La chiesa di Roma, ep. 157
Cliccando sulla mappa potrete andare alla mappa interattiva che ho realizzato per questo episodio.
In generale, ho diviso la città nelle sette regioni (approssimative) in base ai reperti archeologici e documentali.
- Regio I: Aventino, testaccio
- Regio II: Velabro, Palatino, Celio, Laterano
- Regio III: Monti, Esquilino
- Regio IV: Viminale, Quirinale
- Regio V: Tridente
- Regio VI: Campo Marzio
- Regio VII: Trastevere
Questa la legenda degli elementi. Sui Tituli (le chiese sulle quali è incardinato il clero romano) le ho divise in base alla dipendenza delle varie basiliche. Se un Titulus è di “San Paolo” vuol dire che il suo presbitero principale (il Presbyter prior) officerà un giorno la messa nella Basilica di San Paolo fuori le mura. Il cardinale protopresbiteriale è invece il capo del collegio dei Presbyteri cardinales.
Quanto agli altri elementi, ho aggiunto anche le basiliche papali (le cinque: San Pietro, San Paolo fuori le mura, Basilica del Salvatore – San Giovanni in Laterano, S. Maria Maggiore, S. Lorenzo) e le Diaconie, dove avveniva buona parte dell’attività economica e di assistenza della chiesa, inquadrate nelle varie regioni. Fuori Roma, troverete anche le diocesi suburbicarie (sette) che costituivano il collegio dei Cardinali vescovi o Episcopi cardinales. Questi officiavano quotidianamente a San Giovanni in Laterano ed erano (e sono) il vertice della chiesa romana..
Il senza-naso (701-705), ep. 154
Al 705, quando Giustiniano II riconquistò il suo trono, la situazione geopolitica per l’Impero romano era decisamente peggiorata: Cartagine era caduta. Il Mediterraneo era diventata una frontiera, la Cilicia era caduta in mani arabe e buona parte dell’Anatolia (tratteggiata) veniva saccheggiata regolarmente dalle forze del Califfato.
Nei dieci anni intercorsi tra i suoi due regni, quello che restava dell’Occidente latino era stato riorganizzato: era stato creato (probabilmente da Tiberio III) il Thema di Sicilia, dal quale dipendevano le Baleari, la Sardegna, la Corsica e la Calabria. Roma e Napoli erano retti in ducati solo nominalmente dipendenti dall’esarcato, mentre il ducato di Venetia (quella che noi chiamiamo semplicemente “Venezia” ma che non aveva ancora capitale nella zona di Rialto, come oggi, ma in Eracleia) era solo nominalmente dipendente dall’Esarca a Ravenna, ormai sempre di più una figura poco importante nell’organizzazione militare e politica dell’Italia imperiale.
L’Anatolia era ormai organizzata ufficialmente in cinque temi, quattro dell’esercito (Anatolikon, Armeniakon, Thrakesion, Opsikion) e uno della flotta (Karabisianoi). Il thema di Hellas era stato creato da Giustiniano II nel suo primo regno per organizzare meglio i domini greci dell’Impero romano, ed era un misto di esercito e flotta.
Il Califfato, da Damasco, ormai controllava tutte le terre dallo stretto di Gibilterra alla frontiera con la Cina. Privo di nemici, aveva ormai un solo obiettivo: schiacciare il suo indebolito ma orgoglioso rivale, l’unico grande stato che fosse sfuggito alla sua presa: l’Impero romano.
La prima Fitna (656-661), ep. 150
Dopo il fallimento del primo grande attacco arabo a Costantinopoli (654 circa) e la morte di Uthman (656) per mano di assassini provenienti da Egitto e Iraq, il mondo arabo precipitò nella “Prima Fitna”.
L’elezione a Amir Al-Muminin di Alì (genero di Muhammad) non fu mai universalmente accettata, soprattutto in Siria, dove la posizione degli eredi di Uthman (gli Omayyadi) era particolarmente forte, grazie al ruolo di Mu’awiya, comandante in capo dell’esercito siriano, il principale della Umma.
La mappa illustra la situazione nel 658, dopo che Mu’awiya aveva già scoperto le carte e si era dichiarato Amir Al-Muminin con il supporto del “padre padrone” dell’Egitto, Al-As. Notare come i territori di Mu’awiya e di Alì corrispondono perfettamente (o quasi) ai confini tra la parte “romana” e la parte “persiana” della Umma, ovvero le terre che erano appartenute ai due imperi. Questo si riflette anche nell’attenzione diversa tra la dinastia Omayyade – tutta concentrata a Damasco e volta alla conquista dell’ex mondo romano – e gli Sciiti, molto più interessati all’Asia e al mondo dell’Asia centrale. Per certi versi gli Abbasidi – dinastia che succederà agli Omayyadi – sposteranno a metà VIII secolo l’attenzione dal mondo romano a quello ex-persiano, portando poi la capitale a Baghdad.
Nel breve periodo però, la morte di Alì per mano di un assassino e la conquista sanguinosa dello Hijaz da parte di Mu’awiya convinse quest’ultimo a spostare la capitale della Umma dalla lontanissima Mecca a Damasco, quasi una spada puntata su Costantinopoli. Da un punto di vista religioso, alla fine della Fitna il ruolo di Gerusalemme divenne ancora più importante: è infatti a Gerusalemme che Mu’awiya fu confermato e acclamato Amir Al-Muminin, anche con il supporto dei suoi tanti sostenitori cristiani.
Per arrivare all’Islam come lo conosciamo (una religione separata, universale, centrata sullo Hijaz da un punto di vista religioso) si dovrà attendere la seconda Fitna e il regno di Abd Al-Malik, a fine VII secolo. Questa storia è narrata nella puntata premium, accessibile a tutti i sostenitori su Patreon e Tipeee!
Il volgere della marea (678-685), ep. 149
La fondazione del “Primo impero bulgaro” è databile al 680-681, e all’immigrazione all’interno del territorio ex imperiale dei proto-Bulgari di Asparuh, una popolazione di lingua turca che sottomise le cosiddette “sette tribù” slave, che vivevano all’epoca nel basso corso del Danubio, dalle porte di ferro al mare.
Il Primo impero bulgaro (VII-XI secolo) si caratterizzò sin dall’inizio come uno stato, con una chiara capitale: la maestosa Pliska, da me descritta pochi giorni fa. Lo stato bulgaro fu fondato come pagano, ma nel IX secolo si convertì al cristianesimo, mettendo contro Roma e Costantinopoli, i due principali patriarcati della cristianità, che fecero la gara per decidere chi sarebbe stato il patriarcato a convertire i Bulgari. Una decisione a lungo in bilico, e che determinò poi la storia dello stato bulgaro, e in generale di buona parte degli slavi. A Pliska e poi nelle altre capitali bulgare si affermò l’alfabeto creato da Cirillo e Metodoio per convertire la Moravia, e il prestigio dello stato bulgaro fece affermare questo alfabeto per buona parte degli altri popoli slavi.
Nel IX secolo, ai tempi di Simeone il grande, i Bulgari ottennero dall’Impero romano il diritto di farsi chiamare “Tsar”, Cesari, al di sopra della dignità dei semplici Re, ma un gradino più in basso degli augusti, ovvero il Basileus ton romaion, l’imperatore romano. Questo titolo passerà ad altri imperi di lingua slava.
Le due Rome (679-681), ep. 148
Il sinodo del 680
Nella mappa interattiva in basso (cliccate sui punti per avere maggiori informazioni!) troverete una rappresentazione dell’Italia alto medievale utilizzando una fonte piuttosto particolare: la lista dei vescovi che parteciparono al sinodo romano del 680. Potete fare uno zoom sulla regione di maggiore interesse.
Indetto come sinodo preparatorio della chiesa occidentale in preparazione del concilio ecumenico che si sarebbe tenuto a Costantinopoli (il terzo concilio di Costantinopoli, o il sesto concilio ecumenico della cristianità), questo sinodo è fondamentale soprattutto per comprendere la geografia umana ed organizzativa delle due italie, quella imperiale (in viola) e quella longobarda (in blu).
