Episodio 62: Belisario, testo completo

Ci siamo lasciati con Giustiniano e Teodora appena diventati imperatore e imperatrice dei Romani, mentre un giovane militare è stato fatto Dux della Mesopotamia, il suo nome è Flavio Belisario.

Immaginatevi dei soldati romani del sesto secolo, con le mani nervosamente sulle loro armi, avendo lasciato la protezione della loro grande fortezza alle spalle. Di fronte sanno che sta arrivando il più grande esercito del loro tempo, un’armata che li ha più volte sconfitti. I loro cavalli sollevano della polvere fino al cielo, nascondendone i movimenti.

Poi la foschia si dirada e di fronte hanno schiere su schiere di nemici, nelle loro armature lucenti. L’Iran è arrivato per infrangere la linea di difesa dei Romani e dilagare in Siria. Dalla loro i Persiani hanno l’esperienza, il numero e apparentemente la fortuna.

Voi avete solo il vostro coraggio, e Belisario. Dovranno bastare.

Per ascoltare il podcast cliccate in basso!

L’origine di Belisario

Sembra che Belisario sia nato nella città di Germana, oggi nella Bulgaria occidentale, la sua lingua natale era pertanto il latino, come d’altronde Giustiniano. Alla data della nostra storia, il 528, aveva tra i 25 e i 28 anni e anche per i tempi era davvero un generale molto giovane.

Non sappiamo quasi nulla su di lui ma il solo fatto che quello snob di Procopio non nomini la sua origine popolana nelle storie segrete ci fa intuire che appartenesse come Procopio alla classe gentilizia locale, quella classe dei decuriones di cui abbiamo spesso parlato. Non sappiamo come conobbe Giustiniano, ma è possibile che nella grande metropoli di lingua prevalentemente greca questi due giovani rampolli dei Balcani latinofoni finirono per avvicinarsi l’un l’altro. Sta di fatto che con tutta certezza Belisario era già al fianco di Giustiniano quando questi era solo il nipote dell’imperatore Giustino: Belisario era un ufficiale dei bucellari, la guardia personale di Giustiniano. Il fatto che divenne generale immediatamente dopo l’elevazione di Giustiniano al potere ci fa supporre che i due fossero intimi amici e che Giustiniano si fidasse della sue capacità e della sua fedeltà: il nuovo imperatore, come abbiamo già stabilito, aveva un infallibile fiuto a riguardo.

L’inizio della danza contro i Persiani

Le terre di confine tra l’Impero Persiano e l’Impero Romano: notare come Dara (sul fronte romano) e Nisibis (sul fronte persiano) siano le due grandi fortezze a guardia del più agevole passaggio tra i due imperi: a nord ci sono le montagne dell’Armenia mentre poco più a sud iniziava il deserto siriano (da Singara in poi)

Nel 528 Belisario e il suo segretario-aspirante-storico Procopio erano basati a Dara, la grande fortezza dei Romani a protezione della frontiera orientale, giusto di fronte all’equivalente persiano, Nisibis, la città che i Romani avevano perso con la disfatta di Giuliano in Mesopotamia. La guerra con i Persiani era in corso da un paio di anni, con risultati per lo più disastrosi per i Romani. Giustiniano sembra aver dato istruzioni di fortificare ulteriormente la frontiera, onde evitare devastanti incursioni: la tendenza a risolvere problemi con la calce e i mattoni sarà una costante del regno di Giustiniano.

Belisario inviò quindi dei soldati a costruire una seconda fortezza a sud di Dara e una terza più a nord, ma gli informatori al soldo dei Persiani informarono i generali del grande Re. Kavad inviò un esercito contro i soldati intenti nei lavori. Appena Belisario fu informato si premurò di mettersi a capo di una spedizione di soccorso in direzione della fortezza più a sud.

I Persiani avevano però uno scherzetto pronto nella manica, una tattica che avevano appreso nel sangue della terribile sconfitta inflittagli dagli Eftaliti. Nel 484 questi avevano scavato una trincea proprio di fronte alle loro linee, nascondendola con abilità. La seguente carica persiana era finita nella trappola e si era fatta massacrare, assieme al Re dei Re Peroz. Ora i Persiani restituirono il favore ai Romani: anche loro caddero nella trappola, uno dei comandanti di Belisario fu ucciso ma il Dux Mesopotamiae riuscì a disimpegnare la cavalleria che tornò a Dara: la fanteria fu abbandonata alle grinfie dei persiani, finirono tutti o morti o catturati.

