impero e saccheggiavano le coste italiane.
Maggiorano – grazie ad un condono ed ad una raccolta di tasse straordinaria – riuscì ad assoldare un grande esercito di mercenari e a mettere in mare due flotte. Poi mosse attraverso le Alpi e sconfisse ad Arles Galli e Visigoti, poi i Burgundi e infine accettò la resa di Teoderic II dei Visigoti. La Gallia meridionale tornò nell’impero e in quella settentrionale fu inviato Egidio a mettere ordine. Nel 460 Maggiorano entrò in Spagna e accettò la riunione di questa regione all’impero, inviò una missione in Galizia che sconfisse gli Svevi e poi riconquistò il moderno Portogallo. La Dalmazia tornò nell’alveo imperiale e il locale Magister Militum fu inviato a presidiare la Sicilia contro i Vandali. Tutto era pronto per l’ultima missione: la riconquista dell’Africa.
Purtroppo per Maggiorano però la sua flotta di invasione, indispensabile a traghettare il suo esercito in Africa, fu distrutta da un’azione abile e ardita della flotta vandalica, mentre era alla fonda nella baia di Elche, nei pressi di Alicante.
La sconfitta ad Elche impedì a Maggiorano di coronare il suo sogno. L’imperatore fu costretto alla pace con Genseric e tornò in Italia, dove fu sorpreso da unità fedeli a Ricimer e al Senato e ucciso.

Episodio 36: le nature di Cristo

Episodio 36: le nature di Cristo
Schema che razionalizza in modo favoloso l’origine delle varie chiese moderne. L’ho trovato solo in inglese, ma ve lo traduco qui.
Originariamente abbiamo la chiesa Romana, la grande chiesa nata dal movimento cristiano originario e poi consolidatasi sotto Costantino al concilio di Nicea. Non è nello schema il primo scisma (perchè non sopravvive oggi), quello tra Ariani e Ortodossi, seguente a Nicea.
La seconda ondata di scismi (prima nello schema) è quella di cui ho parlato nell’episodio 36, le nature di Cristo (431-451): al concilio di Efeso si separano i Nestoriani, che rifiutano l’appellativo “madre di Dio” per Maria. I nestoriani diverranno la chiesa d’oriente, sparsa in mezza Asia ma che oggi è in gran parte ristretta all’Irak settentrionale.
Nel 451 c’è la seconda scissione di questo periodo: quella tra la chiesa imperiale e la chiesa Ortodosso Orientale (da non confondere con i moderni Ortodossi) che è l’unione della Chiesa Copta d’Egitto e di altre chiese mediorientali, oltre alla chiesa Etiope. Sono questi quelli che i Romani chiamano “Monofisiti”: credono in una sola natura di Gesù, rifiutando la definizione di Calcedonia.
Il resto della chiesa imperiale romana resta unita anche dopo la caduta dell’impero occidentale e – nonostante un progressivo estraniamento – non si arriva al vero scisma fino al 1054, quando la Chiesa si separa in Chiesa Cattolica (seguace di Roma) e Chiesa Ortodossa (con a capo il patriarca ecumenico di Costantinopoli).
Nel sedicesimo secolo ovviamente ci sarà un’altra ondata di scismi seguenti alla Riforma protestante, ma questa è un’altra storia.
Alcuni gruppi delle chiese Ortodosse, Orientali e Nestoriane sono tornate “in comunione” con la chiesa Cattolica occidentale, come si vede nello schema: sono ad esempio gli Uniati in Ucraina, i Maroniti e altre chiese mediorientali. Sono queste le chiese Cattoliche di rito orientale.
Per maggiori informazioni ascoltate l’episodio 36 di Storia d’Italia!

Episodio 34: tramonto sui campi Catalaunici

Episodio 34: tramonto sui campi catalaunici
Mappa dei movimenti degli Unni nel 451, durante la loro invasione della Gallia. Gli Unni attraversarono il Reno nei pressi di Coblenz, il gruppo principale saccheggiò quindi il nord della Gallia (moderno nord della Francia e Belgio), per poi evitare Parigi e giungere a Orleans, la città chiave per l’accesso alla Gallia meridionale. Qui posero sotto assedio la città-fortezza di Orleans ma prima di poterla conquistare arrivarono i Romani, i Visigoti e i loro alleati. Attila si ritirò per poi affrontare Ezio in una battaglia campale ai Campi Catalaunici (Chalons sulla mappa)
Episodio 34: tramonto sui campi catalaunici
La battaglia dei Campi Catalauinici. Come unica nota, non sono d’accordo che Ezio fece scappare Attila, vi fu piuttosto costretto.