Il sinodo romano si tenne intorno alla pasqua del 680, a Roma, e vi parteciparono ben 125 vescovi, quasi tutti provenienti dall’Italia. La lista di questi vescovi è molto interessante e permette di scoprire la geografia umana dell’Italia di allora. Per maggiori dettagli, e per capire come mai ci sono tante incongruenze, leggete l’articolo a questo link
Il concilio ecumenico del 680-681
Nella mappa interattiva in basso (cliccate sui punti per avere maggiori informazioni!) troverete una rappresentazione dell’Impero romano nel VII secolo attraverso la sua organizzazione ecclesiastica. Rintracciare dove si trovavano le diverse sedi è stata davvero un’impresa perché in Asia minore c’è una fortissima discontinuità – a differenza dell’Italia – tra la struttura e l’organizzazione cittadina attuale e quella romana, a causa della trasformazione della Romania nell’Impero ottomano. A parte le città più importanti, quasi tutte le sedi di vescovi “minori” sono oggi dei piccoli villaggi.
La chiesa imperiale era organizzata in Oriente in modo molto diverso dall’Occidente: se in Occidente c’era un solo patriarcato, in Oriente ce ne erano ben quattro: i patriarcati di Antiochia, Alessandria, Gerusalemme e Costantinopoli. All’epoca del concilio, tutti e quattro i patriarchi vivevano a Costantinopoli, tre dei quali in “esilio”. Sono segnati in questo modo sulla mappa: piazzarli nelle rispettive città sarebbe stato scorretto, a mio avviso. La stragrande maggioranza dei vescovi presenti al VI concilio faceva riferimento al patriarcato di Costantinopoli a parte i vescovi greci (in teoria parte del patriarcato occidentale, quindi di Roma) e quelli della Cilicia e dell’Isauria (che riportavano ad Antiochia).
Per maggiori informazioni, andate su questo articolo
Il fuoco romano (671-678), ep. 147
Mappa di accompagnamento dell’episodio 147, con i generale i movimenti di truppe principali del periodo 668-679, il decennio in cui Mu’awiya provò a scardinare definitivamente l’Impero romano. Equivalgono ad una grande guerra del Mediterraneo.
Costante II morì a Siracusa, in Sicilia, nel 668: qui si affermò la ribellione di Mizizios. Costantino IV (il nuovo sovrano) intervenne probabilmente direttamente in Sicilia, arrivando però a fatti già conclusi: Mizizios era stato catturato e ucciso dagli eserciti italiani.
Nel 669, gli Arabi attaccarono su più direzioni, conquistando Amorium e Calcedonia e inviando la flotta a Siracusa, forse con l’obiettivo di intrappolare Costantino IV. Siracusa fu saccheggiata, ma Costantino riuscì a riparare a Costantinopoli e inviare un esercito a riprendere Amorium.
La seconda fase dell’attacco inizia nel 671: Mu’awiya inviò una flotta ad occupare Cizico, nel Mar di Marmara, causando un completo caos nelle rotte di comunicazione navale dell’Impero. In seguito, una serie di porti lungo il Mar Egeo furono occupati dagli Arabi, mentre da Smirne gli Arabi provarono anche a muovere alla conquista del Thrakesion Thema. Qui vennero sconfitti, e la loro flotta fu affondata dal “fuoco romano”, utilizzato per la prima volta in battaglia.
In seguito, l’Impero finanziò la rivolta in Siria e Libano dei “Mardaiti”, forse prigionieri romani ribelli, unitisi alle popolazioni montane di queste regioni in una serie di attacchi devastanti per l’economia del Califfato.
Alla fine, verso il 678, Mu’awiya ne aveva avuto abbastanza della guerra, decidendo invece di cercare la pace con l’Impero in modo da concentrarsi sulla sua successione (Mu’awiya voleva che suo figlio Yazid ereditasse la guida della “Umma”). Con l’Impero fu firmata una pace che prevedeva un tributo del Califfato in oro, schiavi e cavalli. La guerra era finita, e l’Impero poteva guardare con rinnovata fiducia al futuro.
Il ritorno dell’Imperatore (661-663), ep. 143
Percorso di invasione di Costante II (in viola) da Taranto a Benevento, come descritto nel podcast 143 “il ritorno dell’Imperatore”.
Costante II lasciò la grecia a inizio primavera del 643 e giunse a Taranto, porto allora in mani longobarde e rapidamente rioccupato dagli imperiali.
Lo scopo principale di questa prima fase sembra essere stato la conquista/riconquista della moderna Puglia. Costante marciò sulla via Appia fino ad Acerenza (oggi Basilicata) ma non riuscì a prenderla. Di qui andò via un diverticolo fino a Canosa e poi lungo la traiana fino a Lucera, città chiave per i collegamenti dell’esercito con l’importante porto di Siponto (Manfredonia). Presa Lucera, Costante II passò ad assediare Benevento, la capitale del ducato longobardo.
Sulla mappa si trovano anche la via Appia (rosso) la via Traiana (arancione) e la Popilia meridionale (Verde). Sono segnati inoltre i confini tra i longobardi e gli imperiali (per quello che possiamo capire) al 643. Ho provveduto anche a segnalare le principali fortezze-chiave del dominio longobardo nel meridione, a parte Benevento: Acerenza, Grumentum, Lucera e Compsa.
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Per saperne di più su Costante, il ducato di Benevento e la rete delle strade tardoantiche in italia, ascoltate l’episodio 143!
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La decisione di Costante (656-661), ep. 142
Mappa della divisione dell’Impero Romano dopo la riforma tematica di Costante II
Come si può notare, ancora al 666 l’Impero romano controlla vasti territori, molto disuniti tra loro, dalle colonne d’Ercole (Septem) fino al Mar Nero. In Occidente, le riforme non sono ancora state implementate, quindi esistono ancora i due esarcati occidentali. L’esarcato d’Africa è ancora piuttosto unito, ma l’Esarcato italiano è diviso in una serie di ducati dalla presenza dei Longobardi.
In oriente, la riforma di Costante ha creato cinque temi:
- Anatolikon (il più importante) con capitale Amorium, a guardia dei monti del Tauro e della frontiera con il Califfato Omayyade di Mu’awiya, con sede a Damasco
- Armeniakon: il più vasto, controlla la frontiera armena e le cruciali città di Melitene e Teodosiopoli.
- Thrakesion: nella zona più ricca dell’Anatolia viene spostato l’ex esercito di Tracia (in Europa). Qui ci sono le città più prospere dell’Impero dopo Costantinopoli, al riparo delle razzie arabe
- Opsikion: il thema degli “obsidionali”, quelli che si chiamavano un tempo gli eserciti presentali. Con sede ad Ankara (Ancyra) ha forse le truppe migliori
- Carabisianoi: il thema della flotta, ricostruita da Costante per essere una formidabile arma di difesa e offesa dopo secoli in cui i Romani l’avevano tutto sommato trascurata
Per saperne di più,. ascoltate l’episodio 142!
Il ratto del Papa (644-653), ep. 139
L’Impero romano intorno al 650 e il viaggio di Papa Martino I fino al suo esilio in Crimea.
Come si può vedere dalla carta, l’Impero romano al 650 è ancora in controllo di buona parte del Mediterraneo, dalle colonne d’ercole all’esarcato d’Africa, dal Mar Nero ai territori italiani dell’Impero. Certo: i Balcani sono ormai in gran parte colonizzati da tribù slave, mentre l’Italia è per più di metà occupata dai Longobardi e – più di recente – i “Credenti” della Umma musulmano hanno sottratto all’Impero l’Egitto, la Siria, la Palestina e parte della Mesopotamia, assieme a tre dei cinque patriarcati della chiesa universale (Antiochia, Gerusalemme, Alessandria).
Nel 649, papa Martino I indice un “concilio” nel Laterano per opporsi al “Typos” dell’Imperatore Costante II, un decreto che proibiva qualunque menzione delle “volontà” di Cristo, onde evitare spaccature all’interno della chiesa calcedoniana ortodossa. Il concilio lateranense andò come Martino aveva previsto, un Papa che – tra le altre cose – aveva rifiutato di essere “confermato” dall’Imperatore, come si usava da un secolo.