Anche a nord di Dara i Romani furono sconfitti nuovamente dai Persiani: il morale delle forze romane a questo punto doveva essere davvero a terra. La guerra, iniziata nel 526, era andata di male in peggio per le forze romane. I Persiani avevano avuto la meglio in ogni scontro: il fatto è che il nuovo esercito di Belisario aveva sì la migliore cavalleria che i Romani avessero mai avuto e aveva sì adottato alcune delle micidiali tattiche degli Unni, ma i Persiani giocavano al gioco della cavalleria da svariati secoli e avevano una sorta di vantaggio “istituzionale” che era difficile da superare.

Kavad aveva inoltre attuato una serie di riforme per rendere l’esercito persiano ancora più formidabile: fino al suo regno l’organizzazione delle formazioni di élite della cavalleria era assomigliata molto ad un sistema feudale medievale, con le sette principali famiglie dell’impero che comandavano formazioni di nobili a cavallo non direttamente stipendiate dal Re dei Re ma dai nobili stessi. Kavad aveva cambiato tutto questo, professionalizzando l’esercito secondo le linee del suo vicino romano e dividendo l’Impero in quattro zone militari con l’equivalente persiano dei Magister Militum romani. Per finanziare il suo nuovo esercito professionale, Kavad iniziò una complessa riforma della tassazione basata sul modello Dioclezianeo: un censo dettagliato di tutte le proprietà dell’impero, sottoposte ad una tassazione sistematica in base al loro valore commerciale. Quello che non era cambiata era l’attenzione spasmodica che i Persiani dedicavano alla cavalleria: l’esercito persiano utilizzava la fanteria praticamente solo per gli assedi, per la protezione delle salmerie e per fare da assistenti e scudieri della cavalleria. Alla cavalleria pesante e leggera era affidato il compito di combattere le battaglie campali.

La combinazione tra la tradizionale forza della cavalleria persiana e la  nuova organizzazione dell’esercito aveva fatto dell’esercito persiano la più potente macchina da guerra della tarda antichità. Anche prima delle riforme di Kavad oramai da decenni, forse da secoli, i Romani non vincevano una grande battaglia campale contro i Persiani, forse si può risalire fino ai tempi di Diocleziano, tre secoli prima. I Romani erano riusciti a ingabbiare le forze persiane grazie ad una rete di città fortificate difficili da conquistare, ma non avevano ribaltato mai il vantaggio che i persiani parevano avere sul campo di battaglia. All’inizio della guerra si erano forse illusi che qualcosa fosse cambiato, la lunga lista di rovesci militari infertagli da Kavad dimostrava il contrario.

Magister Militum per Orientem

Insegna del magister Militum per Orientem (e alcune delle unità al suo comando) secondo la Notitia Dignitatum

Il morale delle truppe deve essere stato pertanto molto basso quando arrivò da Costantinopoli una inaspettata notizia: Belisario era promosso a Magister Militum per orientem, con il compito di coordinare l’intero fronte siriano mentre un Carneade veniva nominato a Magister Militum dell’Armenia. Era il 529 e Belisario passò l’intero anno a preparare le sue forze, cercando di allenare i suoi soldati al combattimento, ricostruendo pezzo a pezzo la fiducia in loro stessi: in guerra il morale dei combattenti è fondamentale, lo strategikon di Maurizio consiglia di non combattere battaglie dopo una sconfitta, perché il morale dei soldati non potrà sostenere una battaglia con un nemico che li ha appena battuti.

Non è chiaro per quale motivo i Persiani non passarono all’attacco in quell’anno, probabilmente anche Kavad stava organizzando le sue forze per sferrare una grande offensiva nell’anno seguente. I due imperi si limitarono a mobilizzare per la razzia le forze dei loro rispettivi alleati arabi, le grandi confederazioni arabe dei Ghassanidi, alleati dei Romani, e dei Lakhmidi, alleati degli iraniani.

A Dara la calma non era destinata a durare: nel Gennaio del 530 Belisario venne a sapere che un’immensa armata persiana, forte di quarantamila uomini, era diretta verso la fortezza tanto odiata dai Persiani. Al suo comando c’erano venticinquemila uomini di un esercito che da secoli non batteva sul campo i Persiani. Il buon senso avrebbe detto di chiudersi nella fortezza e sperare che le mura fossero un vantaggio sufficiente a superare la tempesta, un comandante diverso forse avrebbe dato ordine di ritirarsi per cercare rinforzi, abbandonando la fortezza ai Persiani.

Belisario ordinò al suo esercito di uscire da Dara: l’esercito dei Romani avrebbe affrontato i Persiani in campo aperto.