Episodio 31: l’Impero degli Unni

Episodio 31, l’impero degli Unni
Mappa dei territori e dei popoli sottomessi dagli Unni al vertice del loro potere. Notare come diverse aree un tempo dentro il confine dell’impero romano sono ora sotto il controllo degli Unni.
Episodio 31, l’impero degli Unni
La patria delle civiltà nomadi fu l’immensa steppa che si estende dai Monti Carpazi in Europa fino al confine con la Cina, attraverso l’intera Eurasia.

Di larghezza variabile, la steppa è stata la patria di tutte le grandi confederazioni nomadi della storia, tra queste gli Sciti, gli Unni, gli Avari, i Peceneghi e sopratutto i Mongoli. 

Separato dal grande mare d’erba dai monti Carpazi c’è quello che oggi chiamiamo il bacino ungherese, o la grande pianura Ungherese, dove molte confederazioni nomadi stabilirono il loro HQ nella storia, tra loro Unni, Avari e infine i Magiari, i moderni ungheresi.

Gli Unni erano forse gli Xiongnu, un popolo che viveva al confine della Cina nel I secolo dopo cristo e che migrò verso ovest. 

Nel 370 gli Unni irruppero nella grande pianura Ucraina, sconfiggendo Alani e Goti e mandandoli a infrangersi sull’impero Romano.

Il loro trasferimento nel bacino ungherese (o Pannonico) nel 400 circa causò un ulteriore sommovimento di popoli, destinato ad infrangersi sulla frontiera Renana nel 406. 

Per saperne di più ascoltate l’episodio 31: l’impero degli Unni su www.italiastoria.com o su tutte le piattaforme podcast. Per sceglierne una cliccate sul link in basso per scegliere la piattaforma (gratuita) su cui ascoltare:

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Episodio 27: l’estate di San Martino

EPISODIO 27: L’ESTATE DI SAN MARTINO
L’impero ricomposto da Flavio Costanzo, alla sua morte nel 421.
La mappa non è perfetta perché non tiene conto del fatto che il territorio dei Visigoti in Aquitania e i vari insediamento dei Burgundi, Alani, Franchi e Alemanni sulla frontiera Renana erano stati fatti con l’accordo del governo imperiale e un trattato di foedus, nel quale questi popoli si impegnavano a combattere per Ravenna in uno stato di semi-indipendenza come quello due Goti nel 382. A sud, in Iberia, abbiamo quel che resta dei popoli che hanno invaso l’impero nel 406, mettendo in moto la crisi dell’Impero. Nella remota Galizia gli Svevi stanno costruendo lentamente un regno indipendente mentre nella moderna Andalusia quel che resta dei Vandali e degli Alani sconfitti dai Goti alleati con Flavio Costanzo ha eletto un Re unico di Vandali e Alani. In realtà importanti città della regione (Siviglia e Cartagena) sono ancora in mano romana e non cadranno ai Vandali che nel 428. 
Flavio Costanzo, partendo da una situazione disastrosa nel 410 con il sacco di Roma, ha in gran parte ricomposto l’impero, donandogli quello che molti ai tempi considerarono una nuova primavera ma che si rivelerà essere solo una estate di San Martino, il caldo periodo autunnale che precede l’inverno. 

Per ascoltare l’episodio 27 di Storia D’Italia andate su http://www.italiastoria.com