La vendetta di Costante II arrivò – dopo un primo fallimento dell’Esarca Olimpio nel 650 – nel 653, per mano dell’Esarca Teodoro Calliope. Martino fu arrestato dall’esercito imperiale e tradotto via nave a Naxos, dove rimase fino alla primavera del 644. Fu poi portato in catene a Costantinopoli: qui fu giudicato eretico e traditore, fu deposto ed esiliato a Cherson, in Crimea. Poco dopo, gli abitanti di Roma elessero un nuovo Papa (mentre Martino era ancora in vita). Martino morì nel 655.
Martino I è considerato dalle chiese occidentali e orientali come un “martire”, l’ultimo Papa a potersi fregiare di questo titolo.
L’IMPERATORE CHE VISSE TROPPO (ep. 135)
Il mondo mediterraneo nel 642, l’anno seguente all’ascesa al trono del nuovo imperatore dei Romani, Costante II, dopo la caduta dell’Egitto in mani arabe.
L’Impero Romano (in viola) è stato mutilato dai brutali sette anni di conquista araba: dopo la battaglia dello Yarmouk (636) e la sconfitta dei Persiani, gli Arabi hanno invaso e conquistato l’Egitto (639-641) per poi lanciarsi contro la moderna Libia, fino a Tripoli. In Oreinte, all’Impero rimane il grosso dell’Asia Minore (anche se costantemente sotto attacco da parte degli Arabi), parte della Tracia e alcuni territori sparsi in Grecia e sulla costa dalmata.
In Occidente, le conquiste di Giustiniano ancora resistono, organizzate nei due grandi Esarcati (Gli Esarchi sono due vicerè imperiali in Occidente). l’Esarcato d’Africa, pur minacciato dall’Egitto, è sostanzialmente identico a quello della conquista di Belisario e Giustiniano. Dall’Esarcato d’Africa dipendono Sardegna e Corsica.
L’Esarcato d’Italia è composto da un mosaico di territori minacciati dai Longobardi: la Romagna e la costa veneta (ducato di Venetia), la Liguria, il corridoio bizantino a collegare Roma e Ravenna (via Pesaro e Perugia), il ducato napoletano attorno a quella città, buona parte della Puglia e della Calabria.
La Sicilia è un caso a parte: gestita da un Prefetto inviato direttamente da Costantinopoli.
I domini Longobardi (in Blu) sono divisi tra il Regno di Pavia a nord (comprendente Tuscia e Italia padana) e i ducati meridionali di Benevento e Spoleto.
Nel resto dell’Occidente, abbiamo i grandi regni romano-germanici dei Visigoti e dei Franchi.
MEZZALUNA ARABA (ep. 134)
Ho utilizzato questa mappa di “Per un pugno di barbari” per illustrare i movimenti delle truppe durante la conquista dell’Egitto, tra il 639 e il 641.
Il piano di Amr ibn Al-As, secondo Giovanni di Nikiu, prevedeva una doppia invasione: un esercito giunse via nave dallo Hijaz, sbarcando a Berenice, importante porto egiziano sul Mar Rosso, dal quale una lunga via del deserto portava fino alla valle del Nilo. Da qui, la via proseguiva (attraverso Tebe) sulla sponda sinistra del fiume, in direnzione di Babilonia, la grande fortezza romana sul fiume Nilo, in corrispondenza della moderna Cairo.
Amr, con il grosso delle truppe, mosse invece da Gaza verso Pelusio e di qui, in direzione di Babilonia, con l’evidente obiettivo di ricongiungersi con i suoi commilitoni. La guarnigione romana, tratta in inganno dal fatto che Amr aveva diviso le sue truppe in tre tronconi, usci per affrontare Amr sul campo di battaglia, nei pressi di Heliopolis, città a nordest di Babilonia. Qui furono sconfitti e costretti a ritirarsi dentro Babilonia (640). La città resistette fino alla morte di Eraclio (febbraio 641, ma la notizia arrivò in Egitto in marzo), quando i Romani decisero di ritirarsi ad Alessandria.
Alla morte di Eraclio, solo il triangolo in viola era ancora sotto il controllo dei Romani. Alessandria sarebbe comunque caduta entro la fine dell’anno, con i Romani che si ritirarono verso Cipro. L’Egitto era arabo, e questi fondarono la loro grande città-guarnigione di Fustat, nei pressi della fortezza legionaria di Babilonia. Fustat sarebbe poi diventata Il Cairo.
I Romani provarono a riconquistare la provincia egiziana nel 646, fallendo però nel tentativo. Solo al tempo delle crociate, i cristiani occidentali e orientali decisero di tentare nuovamente la conquista dell’Egitto.
ADRIANOPOLI CONTRO GLI ARABI
Dopo le sconfitte di Teodoro (il fratello di Eraclio) in Palestina, nel 634, i musulmani riuscirono ad occupare gran parte della moderna Giordania e della Siria meridionale, in particolare le città di Damasco, Bosra (Busra) e Emesa, capitali provinciali dell’Impero romano. Gerusalemme, invece, rimase in questa fase in mano romana, come buona parte della costa del moderno Israele e Libano, anche se tutto questo territorio era sottoposto agli attacchi arabi.
Per tutto il 635, tra Antiochia e Edessa, nel nord della Siria, Eraclio andò riorganizzando le forze romane, radunando un possente esercito composto da Romani, Armeni, Arabi Ghassanidi e perfino Slavi. Questo esercito, al comando dell’armeno Vahran (Magister Militum per Orientem?) mosse nel 636 verso sud, riconquistando Emesa e Damasco e muovendo verso le alture del Golan e, di qui, fino alle vicinanze del lago di Tiberiade.
Per resistere ai Romani, gli Arabi elessero a comandante supremo in Siria e Palestina quello che si era dimostrato il miglior generale: Khalid Ibn Al-Walid, anche se questi non era l’uomo prescelto da Umar (il comandante dei Credenti a Medina) per guidare gli eserciti di invasione arabi.
Khalid scelse di affrontare le forze romane in una posizione strategica, che bloccava le vie di comunicazione della regione, a cavallo tra le moderne Siria, Israele e Giordania: la valle dello Yarmuk.
Come si può vedere dalla mappa, probabilmente i Romani si accorsero della presenza degli Arabi e mossero verso Bosra (la via per Gerusalemme seguiva invece il fiume Giordano). Qui la strada gli fu tagliata dalle forze di Khalid Ibn Al-Walid. I Romani, sotto Vahran, decisero di fortificare una linea che congiungeva due profondi canyon, a formare una sorta di triangolo, con i fianchi ben protetti dai valloni ma con un problematico punto singolo di ritirata, attraverso un ponte su uno dei Canyon.
Per sei giorni i due eserciti si sfidarono in una complicata danza, ricostruibile solo da fonti arabe nei suoi dettagli (fonti molto tarde). Quello che possiamo capire però è che i Romani attaccarono per buona parte del tempo, con gravi perdite. Nella fase decisiva, verso la fine dello scontro, le forze di Khalid riuscirono ad impadronirsi nottetempo del ponte, tagliando la ritirata dei Romani. A questo punto la cavalleria della Umma colpì i Romani sul loro fianco destro, mandando in pezzi la formazione. I Romani provarono a ritirarsi sul ponte ma, bloccati, molti fuggirono cercando di attraversare i canyon, inseguiti dagli Arabi, che ne fecero strage.
Molto probabilmente l’esercito romano contava almeno 40-50 mila uomini. E’ probabile che almeno la metà perì nello scontro, portando ad una situazione militare nella quale, per anni, poi per decenni, infine per secoli i Romani non poterono più sfidare sul campo di battaglia aperto un esercito arabo.
Ma Roma, comunque, non si arrese.
INVASIONE, ANNO ZERO, EP. 132
Mappa di accompagnamento per gli eventi dell’episodio 132 di Storia d’Italia.