Belisario prepara la sua trappola

Il generale Peroz, al comando del sua forte esercito, decise di accamparsi pochi chilometri a sud di Dara: Peroz fece inviare un messaggero ai Romani, chiedendo a Belisario se non poteva fargli la gentilezza di tenergli un bagno in caldo, visto che intendeva lavarsi dentro Dara il giorno dopo. Belisario rimase tranquillo ma si diede immediatamente da fare per preparare al meglio il campo di battaglia. Il generale romano, come abbiamo visto, non era del tipo infallibile alla Alessandro Magno o Giulio Cesare: era caduto nella trappola delle trincee dei Persiani, ma ora intendeva utilizzare questa innovazione contro di loro. Non certo come sorpresa: sapeva di non poter sorprendere i Persiani, ma come un elemento fondamentale del suo piano di battaglia.

Posizioni dei Romani e dei Persiani prima della battaglia di Dara

Belisario fece scavare una lunga trincea, non però una semplice linea retta, ma con la sezione centrale arretrata di qualche centinaio di passi rispetto alle due ali. Il centro era a sua volta collegato con due trincee perpendicolari alle due trincee avanzate delle ali: immaginatevi la linea del fondo di un campo da calcio con un’area del portiere che però non si protende verso l’esterno ma verso l’interno: se non riuscite ad immaginarvela, ho postato una mappa della battaglia sul mio sito www.italiastoria.com. Le trincee non erano però continue: ad intervalli regolari si aprivano dei passaggi in modo da permettere ai soldati di Belisario di attraversare la linea protettiva alla bisogna: infatti la trincea aveva il ruolo principale di rallentare i nemici e di convogliarli verso passaggi obbligati, non di fermarli.

Dietro a questa trincea Belisario schierò i suoi, ovviamente su tre sezioni: destra, centro e sinistra, ma con una particolarità unica: al centro c’era la fanteria, ma appunto arretrata e più vicina alle mura di Dara, perché in caso di sconfitta avesse l’opportunità di ritirarsi più facilmente. Belisario era un attento e prudente comandate e non pianificava le battaglie solo per vincerle ma anche per evitare un disastro in caso di sconfitta, minimizzando le perdite. Posizionare la fanteria in posizione arretrata dava a Belisario altri due vantaggi: se i Persiani avessero attaccato al centro si sarebbero esposti all’attacco dai due lati, ma se avessero attaccato sulle due ali avanzate la sua fanteria, la parte dell’esercito della quale aveva la fiducia più bassa, sarebbe stata in larga parte non coinvolta dalla battaglia.

Non contento del potenziale vantaggio di questa posizione, Belisario aveva previsto di utilizzare altri due assi nella manica che lo schieramento inusuale dei romani era riuscito a nascondere ai persiani: sui due lati corti della trincea, perpendicolare alla linea principale, Belisario posizionò alcune unità di Unni, i più formidabili arcieri a cavallo della tarda antichità. Il loro compito era colpire ai lati quando, come era probabile, la forza del numero dei Persiani avrebbe costretto una delle due ali ad arretrare.

Inoltre siccome l’intera disposizione era stata realizzata in una relativamente stretta vallata, con colline su entrambi i lati dell’esercito romano, sulla collina sinistra Belisario nascose una unità di 300 cavalieri Eruli, su suggerimento del loro comandante che aveva fiutato l’occasione di poter sorprendere in questo modo il nemico. Questa è un’altra caratteristica di Belisario: la sua capacità di affidarsi all’ingegno e alla competenza dei suoi sottoposti.

Belisario stesso si piazzò al centro, dietro la fanteria, circondato dall’unità dei suoi bucellari, i cavalieri d’élite della sua scorta personale, che avrebbero funto da forza di riserva. Tutto era pronto.

Palestrato contro soldato

Quando il giorno dopo il generale persiano Peroz vide l’inusuale schieramento dei Romani, questi decise di non farsi un bagno dentro Dara ma di chiamare dei rinforzi da Nisibis: non sapeva cosa avessero in mente i Romani, ma chiaramente avevano preparato qualcosa: meglio non correre rischi ed utilizzare l’intera potenza di fuoco a sua disposizione.

La giornata fu passata tra brevi schermaglie di cavalleria, con i Persiani che chiaramente cercavano di comprare del tempo: si ebbe anche un episodio omerico, con un soldato persiano che sfidò a singolare tenzone un campione tra i Romani. A raccogliere la sfida fu una sorta di personal trainer di uno dei generali romani, un civile di Costantinopoli che veniva dalle palestre della città e che non aveva mai combattuto prima d’ora. Andrea, questo il suo nome, si fece avanti prima che chiunque potesse fermarlo ma il nostro palestrato inflisse con la lancia un colpo talmente forte al suo avversario che lo fece cadere da cavallo, per poi scannarlo con un coltello. Palestrato 1, professionista della guerra zero.