Episodio 26: l’Impero colpisce ancora

Episodio 26: l’Impero colpisce ancora
Mappa che riassume la caotica situazione dell’Impero d’Occidente al 410: in giallo le province fedeli a Ravenna. Va detto che l’intera Italia peninsulare in realtà era stata devastata dalla guerra nel 408-410 e sfuggiva in gran parte al controllo del governo. Costantino III, ribellatosi in Britannia, era ora basato a Arles in Provenza e controllava le province ‘in rosso’. Anche la Spagna e la Britannia nel 408-409 lo avevano riconosciuto imperatore ma nel 409 un suo generale inviato a mettere ordine in Spagna si era ribellato e aveva eletto un imperatore fantoccio (Massimo, in marrone) mentre i Britanni, abbandonati, si erano ribellati (verde). Sulla frontiera del Reno diverse province erano state occupate da Burgundi e Alani (viola) sopratutto le terre tra Reno e Mosella. in Spagna abbiamo gli invasori del 406 che – dopo essersi tagliati una scia di sangue in Gallia – si sono installati nelle province iberiche, con l’accordo di Geronzio e Massimo. Sono gli Alani, i Vandali Siling e Hasding e gli Svevi.
I Visigoti hanno saccheggiato Roma ma Alaric è morto in Calabria (rosa). Questo è il più importante gruppo ‘barbaro’, in realtà il più importante esercito presente in Occidente.
Da questo caos riemergerà una situazione stabile nel prossimo decennio grazie sopratutto a un generale e politico Romano tanto grande quanto dimenticato: Flavio Costanzo.
L’area di Ravenna nel III-IV secolo, prima di diventare capitale dell’Impero Romano d’Occidente. Ravenna era diventata una delle due basi principale della flotta Romana già ai tempi di Augusto (l’altra era Miseno, vicino Napoli) e aveva il ruolo di pattugliare l’Adriatico, lo Ionio e l’Egeo. A tal fine era stata costruita l’importante base di Classis (Classe, ovvero flotta in Latino) che vedete in primo piano: vi erano basati 10.000 militari.
In lontananza si scorge la città di Ravenna, distante alcune miglia e collegata da un ampio bacino navigabile, attraversato dall’acquedotto che riforniva Ravenna di acqua potabile.
Come si vede i dintorni di Ravenna nell’antichità assomigliavano alle lagune che ancora oggi caratterizzano l’alto Adriatico (Venezia, Marano, Grado…) mente oggi tutta quest’area è interrata e il mare dista diversi km da Ravenna.

Episodio 23: Alaric in Italia

Episodio 23: Alaric in Italia (401-405)
Movimenti di Alaric (in blu) e di Stilicone (in rosso) durante la prima campagna di Alaric in Italia, inclusi i quattro assedi dell’anno (Aquileia, Milano, Asti e Verona) e le due battaglie di Pollenzo-Pollentia e Verona.
La guerra Gotica negli anni 377 e 378: dopo la battaglia “ai salici” i romani si ritirano e fortificano i passi dei balcani. I Greutungi si riuniscono però ai Tervingi e tenere i passi diviene troppo pericoloso, i Goti entrano in Tracia.
L’anno seguente i due imperi organizzano una manovra a tenaglia contro i Goti ma all’ultimo momento Valente decide di affrontarli da solo, andando incontro al suo destino.
La battaglia di Adrianopoli: i Goti Tervingi (scritti come “goths” nell’immagine) sono nel loro accampamento in cerchio a forma di carri, a proteggere donne, bambini e ricchezze. Alcune unità attaccano troppo presto (3) a questo punto l’intera fanteria e cavalleria romana ingaggiano i Tervingi. All’improvviso però arriva la cavalleria dei Goti Greutungi (4) che colpisce in particolare il lato sinistro, mettendo in fuga la cavalleria pesante romana e poi permettendo ai Goti di circondare la fanteria pesante romana, bloccata e senza spazio per manovrare (5). Il massacro può iniziare e vi porrà fine solo il calare della notte. Due terzi dell’esercito da campagna orientale (il Comitatus) giace morto sul campo di battaglia.
Mappa (artigianale) che mostra i movimenti di Goti e Romani tra l’autunno del 376 e l’autunno del 377. In Blu i Goti, in Rosso i Romani.
Mappa della divisione dell’impero in prefetture sul finire del IV secolo DC. Da notare anche le fabbriche imperiali, fabbriche pubbliche di produzione dei materiali necessari all’esercito
363 dopo cristo: mappa del percorso seguito da Giuliano verso Ctesifonte e poi la sua fine. Fare riferimento all’episodio 9
355 dopo cristo: situazione alla frontiera Renana, ai tempi di Giuliano Cesare in Gallia. Fare riferimento all’episodio 5
Battaglia di Strasburgo, posizione dei due eserciti. Fare riferimento all’episodio 5.