Il piano originale ideato da Abu Bakr e dal suo stato maggiore a Medina era di invadere il vicino oriente su due direzioni, una principale e una secondaria.
L’attacco principale sarebbe venuto da sudovest, verso la Palestina (il principale obiettivo della Umma), con un grande esercito che si sarebbe poi diviso in 4 piccole armate più maneggevoli, di 3-5 mila uomini, capaci di muoversi rapidamente. Una di queste mosse contro l’area meridionale, le altre tre proseguirono verso la moderna Giordania
Il secondo asse di invasione prevedeva l’attacco di Al-Hira, in modo da portare nella Umma le tribù arabe ancora fedeli ai Lakhmidi. Questo attacco secondario era gestito da Khalid Ibn Al-Walid.
La risposta romana (in viola) fu l’invio di un grosso esercito comandato da Teodoro, il fratello di Eraclio (che gestiva la complicata partita orientale da Edessa, con un occhio sul caos che aveva sconvolto ad est l’Impero Persiano).
Dopo gli iniziali successi arabi, Teodoro riuscì ad inserirsi tra l’esercito arabo a sud e gli altri tre più a nord, bloccando la loro ritirata verso lo Hijaz. Vedendo la mala parata, questi inviarono probabilmente una richiesta di soccorso a Khalid, che marciò da Al Hira fino a Damasco in modo fulmineo e inaspettato.
Preso il controllo di tutti gli eserciti riuniti (arancione) Khalid mosse contro Teodoro, sconfiggendolo in Palestina, nei pressi di Eleuteropoli, per poi seguirne la ritirata e distruggerne l’esercito nelle vicinanze del lago di Tiberiade. Il primo round dell’invasione era andato, decisamente, agli Arabi.
L’ARABIA PRIMA DELL’ISLAM, ep. 128
Ricostruzione della situazione politica in Arabia circa all’anno 600, poco prima dell’inizio della predicazione di Muhammad.
Storicamente, il più importante regno arabo era stato l’Himyar, capace di influenzare direttamente e indirettamente l’intero sud dell’Arabia, fino in Hijaz e Oman. L’Himyar si convertì all’ebraismo nel IV secolo, ma fu abbattuto dai cristiani di Aksum (moderna etiopia) ad inizio VI secolo. A lungo dominio di Aksum, l’Himyar fu conquistato dai Persiani nel 572.
I Persiani stabilirono un controllo diretto anche su molte delle regioni prospicienti il golfo persico: al moderno Qatar all’Oman. Stabilirono inoltre una colonia mineraria per estrarre oro e argento nel cuore dell’Arabia. I loro alleati Lakhmidi – dalla loro capitale di Al Hira – dominavano l’intera arabia centro-settentrionale, almeno la metà orientale. Anche le città dell’Hijaz erano influenzate dal dominio persiano.
Nella mappa si vedono anche le aree desertiche principali, in particolare l’area pressoché vuota di Al-Rub Al Khali.
Al 600, I Romani controllavano la Palestina e la Siria, aree molto importanti per la cultura araba, assieme alle antiche città dei Nabatei, un altro importante regno arabo inglobato dagli imperi. I loro alleati Ghassanidi, dalle alture del Golan, vegliavano sull’intera frontiera orientale desertica dell’Impero romano.
Ghassanidi e Lakhmidi erano Cristiani, come buona parte della popolazione dell’HImyar. I cristiani nestoriani erano in gran parte penetrati nelle zone direttamente controllate dalla Persia. Molte tribù arabe seguivano invece la religione ebraica.
Muhammad, in tutto questo, portò la sua novella: gli Arabi erano i discendenti di Abramo, il suo rigido monoteismo era la loro ancestrale religione, ritrovata da Muhammad. A loro apparteneva la “città di Dio” e la sua terra, gli ultimi giorni si avvicinavano ed era tempo di pentirsi dei propri peccati.
IL CIELO SOPRA NINIVE: 626-628, ep. 123
Mentre i Persiani e – sopratutto – gli Avari assediavano Costantinopoli (nell’agosto del 626). Eraclio si trovava in Anatolia centrale, presso Sebastea, con l’obiettivo di difendere questa regione dall’invasione di Shahin. In una serie di battaglie in inferiorità numerica, l’Imperatore riuscì ad avere la meglio di uno dei due grandi generali persiani. Shahin si suicidò o fu ferito a causa della battaglia, e morì. Shahrbaraz tornò invece in Siria dopo il fallimento dell’assedio.
Nel 627, Eraclio sbarcò in Ponto dopo una rapida visita nella capitale (nella quale raccolse rinforzi) per poi marciare verso Tiflis (Tiblisi), capitale dell’Iberia persiana. Qui si riconsgiunse con Tong Yabgu, Khagan dei turchi occidentali. A settembre, quando il Khagan si ritirò nei suoi territori, Eraclio decise di invadere di nuovo gli altipiani iranici per sfruttare il suo vantaggio.
A dicembre del 627 era in alta mesopotamia, tra il Tigri e il grande Zab, inseguito dai Persiani: con una rapida manovra, Eraclio fece finta di ritirarsi verso il Tigri, salvo poi voltarsi e affrontare i Persiani nelle pianure di Ninive. I Persiani furono sconfitti e costretti a ritirarsi, aprendo ad Eraclio la via per Ctesifonte.
Per due mesi Eraclio saccheggiò il cuore dell’Impero sasanide, finchè – a febbraio del 628 – Khosrau II fu rovesciato da un colpo di stato che mise sul trono sasanide suo figlio Siroe. Immediatamente dopo, i Persiani chiesero di trattare una fine dei combattimenti.
L’ultima guerra romano-persiana, la più dura di tutte, si era conclusa con la vittoria romana.
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Prenotate il mio nuovo libro “Il miglior nemico di Roma”:
AMALASUNTA DEI LONGOBARDI: 624-626, ep. 121
In questa mappa, il territorio di confine (e il più importante) tra l’impero romano e quello persiano. Nel 602, dopo la vittoria di Maurizio nella scorsa guerra romano-persiana, il confine tra i due imperi era quello segnato più a oriente in marrone. Al 622, ormai il territorio controllato dai Romani (a malapena) era quello all’interno della linea blu. Tutta l’Armenia, la Siria e la Mesopotamia erano in mano persiana
Nel 624 Eraclio, sorprendendo tutti e tutto, invase in profondità il territorio persiano, lasciandosi dietro le sue basi logistiche e lanciandosi in un attacco in profondità, completamente inatteso. Riuscì a saccheggiare Dvin (capitale persarmenia) e prendere Ghanzak (palazzo reale persiano) per poi ritirarsi a svernare nell’Albania caucasica, il moderno azerbaijan, un territorio da sempre sottomesso ai Persiani.
Nel 625, Chosrau II organizzò la convergenza di ben tre eserciti verso la posizione di Eraclio, con il compito di annientarlo. Shahrbaraz e “Carneade” (aveva un nome, ma non è importante) riuscirono ad unire le forze e ad affrontare in battaglia Eraclio, che riuscì miracolosamente vincitore. Poco dopo, Eraclio piombò anche sull’esercito di Shahin. Una volta battutolo, riuscì a ritirarsi (combattendo) fino a tornare a Cesarea nell’autunno del 625.
In seguito a questa umiliazione, Chosrau II decise di prevenire ulteriori attacchi ordinando un assedio coordinato con gli Avari della capitale, Costantinopoli.
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Nota: gli spostamenti sono in gran parte ricostruiti grazie al lavoro di Kaegi (Heraclius) e Johnston (the last great war of antiquity) ma sono tutti soggetti a discussione, non avendo esatte mappe degli spostamenti degli eserciti. Si tratta di ricostruzioni, per quanto fonda
L’ULTIMO ESERCITO DEI ROMANI (620-624), ep. 120
Nel 622, durante la terribile “ultima guerra dell’antichità”, ovvero la guerra romano-persiana del 602-628, la situazione disperata dei Romani iniziò a giocare a loro favore.
Avendo perso Egitto, Siria, Palestina, Cilicia, Armenia e Mesopotamia, i Romani furono in grado di concentrare tutte le truppe rimanenti in un singolo esercito, l’ultimo esercito dei Romani.