Un altro persiano cercò di sfidare Andrea, questa volta entrambi caddero a terra, ma il nostro palestrato fu più rapido a rialzarsi del suo sfidante “perché la pratica della palestra gli diede questo vantaggio”, ci dice Procopio, che assisteva all’intera scena. Mentre il suo nemico si levava sul ginocchio, Andrea lo colpì per sbilanciarlo e poi lo uccise una volta che fu a terra. Un urlo di trionfo  si levò dalle mura di Dara e dall’esercito romano: palestrato 2, professionista della guerra zero. So che molti mi ascoltano in palestra o facendo esercizio: sappiate ora che anche voi vi state preparando a gloriose gesta omeriche.

Nonostante il pessimo presagio, Peroz aveva raggiunto il suo scopo: diecimila soldati di rinforzo arrivarono da Nisibis, portando il totale disponibile al generale persiano a forse cinquanta mila uomini, il doppio di Belisario. Quel giorno era troppo tardi per combattere, quindi tutti tornarono agli accampamenti. Questa volta Peroz chiese a Belisario se non avesse avuto la gentilezza per il giorno dopo di preparargli un bagno caldo e anche un’ottima cena.

All’alba del terzo giorno, il generale persiano arringò i suoi, Procopio gli mette in bocca delle parole che non debbono essere state molto lontane dalla verità: “Vedo che vi preoccupate e vi domandate come mai i Romani ci attendono in ordine perfetto invece di avanzare loro stessi con la loro abituale confusione. Non crediate che i Romani siano diventati all’improvviso più bravi nell’arte bellica, o che abbiano acquistato maggiore abilità ed esperienza: loro temono i Persiani a tal punto che hanno avuto bisogno di scavare una trincea di fronte a loro per avere il coraggio di affrontarci. Ora li vedete calmi, ma appena la battaglia diventerà imminente il terrore e l’insicurezza sarà preda di loro, memori delle innumerevoli sconfitte che a memoria d’uomo hanno subito per nostra mano.”

La battaglia di Dara

Peroz fece avanzare la sua cavalleria sulle tre ali, tenendo i formidabili e leggendari immortali in riserva, pronti a colpire al primo accenno di difficoltà dei Romani. Fino a mezzogiorno i Persiani non si mossero, aspettando l’ora di pranzo quando i romani avevano l’abitudine di mangiare, mentre i Persiani mangiavano solo nel tardo pomeriggio: speravano di coglierli affamati e in debito di forze. Come previsto da Belisario, Peroz diede ordine di ignorare la trappola al centro dello schieramento romano e inviò le sue due ali a combattere contro le ali romane.

I primi assalti dei persiani durante la battaglia di Dara: i Persiani nella morsa dei Romani

La prima ala di Belisario a subire la forza dell’attacco fu la sinistra: i Romani furono costretti ad indietreggiare, mentre il fossato con i suoi stretti passaggi rallentava l’avanzata dei persiani. In quel momento Belisario diede agli Unni disposti alla sua sinistra il segnale di attaccare: attraverso i passaggi nel fossato gli Unni iniziarono a colpire i Persiani con i loro micidiali archi e le loro rapide cariche. Quando videro la situazione, i 300 Eruli nascosti sulla collina alla sinistra piombarono a loro volta alle spalle dei Persiani, facendo piovere una pioggia di frecce prima di caricare gli iraniani con la lancia. La cavalleria persiana all’improvviso si vide circondata su tre lati, presto iniziò l’inevitabile massacro che segue una situazione del genere: quando si ritirarono, i persiani avevano lasciato sul campo 3000 soldati.

Sulla destra romana le cose stavano andando meglio per i Persiani: sentendo l’opportunità, Peroz diede ordine agli immortali di attaccare lì, in modo da bilanciare la situazione difficile al lato opposto dello schieramento con una completa rotta dei romani sull’altro. I Romani furono costretti ad indietreggiare quasi fino alle mura di Dara. Belisario era consapevole del momento critico e diede ordini concitati: chiese agli Unni che erano stati efficaci sulla sinistra di spostarsi a destra. Inviò lui stesso la sua riserva, i bucellari, a rinforzarli. I Persiani furono attaccati a questo punto su due lati e bloccati. Poi, dopo la rotta dell’altra ala Persiana, delle unità di cavalieri Romani arrivarono rapidamente alle loro spalle, circondando le unità di cavalleria più preziose dell’impero persiano, gli immortali. A dispetto del loro nome, molti di loro perirono, venendo ricoperti di frecce: gli altri si diedero alla fuga una volta che perì il loro comandante. Peroz, vista la situazione disperata, diede ordine alla fanteria al centro dell’esercito, rimasta immobile, di ritirarsi. Belisario impedì però ai suoi di inseguirli troppo: i Persiani erano ancora più numerosi dei Romani e non voleva rischiare che si riorganizzassero per far fronte al suo attacco. Sul campo di battaglia giacevano 8.000 dei soldati migliori del Re dei Re, Belisario aveva perso poche centinaia di uomini. Nelle parole di Procopio, che sembrano tremare ancora di orgoglio e di sollievo per lo scampato pericolo “Quel giorno, dopo tanto tempo i Persiani furono sconfitti in battaglia dai Romani”. Belisario era entrato nella leggenda e Giustiniano aveva trovato il suo generale.

