Un percorso nelle fonti dell’alto medioevo

Questo libro è una rarità nel panorama editoriale italiano, in quanto non è strettamente parlando un saggio su un periodo o su un tema, ma un’interpretata raccolta di fonti sull’alto medioevo italiano, spesso erroneamente definito “senza fonti”.
Stefano Gasparri è uno dei più importanti storici italiani del dopoguerra per quanto riguarda l’alto medioevo. Ha realizzato molte opere, in particolare sui Longobardi, contribuendo alla rinascita dell’interesse sulla storia italiana e longobarda tra i secoli VI e IX.
In questo breve trattato (circa 170 pagine) Gasparri mette a disposizione del grande pubblico una serie di fonti, reintepretate per gettare luce sull’evoluzione della società italiana in questi secoli. La prima fonte è la più classica: Paolo Diacono, riletto però alla luce della moderna ricerca storica. Il primo capitolo, dedicato all’epoca dei “duchi”, in teoria la più distruttiva della storia longobarda, è assolutamente illuminante.
Le seguenti sezioni, se si vuole, lo sono ancora di più: “Arezzo contro Siena” è la storia di una contesa secolare tra due città per definire i confini delle rispettive giurisdizioni, una vicenda legale che spiega il funzionamento della legge e delle istituzioni dell’Italia longobarda: Gasparri rivaluta l’importanza del Re e dell’apparato statale. Tutto questo ci è stato trasmesso dal celebro “rotolo n.3” dell’archivio diocesano di Arezzo.
In “Storie di schiavi, servi e contadini“, Gasparri getta luce, per quanto si può, sull’oscuro mondo delle campagne longobarde: la relazione tra liberi e servi, i contratti, i matrimoni, le successioni. In “Salvarsi l’anima” si parla delle importanti donazioni che, a partire dall’epoca di Liutprando, i Longobardi fanno alla chiesa, svelando molto sulla società dell’ottavo secolo. Si parla poi di Comacchio e del commercio sul Po, delle origini di Venezia, della nascita del patrimonio di San Pietro e dell’Italia carolingia.
Nonostante Gasparri si sforzi di essere chiaro e limpido nell’illustrazione, è comunque un’opera che richiede una certa conoscenza di base del periodo per essere apprezzata appieno. Eppure, nella sua semplicità e brevità, è quanto di meglio si possa chiedere per avere uno spaccato dell’Italia altomedievale.
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