Nel 622, Eraclio radunò questo esercito in Bitinia (Nicomedia) mentre il nemico attaccava l’altipiano anatolico, con l’obiettivo di conquistarlo. Dopo aver esercitato i suoi uomini al punto di renderli una forza capace di operare come un vero esercito, Eraclio attraversò l’altipiano e riuscì ad ottenere un successo contro l’ancora imbattuto Shahrbaraz, uno dei due principali generali sasanidi.
Nello stesso anno, però, gli Avari attaccarono Thessalonica: dalla mappa, si può capire come la stretta tra Avari e Persiani poteva essere mortale per l’Impero. Si comprende quindi come Eraclio fece di tutto per giungere ad un accomodamento con gli Avari: prima nel 623 (a rischio della sua vita) e poi nel 624, in preparazione di una nuova campagna persiana.
Questi però, nel corso del 623, conquistarono Ancyra sull’altopiano anatolico e – con una nuova flotta mediterranea – presero Rodi, crocevia delle comunicazioni mediterranee.
Per giocare quindi il tutto e per tutto, Eraclio – nel 624 – decise di abbandonare l’Anatolia al suo destino e marciò con il suo esercito verso le montagne dell’Armenia, alla ricerca di una via di ingresso al cuore dell’Impero persiano.
DIO, AIUTA I ROMANI! (613-620), ep. 117
L’ULTIMA GRANDE GUERRA DELL’ANTICHITA’: i Persiani distruggono le difese romane (613-620)
Nel 613, un’offensiva combinata degli eserciti romani d’Anatolia e d’Egitto, per la prima volta comandati dall’Imperatore Eraclio in persona, fu sconfitta nei pressi di Antiochia dai Persiani. Quello che seguì, nel resto del decennio, fu una continua avanzata dei Sasanidi.
Il colpo peggiore arrivò nel 614: la Palestina, e Gerusalemme, furono occupate. Gerusalemme, dopo un’iniziale occupazione pacifica, fu conquistata violentemente in seguito ad una rivolta romana e saccheggiata. La “vera croce” fu portata in Persia.
Nel 615, Shahin invase il cuore dell’Impero romano, giungendo fino al Bosforo e negoziando direttamente con l’Imperatore. Khosrau II si rifiutò però di accettare qualunque concessione ai Romani, e diede ordine di mettere a sacco l’oriente romano e invadere l’Egitto
Questa fondamentale regione fu conquistata nel 619, interrompendo per la prima volta dal III secolo le annuali spedizioni di grano verso la capitale.
In Iberia, Re Sisebut dei Visigoti conquistò Malaga e lasciò ai Romani un piccolo territorio. Nei balcani, continuarono gli insediamenti di Slavi in quasi tutto il territorio, mentre le armate avare occupavano e saccheggiavano buona parte di quello che restava, dalla Dalmazia alla diocesi della Dacia e della Tracia.
In Italia (come narrerò) ci furono ribellioni delle forze esarcali nel 615 e 619, ma i Longobardi non ne approfittarono per attaccare l’Impero, mantenendo il loro trattato annuale di pace con Eraclio.
Come narro nell’episodio 117, Eraclio fu dunque costretto ad una terribile austerity e a riorganizzare quello che restava (poco) delle sue forze.
Per saperne di più, ascoltate l’episodio 117!
Lo trovate su http://www.italiastoria.com o direttamente al link in basso su Spotify:
L’EUROPA DI COLOMBANO, ep. 116
Mappa degli (interminabili) viaggi di Colombano, tra il 590 e il 615.
Nato nella regione di Leinster, Colombano divenne un monaco nel monastero irlandese di Bangor, in Ulster. Nel 590, con dodici seguaci, sbarcò in Franchia e arrivò alla corte di Guntram di Burgundia, dove riuscì a farsi dare l’autorizzazione e le terre per fondare un monastero ad Annegray, per poi fondarne altri tre (tra i quali Luxeil, il più importante).
Colombano, tra il 590 e l’inizio del VII secolo, Colombano vissè in Burgundia, antagonizzando i vescovi locali e scrivendo spesso ai Papi di Roma (tra i quali Gregorio Magno).
Ma poi, in Burgundia, arrivò Brunhilde, un’altra personalità forte che non amava altre personalità forti. Brunhilde espulse Colombano (in rosso) che fu accompagnato alle foci delle Loira per essere messo su una nave, direzione irlanda (solo andata).
Ma Colombano riuscì in qualche modo a liberarsi e si rifugiò in Neustria, dai nemici di Brunhilde, e poi di qui in Austrasia, dove re Theudebert II gli diede la possibilità di fondare un nuovo monastero a Bregenz, in Svizzera. Un suo discepolo, Gallo, fondò invece il monastero che un giorno si chiamerà San Gallo.
Nel 612, Brunhilde conquistò l’Austrasia e allora il nostro monaco decise di cambiare aria, attraversare le Alpi e giungere alla corte dei Longobardi, a Milano, presso Teodolinda e Agilulfo. Nel 613, gli fu donato un territorio ampio intorno alla chiesa di San Pietro di Bobbio, con lo scopo di fondare il primo grande monastero del regno Longobardo. Qui morì nel 615.
—
Colombano, nelle sue lettere, è il primo a parlare di “Europa” come di una comunità cristiana-occidentale, e per questo è considerato uno dei precursori della moderna Europa: per scoprire come mai, ascoltate l’episodio 116!
Il Friuli (610-613), ep. 114
Situazione politica del Mediterraneo al 613: l’Impero Romano domina ancora l’intero “Mare Nostrum”, dalle colonne d’Ercole all’Oriente, ma il suo controllo si affievolisce progressivamente.
In Oriente, è iniziata nel 602 l’ultima grande guerra romano-persiana. I Persiani (al 602 in rosso) hanno conquistato una serie di territori (in arancione) fino al fiume Eufrate, come descritto nell’episodio 113 del podcast. Nei primi anni del regno di Eraclio (salito al potere nel 610) riescono a conquistare anche gran parte della Siria, introducendosi perfino negli altipiani anatolici.
I due generali persiani protagonisti della guerra sono Shain (in Anatolia) e Shahrbaraz, in Siria. Al 613, sono arrivati a controllare i territori in giallo. I Persiani conquistano anche Antiochia e Damasco, e ormai minacciano Gerusalemme.
I Romani, per far fronte a questi disastri, hanno a disposizione due grandi eserciti, al 613 (in viola) comandati da parenti di Eraclio, Teodoro e Niketas.
Per rafforzare questi due eserciti, però, i Romani sono costretti ad indebolire la frontiera danubiana. Gli Slavi irrompono di nuovo nei confini, la parte pixellata in blu è esposta alle loro incursioni ed insediamento.
In contrasto con la situazione orientale, l’Italia è in pace: Agilulfo ed Eraclio continuano a confermare le tregue annuali.
In Occidente, il regno dei Franchi vive gli ultimi sconvolgimenti della faida reale tra Neustria e Austrasia di Brunhilde. Alla fine è Chlothar II della Neustria a trionfare e diventare Re di tutti i Franchi (613).
I Visigoti, in Iberia, si sono convertiti al cattolicesimo e hanno rafforzato la monarchia con una serie di riforme, si apprestano a passare all’attacco dei territori imperiali rimasti, conquistati da Giustiniano.
Episodio 113: i consoli di Cartagine
L’ultima guerra dell’antichità, prima fase: 602-610.
L’Impero romano aveva vinto la guerra del 572-591 appoggiando una parte della guerra civile persiana, quella di Khosrau II, l’ultimo grande Re dei Re persiani. Come ricompensa, i confini dell’Impero romano erano stati grandemente ampliati a oriente (vedere linea rossa).
Questa situazione rimase inalterata per solo un decennio, fino al 602, quando Maurizio perse la vita nella ribellione che portò al potere Focas.
Khosrau II ne approfittò per attaccare su due fronti: quello mesopotamico (vicino a Dara) e quello armeno. Nel giro di pochi anni, questi due fronti saranno nella mani di due capacissimi generali persiani: Shahrbaraz e Shahin. Il primo sul fronte mesopotamico-siriano, il secondo su quello armeno.