Anche l’ala sinistra dei persiani è circondata dai Romani, i Persiani al centro si ritirano.

Il nuovo esercito di Giustiniano

Vi ho raccontato questa battaglia, per filo e per segno, per due ragioni: perché è una dimostrazione plastica di quanto abbiamo appreso a riguardo dell’esercito di Belisario e perché è forse una delle pochissime battaglie dell’antichità della quale abbiamo una tale messe di informazioni, tra l’altro confermate a grandi linee anche da altri storici. E’ uno di quei rari casi, come Adrianopoli, per i quali vale la pena soffermarsi ad analizzare cosa è accaduto e cosa è cambiato rispetto al passato.

Belisario ha appena affrontato una forza numericamente doppia rispetto ai Romani, composta dalle migliori truppe del più potente avversario di Roma, un avversario che nessuno aveva battuto in campo aperto da quella che sembrava un’era geologica. Belisario era riuscito nella sua impresa grazie ad una delle sue migliori qualità: la capacità di sfruttare ogni piccolo vantaggio del terreno combattendo una battaglia difensiva. Belisario aveva avuto il tempo per preparare il campo di battaglia secondo un piano predeterminato che aveva funzionato alla perfezione: i Persiani erano stati vittima della sicurezza che gli davano il numero e la storia recente. Belisario non scrisse lo Strategikon, ma avrebbe potuto farlo, considerando l’attenzione spasmodica data alla protezione dei suoi uomini e al loro utilizzo attento, quasi ragionieristico, al fine di preservare le preziose unità che l’impero aveva messo a sua disposizione, con la cura del buon padre di famiglia.

Belisario riuscì a vincere anche perché aveva utilizzato la regola d’oro dell’arte militare: fai in modo di attaccare il nemico sui suoi fianchi. In quanto esseri umani siamo davvero a nostro agio solo se una minaccia viene contro di noi frontalmente, tutta la storia militare dell’umanità può essere riassunta nel costante tentativo di colpire il fianco del nemico con una forza sufficiente a mandarlo in pezzi. Belisario aveva ceduto il centro dello schieramento, apparentemente creando una trappola simile a quella di Annibale a Canne e che il generale persiano aveva fatto di tutto per evitare, colpendo invece i due fianchi avanzati dei Romani. Quello che Peroz non sapeva era che la vera trappola era proprio lì, grazie all’equivalente del sesto secolo dei panzer della seconda guerra mondiale: la rapida cavalleria mobile degli abitanti delle steppe, gli arcieri a cavallo.

La battaglia di Dara è quindi una dimostrazione plastica del nuovo modo di fare guerra del sesto secolo: tenetela a mente perché sarà fondamentale per comprendere le campagne occidentali di Belisario.

La guerra continua

La battaglia di Dara fu seguita da un’altra vittoria romana, questa volta nei monti dell’Anatolia dove Kavad aveva inviato un altro esercito, questa volta affrontato dal neonato esercito romano d’Armenia. Procopio non era presente sul posto quindi non abbiamo altrettanti dettagli di questo scontro: sappiamo che i Romani erano circa 15 mila, di nuovo in inferiorità numerica. In linea con lo Zeitgeist dei tempi, il generale Sittas nascose una parte della sua cavalleria in delle alture boscose, mentre i Persiani investivano una città romana. Quando i Persiani furono completamente impegnati nell’assedio, scattò la trappola che funzionò a perfezione: il nostro vecchio amico, l’effetto sorpresa, vinse la battaglia e i Persiani furono costretti a ritirarsi con la coda tra le gambe, dopodiché i Romani riuscirono a catturare alcune fortezze e territori di confine.

Giustiniano aveva ottenuto le grandi vittorie capaci di legittimare il suo regime che aveva cercato sin dai tempi dell’elezione di Zio Giustino: nessuno avrebbe potuto più contestare il suo diritto a sedere sul trono degli Augusti ora che aveva battuto personalmente il nemico con la N maiuscola: i persiani dell’Iranshar. Direte voi: cosa vuol dire personalmente? Giustiniano non si è mai mosso da Nuova Roma: a differenza di Kavad e di suoi figlio Khosrau, Giustiniano si intitolerà sempre i successi dei suoi generali, senza mai vedere un solo campo di battaglia personalmente.  

Nonostante i due trionfi, gli eserciti romani non pressarono il loro vantaggio e non passarono all’offensiva: Giustiniano ne aveva avuto abbastanza della guerra, aveva avuto le sue vittorie, ora era meglio alzarsi dal tavolo da poker fin quando si era in vantaggio. Giustiniano non inviò soldati ad assediare la capitale dei Persiani, ma degli ambasciatori, con termini di pace generosi.

L’anziano Kavad aveva però lui stesso dei problemi di legittimità, non tanto per se stesso ma per il suo erede designato: sentiva la fine vicina e sapeva che Khosrau non avrebbe avuto vita facile se avesse ereditato, assieme al trono, una sconfitta contro i Romani. Dunque, nella primavera del 531, Kavad inviò una nuova forza d’invasione verso la Romania, forte di venti mila uomini. Consapevoli della loro relativa debolezza, questa volta i Persiani evitarono Dara e utilizzarono l’esperienza del deserto dei loro alleati arabi per arrivare all’improvviso sulla frontiera dell’Eufrate, attaccando e razziando i territori di frontiera della Siria romana. Belisario lasciò a Dara il grosso delle sue forze, nel caso che questa fosse solo una diversione per distrarlo da una nuova offensiva frontale contro la  Mesopotamia centrale, e mosse verso sud per tagliare la ritirata dei persiani. Con se aveva solo tremila dei migliori uomini della sua cavalleria, ai quali si aggiunsero cinquemila cavalieri dei suoi alleati arabi, i Ghassanidi, e altre forze di fanteria di limitanei della regione.

L’altra battaglia di Belisario: Callinicum

Quello che accadde in seguito è difficile da interpretare perché Procopio ha ricoperto gli eventi di vari strati di probabili mezze verità con lo scopo di difendere la reputazione di Belisario, evidentemente Procopio non era ancora l’uomo completamente disilluso nei confronti del generale che leggeremo negli anni futuri. I Romani intercettarono i Persiani che si stavano ritirando dalla Siria, senza aver combinato gran che ma con un modesto bottino da saccheggi. Procopio sostiene che Belisario non voleva combattere i Persiani, visto che si trattava di una situazione imprevista, non aveva al comando tutte le sue unità migliori e si era nella settimana santa. Contro il suo giudizio, i suoi uomini e i suoi sottoposti lo avrebbero costretto a combattere. Visto che nel libro di Procopio lo stesso accade a Belisario in altre occasioni nelle quali la sua stella non brillò è facile comprendere come gli storici abbiano sempre preso questa informazione con il beneficio dell’inventario.

Sta di fatto che i persiani si stavano ritirando lungo l’Eufrate, il fiume percorso da Giuliano l’Apostata durante la sua Anabasi verso il cuore dell’Impero Persiano, ricordate l’episodio 9? La battaglia fu combattuta nei pressi di Callinicum, il giorno di Pasqua del 531. Belisario piazzò lungo il corso dell’Eufrate la sua fanteria, a fare da ancora della sua linea. Vari reparti di cavalleria erano presenti al centro mentre sull’ala più lontana dal fiume piazzò gli alleati arabi.

Battaglia di Callinicum: i Persiani vincono travolgendo la destra romana e poi stringendo la fanteria romana contro l’Eufrate

All’inizio dello scontro entrambi si sfidarono a colpi di frecce, nello stile del sesto secolo. I Romani subirono questa volta più perdite, a causa del vento contrario. Seguirono scontri su tutta la linea. Verso il pomeriggio il comandante persiano Azarethes aveva identificato gli arabi di Belisario, i Ghassanidi, come il punto debole dello schieramento avversario. Nella confusione della battaglia fece spostare il più segretamente possibile una parte dei suoi migliori reparti per affrontarli: gli Arabi furono messi in rotta facilmente, un po’ troppo facilmente sostiene Procopio, che sembra implicare una sorta di tradimento, forse un’altra tecnica per deviare la colpa della sconfitta da Belisario.