Focas provò a contrastare i Persiani, ma le sconfitte si accumularono alle sconfitte. All’inizio però, l’avanzata persiana non fu rapidissima e ci vollero diversi anni di dura guerra per avere la meglio sulle fortezze romane di confine. I Persiani furono aiutati fino al 607 dalla presenza nel loro campo di Teodosio, in teoria erede di Maurizio. Questi però morì presto.
Nel 608, Cartagine e il suo esarca Eraclio (senior) si ribellarono a Phocas. Questi fu costretto a dirottare uomini e risorse per la difesa dell’Egitto, aprendo la via ai Persiani.
Al 610, dopo il caos causato in oriente dall’invasione eracliana dell’Egitto, la linea del fronte era arrivata praticamente all’Eufrate, frontiera romano-persiana nel I secolo d.C. Ma il peggio per i Romani doveva ancora venire.
Episodio 109: L’origine di Venezia
Mappa della provincia della Venetia-et-Histria entro i suoi confini tardo-imperiali (nell’alto Impero includeva anche l’attuale Slovenia, con la sua capitale Emona, Lubiana).
Si può notare la più grande metropoli della regione, Aquileia, che costituisce uno snodo fondamentale della regione, all’incrocio di più direttrici (Verso il Norico, la Pannonia e capolinea delle principali vie della regione). Aquileia era anche un grande porto, anche se nei secoli le attività marittime si spostarono verso il suo porto lagunare, Grado.
Le altre città più importanti al bordo della grande laguna altoadriatica (che andava da Ravenna fino a Grado) erano Altino, (la più vicina alla moderna Venezia) e Concordia (Portogruaro). Padova aveva un porto lagunare (Metamauco).
Sulla pianura, le città più importanti erano Verona (una delle tre capitali di Teodorico, con Ravenna e Pavia), Brescia, Oderzo, Treviso e Cividale (Forum Iulii): Cividale sarà la prima città ad essere conquistata dai Longobardi, fondando l’importantissimo ducato del Friuli.
La più importante città montana, crocevia della via Claudia Augusta, era invece certamente Tridentum-Trento.
Le principali vie della regione erano la via Annia (che costeggiava la laguna) e la via Postumia (che da Genova, passando per Piacenza, Cremona, Verona e Oderzo giungeva ad Aquileia). La Via Claudia Augusta, nei suoi (probabili) due rami congiungeva l’Italia settentrionale alla Raetia. Un asse fondamentale, da Aquileia, portava verso la Pannonia e di qui a Costantinopoli, diventando la Via Militaris.
Episodio 104: Un nuovo Stilicone
Situazione dei confini (approssimativi) interni all’Italia a fine VI secolo.
L’Impero romano domina ancora il Mediterraneo occidentale, ma l’Italia è un puzzle di pezzi longobardi e imperiali. La prima distinzione amministrativa è tra i vari governi imperiali: l’Esarcato d’Africa non governa solo il nordafrica, ma anche la Sardegna e la Sicilia (con problemi di coordinamento quando si tratta di difendere queste isole dalle incursioni provenienti dall’Italia, come nel 598). L’Africa è una regione prospera, che continua a godere di relazioni economiche con tutto il Mediterraneo, dall’Iberia a Costantinopoli.
La Sicilia è una Prefettura indipendente, governata direttamente da Costantinopoli tramite il Prefetto a Siracusa. Di importanza strategica, militare ed economica, la Sicilia è un mondo a sè rispetto al resto d’Italia.
Nella penisola, i territori imperiali sono governati dall’Esarca d’Italia, a Ravenna. La difficoltà dei collegamenti tra le varie componenti dell’esarcato rende però le varie regioni difficili da coordinare: i duchi (Duces) e i Magistri Militi delle varie regioni assumono quindi un’importanza crescente. Roma e Napoli sono rette da duchi (spesso sotto l’influenza informale di Papa Gregorio Magno), la Venetia-et-Histria ha quasi certamente un Magister Militum. Il principale esercito esarcale è ovviamente a Ravenna.
I Longobardi, a loro volta, sono divisi in tre entità principali: il Regno a nord, e i ducati più o meno indipendenti di Spoleto e Benevento (anche se penso che la loro indipendenza sia stata esagerata: agiscono chiaramente in coordinamento con Agilulph dopo la sua discesa a Roma nel 593-594 e fino alla sua morte, e oltre). All’interno del Regno longobardo del Nord, la capitale è Milano – Agilulph vive nel palazzo imperiale – ma una sede alternativa è Monza, con il suo palazzo e la sua grande cattedrale voluti da Teodolinda. Pavia mantiene il ruolo di principale luogo di adunata dell’esercito.
All’interno del Regno longobardo, i ducati di Toscana (Lucca) e Friuli (Cividale) sono particolarmente autonomi e lontani dall’autorità regia, sopratutto quest’ultimo tende a perseguire spesso una politica filo-imperiale.
Infine, ricordo che Aosta e Susa sono state conquistate dai Franchi, che le detengono come basi avanzate per l’Italia e come modo per bloccare le vie d’accesso alla Borgogna.
Episodio 99: Teodolinda e Agilulph
Ho realizzato questa mappa modificando (e IMHO migliorando) un ottimo paper sulle guerre longobardo-bizantine che trovate al link in calce.
La situazione tra il 590 e il 592 (episodio 99) era molto fluida, quindi i “confini” sono al più stime e supposizioni, basate sulle fonti (in particolare le lettere di Gregorio Magno, ma non solo) e i ritrovamenti archeologici (in particolare, ho usato papaer del prof A.R.Staffa).
Nell’Italia peninsulare c’erano tre ducati longobardi: Toscana (Grimarit), Spoleto (Ariulph) e Benevento (Arichis). Grimarit sembra aver accettato l’autorità del nuovo regno longobardo (Authari e Agilulph) sin dall’inizio. Ariulph e Arichis, invece, sembra fossero degli ufficiali imperiali, forse venuti in Italia con l’Esarca Romano dall’Oriente. Alla sconfitta di Romano nel 590 si ribellarono, presero possesso dei ducati longobardi peninsulari e passarono all’attacco dei territori imperiali.
In BLU trovate le aree che “probabilmente” furono attaccate e in parte conquistate dai Longobardi in questi anni. In VIOLA, l’area conquistata da Spoleto nel 592. Da qui Ariulph di Spoleto mosse ad assediare Roma, per poi essere “convinto” a ritirarsi da un accordo con Gregorio Magno.
L’Esarca non ne fu affatto contento: mosse verso Roma, prelevò la guarnigione romana (il grosso almeno) e riprese il territorio in Viola (che costituirà poi il cosiddetto “corridoio bizantino” lungo la via Amerina).
Tutto questo convinse però Agilulph ad intervenire: nel 593 marcerà contro Roma, per metterla a sua volta sotto assedio (come narro nell’episodio 101)
Paper:
https://www.academia.edu/…/MAPPARE_LA_GUERRA_NELLITALIA_BIZ
Episodio 98: il Diluvio
La guerra del 590: il regno dei Longobardi sull’orlo della disfatta.
Nel 590, l’Impero organizzò una manovra micidiale a tenaglia per costringere i Longobardi di Authari alla resa.
Nel 589 il grande disastro della rotta della cucca (forse naturale, forse causato dai Longobardi, forse entrambe) trasformò l’area del basso veneto in un impassabile acquitrinio semiabbadonato.
Un’altra colonna di Franchi discese per il passo di Resia, che collega la valle dell’Inn con la Val Venosta. Qui presero e saccheggiarono diversi castelli, individuati sulla mappa da dei bollini verdi e riportati da Paolo Diacono.
In contemporanea i Romani attaccarono dall’Esarcato, prendendo Modena e portando a loro i ducati di Piacenza, Parma e Reggio Emilia.
Romano si attestò quindi a Mantova, in attesa di ricongiungersi con i Franchi in Val d’Adige.