Sta di fatto che a questo punto i Persiani attaccarono sui fianchi i reparti esposti, uno ad uno, mentre la linea romana andava in frantumi. La decisione di tenere la fanteria sul lato del fiume si rivelò, nella sconfitta, provvidenziale: i fanti poterono costruire un perimetro difensivo a forma di U, con le spalle al fiume, perimetro nel quale si rifugiarono i cavalieri superstiti. Per tutto il resto della giornata i Romani resistettero tenacemente alle cariche della cavalleria persiana e al diluvio di frecce, contrattaccando ove possibile. Infine cadde la notte a salvare i superstiti: con il favore delle tenebre i Romani organizzarono una evacuazione stile Dunkirk con l’appoggio della flotta fluviale presente nella vicina città di Callinicum. Il disastro completo fu evitato, ma si trattò senza ombra di dubbi di una dura sconfitta che cancellò i vantaggi delle precedenti vittorie, ridando l’iniziativa alle forze del Re dei Re.

Gli ultimi momenti della battaglia di Callinicum: i Romani cercano di resistere agli assalti dei Persiani, spreando di essere salvati e traghettati sull’altra sponda dell’Eufrate

1-1

La battaglia di Callinicum non fu una disgrazia solo per le forze romane, ma anche per la reputazione di Belisario. A differenza di Dara, Belisario non aveva avuto il tempo di preparare con accortezza una trappola per i suoi nemici: aveva invece combattuto in campo completamente aperto la superiore organizzazione della cavalleria persiana ed era stato sconfitto dalla loro abilità di muoversi fluidamente sul campo di battaglia. Belisario, posizionato in un punto non favorevole del campo di battaglia, non vide che i Persiani stavano spostando truppe verso l’ala presidiata dagli arabi e fu sconfitto.

La reazione di Giustiniano alla sconfitta non fu scomposta ma tipica della sua mentalità burocratica: Giustiniano lanciò una commissione d’inchiesta che analizzò la battaglia e il comportamento di Belisario, che fu richiamato a Costantinopoli per rispondere delle proprie azioni. La commissione bicamerale d’inchiesta deve essere rimasta soddisfatta delle risposte del generale, visto che Belisario fu discolpato di ogni responsabilità anche se fu costretto a rinunciare al ruolo di Magister Militum per Orientem. Belisario rimase dunque a Costantinopoli, come vedremo non a lungo, mentre ad un altro Carneade fu affidata la guerra orientale.

La guerra persiana proseguì senza Belisario: il generale persiano che lo aveva sconfitto perse anche lui il comando perché la battaglia di Callinicum era stata sì una vittoria per i Persiani, ma a quanto pare una vittoria pagata a caro prezzo. Giustiniano provò a sondare se Kavad era intenzionato alla pace dando in contemporanea l’ordine di razziare la frontiera persiana, in modo da rafforzare la sua mano negoziale. Una spia dei Persiani che abitava a Costantinopoli fece il doppio gioco e avvertì Giustiniano: si preparava una doppia invasione, i Persiani avrebbero attaccato l’Anatolia centrale e una delle tribù degli Unni che vivevano nelle steppe Ucraine avrebbe colpito l’Anatolia da nord, attraverso i passi del Caucaso, per poi ricongiungersi con i Persiani.

La pace perpetua (per gli ottimisti)

Come spifferato dalla spia doppiogiochista, le forze di Kavad mossero allora contro la città di Martyropolis, una delle principali sulla frontiera. La città fu investita con forza dai Persiani. Prima che potessero essere rafforzati dagli Unni arrivò però da Ctesifonte una notizia importante: il 13 settembre del 531 Re Kavad era infine morto, dopo 53 lunghi anni di regno. Suo figlio Khosrau mosse rapidamente per assicurarsi il trono contro i suoi fratelli, mentre i Persiani dopo un po’ di indecisione se ne tornarono a casa, abbandonando l’assedio di Martyropolis: quando gli Unni infine invasero la Romania non trovarono i loro alleati, dovendo tornare nelle steppe a mani vuote.

La crisi dinastica in Persia sembrò un’occasione d’oro per Giustiniano che si rifiutò di riconoscere immediatamente Khosrau come interlocutore diplomatico, sperando che una bella guerra civile persiana lo togliesse dall’impaccio in cui il suo regime si era cacciato con la sconfitta di Callinicum. Era la seconda volta che Giustiniano mancava di rispetto a Khosrau, dopo la storia della fallita adozione, questi non dimenticherà mai l’affronto, anzi gli affronti: Khosrau e Giustiniano un tempo sarebbero potuti diventare fratelli e invece saranno implacabili avversari per tutto il resto della loro vita.