Questi avevano però un ostacolo da passare: Verona, possente fortezza a guardia dei ponti sull’Adige. I Longobardi sfruttarono le mura e la barriera dell’Adige per impedire ai Franchi di ricongiungersi con i Romani. I Franchi non riuscirono (o non vollero) prendere Verona, senza il loro aiuto Romano non se la sentì di ricongiungersi con i franchi accampati presso Milano.
La stagione di guerra si concluse con i Franchi presso Milano che si ritirarono precipitosamente, dopo aver sofferto malattie e fame. Authari era riuscito a sopravvivere al più importante tentativo di sloggiare i Longobardi dal nord Italia.
Poche settimane dopo Authari era morto, forse avvelenato, e si annunciò una difficilissima successione al fragile trono di Pavia.
Episodio 97: il sogno di Authari
Mappa della situazione strategica in nord Italia (e dintorni) tra il 584 e il 588.
In BLU: il regno dei Longobardi ricostituitosi nel 584, sotto il controllo di Flavio Authari. In AZZURRO: le conquiste di Authari nel periodo (e la missione in Venetia del suo Duca Ewin di Trento). Authari conquistò l’Isola Comacina (ancora controllata da Francione, Magister Militum imperiale) e Brescello (il paese di Don Camillo e Peppone era controllato dal longobardo Droctulph, un ufficiale imperiale).
in VERDE: i regni dei Franchi (Burgundia di Guntram e Austrasia di Brunhilde). I Franchi attaccarono a più riprese i Longobardi, attraverso i passi retici controllati da FRANCIONE (fortezza dell’Isola Comacina, conquistata da Authari nel 588.
In ARANCIONE: i Bavaresi (o Baiuvarii) di Garibald. Garibal era probabilmente di origine franca ed era stato messo al suo posto dai Franchi, ma a questa data aveva già raggiunto una notevole indipendenza.
in MARRONE: gli Avari, che si sono espansi verso Sirmio e a sud della vecchia frontiera (la Sava). Fuori mappa: oramai sono in costante campagna nei Balcani, fin quasi sotto le mura di Costantinopoli. —Per acquistare il mio libro “Per un pugno di barbari” andate al link seguente:https://amzn.to/3Bek737
Episodio 95: la faida
Il regno, come da abitudine franca, fu diviso tra i quattro figli di Clothar, mentre una figlia invece l’aveva data in sposa ad Alboin, Re dei Longobardi.
Il regno dei Franchi si era quindi scomposto nella sua tradizionale divisione quadripartita: l’Austrasia – la parte orientale del regno a cavallo del Reno – andò a Sigebert. Questa era la parte più “prestigiosa” del regno perchè il più antico dei domini dei franchi. Nella mappa è in blu: notare come l’area sia a cavallo dell’antica frontiera dell’Impero Romano (tratteggiata), anche se va detto che la parte più organizzata (e tutti i vescovi) erano all’interno dell’antica frontiera renana.
la Neustria – l’area attorno a Parigi – e l’Aquitania andarono a Charibert: quest’area è in arancione sulla mappa. L’Aquitania, a sud della Loira (da Nantes verso sud) era l’area più romanizzata del regno dopo la Provenza e aveva tendenze autonomiste rispetto alla Neustria (come si vedrà nel caso di Gundovald). Charibert morì presto (nel 567) portando alla divisione dei suoi territori tra i tre figli rimasti.
la Burgundia o Borgona, ovvero la parte del regno attorno alla valle del Rodano – andò a Guntram. Antico regno indipendente, Guntram fece di Chalon-sur-saone la sua capitale. Nel 574, la Burgundia fu invasa dai duchi dei Longobardi, per tutta risposta, Guntram conquistò loro Aosta e Susa, nel 575.
Questi tre erano figli di Ingund, la prima delle due sorelle sposate (in contemporanea!) da Chlothar.
Dalla sorella di Ingund, Aregund, Chlothar ebbe invece Chilperic, che divenne Re di un piccolo regno corrispondente grosso modo alla Francia settentrionale e al Belgio occidentale (in arancione): questo era di gran lunga il più piccolo dei quattro ed è detto regno di Soissons. Curiosamente, dopo molte vicissitudini, sarà da Chilperic che nasceranno le future generazioni di Re merovingi.
Episodio 94, un nuovo regno
Episodio 93: i Duchi
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Episodio 83: l’impero dei Franchi
Il regno dei Franchi, all’ascesa di Clovis (481) includeva solo l’area in marrone attorno a Tournai, la capitale ancestrale dei Franchi salii. Trenta anni dopo, dopo aver inglobato l’area di Siagrio (486) dei Franchi ripiari e di parte degli Alemanni e dopo aver sconfitto i Visigoti a Vouillè, il regno dei Franchi alla morte di Clovis includeva buona parte della Gallia nord-occidentale e parte della moderna Germania renana.
Teodorico costruì una rete di alleanze per imbrigliare la potenza espansiva del regno dei Franchi: si alleò con Alemanni, Burgundi e Turingi, costruendo un cordon sanitaire attorno ai Franchi. La potenza militare dell’Italia era troppo forte per essere sfidata finchè Teodorico era vivo. Lo fortuna della Franchia fu il caos dinastico che afflisse l’Italia alla morte di Teodorico, nel 526. I Franchi sentirono che era arrivata la loro occasione: nel 531 colpirono ad est, distruggendo il regno dei Turingi, nel 534 – l’anno in cui Amalasunta perse la vita – distrussero i Burgundi. Nel 536 acquisirono dal Regno d’Italia la Provenza, la preda più ambita che gli aprì la porta ai commerci con il mediterraneo, fino ad allora preclusi dall’Impero di Teodorico.
Dopo la pausa all’espansione imposta dalla peste di Giustiniano (che colpi la Gallia nel 542), i Franchi si espansero verso est, sottomettendo i Baiuvarii (antenati dei Bavaresi) e ottenendo da Totila – nel 547 – il dominio sul Veneto. Questa espansione fu effettuata sopratutto da Theodebert di Austrasia ma dopo la morte di suo figlio Theodebald, nel 555, il regno passò a Chlothar I che poi riunì tutto il regno dei Franchi alla morte del fratello Childebert. Fu questo l’apogeo dei Merovingi.
La divisione politica dei regni non era però sempre così chiara e dipendeva molto dal volere dei sovrani. Ad esempio Chlothar divise il regno tra i quattro figli in modo diverso, si vede la divisione nella mappa in basso. Notare come Sigebert aveva il territorio più importante (Austrasia) e altre aree rilevanti in Auvergne e Provenza (zone più ricche dove era sopravvissuta l’organizzazione romana e c’erano importanti entroiti dai commerci).
Episodio 81: la tomba dei Goti
Ecco alcuni schemi della battaglia di Busta Gallorum:
Episodio 80: guerra totale
550: in seguito al fallimento delle negoziazioni con Giustiniano (mai davvero partite) Totila lancia una serie di invasioni: con la flotta adriatica fa saccheggiare le coste della Gregia e dell’Epiro, con l’esercito muove contro Reggio Calabria e poi invade e conquista buona parte della Sicilia.
Sul finire dell’anno arriva una flotta di soccorso da Costantinopoli, al comando dell’ottuagenario Liberio. La flotta sbarca a Siracusa, ma presto l’esercito soffre la fame, assediato da Totila. Liberio riprende il mare e sbarca a Palermo.
Nel frattempo, dopo aver iniziato a concentrare le sue truppe a Serdica (moderna Bulgaria), Germano – il cugino di Giustiniano – arriva con la sua immensa spedizione in Dalmazia e inizia a preparare l’invasione dell’Italia per il 551. Per far fronte a Germano, Totila torna a Roma sul finire dell’anno. Morte improvvisa e imprevista di Germano, Giovanni il sanguinario nominato al suo posto
551: Artabane – generale armeno – sbarca in Sicilia, sostituisce Liberio e in poco tempo costringe i presidi di Totila alla resa, recuperando la Sicilia. Totila invia una flotta per prendere possesso di Corsica e Sardegna, che dipendono amministrativamente da Cartagine. Il generale imperiale in Africa – Giovanni Troglita – invia una spedizione di soccorso a Cagliari che viene però battuta.
Giovanni il sanguinario continua a radunare la grande spedizione per la riconquista dell’Africa ma, prima di partire, Giustiniano gli dice di non muoversi e di attendere l’anno seguente. Ha deciso di rafforzare ancora la spedizione e di nominare il suo fedele aiutante eunuco al comando supremo: Narsete.
EPISODIO 79: la guerra va a Sud
Episodio 78: la morte di Roma
Dopo la guerra-lampo del 542-543, la maggior parte dell’Italia è controllata da Totila e il suo Regno d’Italia, ma l’Impero mantiene il controllo delle due città principali: Roma e Ravenna, oltre che una serie di città-fortezza nel centro italia e nel sud. Le prime azioni di Totila, nel 544, sono proprio volte a prendere le città del centro italia: cadono Ascoli, Fermo, Spoleto, Assisi.
Nel frattempo Belisario giunge a Ravenna dalla Dalmazia, qui prova ad organizzare la difesa di Osimo ma la città cade ugualmente. A questo punto Belisario si reca via mare in Epiro (Grecia) per inviare messaggeri a Giustiniano e chiedere rinforzi: questi invia Giovanni il sanguinario e qualche migliaio di soldati. Nel frattempo Totila stringe la morsa attorno a Roma: cattura Albano e porta il suo esercito alle porte della città, iniziandone l’assedio. Per avere il massimo delle forze, per bloccare vie di ingresso in Italia per gli imperiali via terra e per proteggersi le spalle, Totila raggiunge un accordo con Theodebert di Austrasia, uno dei Re dei Franchi: gli cede gran parte della provincia Venetia-et-Histria (in verde) in modo da concentrare la guerra contro l’Impero. Nel 546 Belisario torna in Italia con i rinforzi: si dirige via nave a Porto (Fiumicino) forzando il blocco navale nel Tirreno messo su dai Goti. Nel frattempo Giovanni muove da Dryus (Otranto) alla riconquista del sud Italia, attraverso Canosa e poi il Bruzio. Contravvenendo agli ordini di Belisario, non si reca in seguito a Roma ma va a svernare in Puglia. Belisario, privo del supporto di Giovanni, prova a forzare il blocco di Roma per farvi giungere provviste. Una grande battaglia sul Tevere è però inefficace. Alla fine, il 16 Dicembre del 546, la città viene riconquistata da Totila.
Episodio 77: Totila
Episodio 75: Khosrau vs Giustiniano
Da Antiochia Khosrau si diresse al mare, per un bel bagno nell’ex “mare nostrum”, di qui andò ad Apamea, la capitale della Syria II: qui assistette a gare del circo in suo onore. Si ritirò quindi taglieggiando altre città siriane e mesopotamiche, come Chalcis, Carre, Costantina. Finalmente provò a prendere Dara, al fortezza a guardia della frontiera più importante dell’impero Romano, senza successo.
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Episodio 71: Via Flaminia
Episodio 69: l’assedio di Roma
Roma nel tardo impero è ancora una metropoli, circondata dalle mura aureliane.
La città imperiale si estendeva in grandissima parte ad est del Tevere, pertanto il grosso della cerchia delle mura era ad est del fiume, solo il moderno quartiere di Trastevere era circondato da mura ad ovest del Tevere. Sulle mura si aprivano 14 porte principali, più diverse altre minori: molte di queste porte esistono ancora oggi, come è ancora visibile la gran parte del circuito murario voluto da Aureliano. A nord della città, vicino al Tevere, c’era la Porta Flaminia, la moderna Porta del Popolo, poi abbiamo Porta Pinciana, Porta Salaria e Porta Nomentana. Tra la Nomentana e la Tiburtina, ad est della città, c’era l’oramai abbandonato accampamento dei pretoriani, il Castro Pretorio, le cui porte erano state chiuse. Più a sud della Porta Tiburtina abbiamo la Porta Prenestina. Il grosso dell’esercito dei Goti era concentrato in questa sezione delle mura, tra la Flaminia e la Prenestina. Un distaccamento era invece presente ad ovest del fiume, in quello che oggi è il quartiere Prati e allora era chiamato i prati di Nerone, un quartiere a poca distanza dalla tomba di Adriano, oggi Castel Sant’Angelo. La tomba di Adriano era già stata fortificata a questi tempi e fungeva da fortezza a guardia dei ponti che attraversavano in quel punto il Tevere, non distante dalla moderna Piazza Navona. Il circuito murario a sud di Roma non fu invece investito dai Goti: anche con 30.000 uomini, questi non erano sufficienti per circondare l’intero interminabile circuito delle Mura aureliane. I Goti organizzarono l’esercito in sette accampamenti, ognuno con un suo comandante: oltre a quello a Trastevere, gli altri sei erano di fronte alla sei porte principali: Flaminia, Pinciana, Salaria, Nomentana, Tiburtina e Prenestina.
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Episodio 65: il trionfo di Belisario
Le seguenti 4 mappe illustrano la battaglia di Ad Decimum, davvero complessa
Episodio 63: Nika
Una ricostruzione del centro di Costantinopoli, utile ad orientarsi nelle vicende della rivolta di Nika.
il centro della nostra storia è l’Ippodromo di Costantinopoli, nel cuore della penisola sulla quale giace la capitale dell’impero. Collegato al circo con un passaggio riservato all’imperatore c’è il vasto complesso palatino. A nord del circo c’è l’Augusteion, una piazza porticata rettangolare sulla quale si affacciano l’ippodromo a sud, a est l’ingresso monumentale al palazzo – la porta Chalke – e la sala del Senato imperiale, a nord la cattedrale di Costantinopoli, l’Haghia Sophia di Teodosio, non ancora l’attuale Haghia Sophia. A ovest dell’Augusteion parte il grande viale porticato che forma l’asse portante della città: la Mesi. Viaggiando verso ovest lungo la Mesi ci si allontana dal centro e si va in direzione delle grandi mura teodosiane: a poca distanza dall’Augusteion c’è la più monumentale delle piazze costantinopolitane, il foro di Costantino, una piazza quasi circolare con archi di trionfo ad ogni ingresso della Mesi.
In basso una visione più complessiva: il quartiere imperiale è l’angolo sudorientale della penisola di Costantinopoli a guardia del Bosforo (lo stretto passaggio verso il Mar Nero) e stretta tra il Corno d’Oro e il Mar di Marmara. Dall’altro lato del Corno d’Oro c’è il quartiere di Sycae, dove verranno assediati gli affiliati dei Demi Blu e Verde.
Episodio 62, Belisario
Sistemazione dei Romani (rosso) e Persiani (blu) all’inizio della battaglia di Dara, oggi nella Turchia sudorientale.
Alle spalle dei Romani c’è la fortezza di Dara: Belisario ha scelto di non rimanere al sicuro dietro le mura ma di sfidare sul campo i Persiani. Sui lati di entrambi gli sfidanti si ergono delle colline di altezza contenuta, che formano una ampia gola nella quale si sistemano i due eserciti.
La linea sono le trincee fatte scavare da Belisario: una linea non dritta, ma volta a posizionare in posizione avanzata le due ali di cavalleria, mentre la fanteria resta più vicina alle mura, anche per raggiungerle più facilmente in caso di sconfitta.
Le unità barrate sono la cavalleria, le altre fanteria. Sulle ali Belisario ha la cavalleria pesante armata di arco. Sugli angoli della linea (le piccole unità di cavalleria), abbiamo gli Unni. Dietro la collina a sinistra Belisario ha una unità di 300 cavalieri Eruli. I Persiani a loro volta hanno la cavalleria sulle ali e la fanteria al centro. La cavalleria persiana è circa il doppio di quella romana. In generale, le stime per i Persiani danno 50.000 uomini, forse un pò meno, per i Romani 25.000. Partecipano alla battaglia alcune delle migliori unità persiane, tra i quali i celebri immortali.
Episodio 54: battaglia per la Gallia (506-514)
Episodio 48: il ritorno del Re
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