Khosrau deluse per la prima di innumerevoli volte le aspettative di Giustiniano, assicurandosi rapidamente il regno. Giustiniano ne aveva avuto abbastanza della guerra persiana, nella sua hybris si era creduto differente dai suoi predecessori ma quattro anni di guerra avevano dimostrato inequivocabilmente che la lezione appresa da Arcadio, Teodosio e Anastasio rimaneva valida: la guerra con i Persiani era un terribile affare che non avvantaggiava nessuno. Dal canto suo Khosrau aveva bisogno di tempo per consolidare il suo potere e una pace vantaggiosa con i Romani poteva dargli il tempo necessario, e i fondi: non è un caso che la sua principale richiesta negoziale fu quella di un tributo annuale, i Romani potevano chiamarlo un “contributo al mantenimento delle fortezze del Caucaso”, fortezze sui passi che difendevano entrambi gli imperi.

La pace che fu raggiunto ebbe un nome molto ambizioso: pace perpetua. Prima di allora i trattati di pace tra Roma e Persia avevano avuto una durata pluriennale, ma la pace conclusa da Khosrau e Giustiniano era più ambiziosa. I due imperi, al solito, confermavano l’antica frontiera e si impegnarono a restituire ogni territorio conquistato. Il prezzo della pace, per Roma, fu il versamento di un pagamento una tantum di 11.000 libbre d’oro, un prezzo tutto sommato accettabile per Giustiniano, grazie alle 300.000 libbre d’oro lasciate da Anastasio. I Persiani avevano proposto un pagamento annuale, ma i Romani non volevano dare l’impressione di essere loro tributari e quindi Giustiniano preferì il pagamento una tantum, sempre con la scusa di contribuire al mantenimento delle mura e delle fortezze caucasiche: in sostanza, per dirla alla Trump, Khosrau fu il primo che riuscì a costruire un muro e a farlo pagare ai Messicani, pardon, ai Romani. Credo però che Giustiniano fece un grave errore: se avete mai avuto a che fare con delle imprese edilizie saprete perché l’idea di Giustiniano di pagare l’impresa edile in anticipo non fu proprio geniale. Una volta pagato, il potere negoziale del pagatore si azzera: molto meglio piccoli pagamenti periodici se ci si vuole assicurare un comportamento onesto dalla controparte.  

Per ora però i rapporti tra i due imperi erano più cordiali che mai: nelle parole di Malalas, i due sovrani si impegnarono a rispettarsi ed ad aiutarsi come fratelli, in caso uno dei due avesse avuto bisogno di un supporto finanziario o militare. Chissà, magari pace eterna può sembrare troppo ambizioso ma Persiani e Romani avevano passato in una pace quasi ininterrotta un intero secolo, con un po’ di fortuna questa pace sarebbe durata altrettanto.

E invece durerà solo 7 anni: Giustiniano un giorno imparerà a sue spese che tipo di nemico può essere Khosrau, soprannominato dai persiani “Anushirvan” ovvero “anima immortale”: non a caso oggi è considerato senza ombra di dubbio il più grande imperatore dell’Impero Sasanide.

Per ora però Giustiniano avrà altre gatte da pelare: nel prossimo episodio infatti torneremo a Costantinopoli, per vedere l’impatto dell’ambizioso programma di riforme di Giustiniano. Poi ci uniremo a decine di migliaia di persone assiepate nell’ippodromo e urleremo NIKA!

Grazie mille per l’ascolto!  Vi ricordo che potete trovare tutte le puntate, i testi del podcast, mappe, fonti e genealogie sul mio sito italiastoria.com. Se volete sostenermi, c’è anche una sezione con questo fine. Oppure potete andare su patreon.com/italiastoria. Alla prossima puntata!

Per diventare Patreon andate sul sito http://www.patreon.com/italiastoria

Grazie ai miei Patreon:

Livello Leonardo da Vinci: Paolo, David l’apostata, Massimo, Pablo, Simone, Francesco, Arianna

Livello Galileo Galilei: Davide, Francesco, Jacopo Toso, Riccardo, Stefano, Roger, Anna, Pierangelo, Luigi, Antonio, Giulia, Ezra, Andrea, Paola, Daniele, Mariano

Livello Marco Polo: Dominik, Giacomo, Jacopo, Marco, Fabio, Francesco, Roberto, Stefano, Sergio, Fabrizio, Gianmarco, John, Luca, Gianluca, Marco, Federico, Tony, Mariette, Luca, Andrea, Gabriele, Bruno, Gabriele Mazzon, Ale, Maurizio, Enrico, Federico, Leandro, Patricia, Emiliano, Alessandro, Pietro, Silvio, Nikola, Tommaso, “johnny”, Marco N., Nicolò, Dario L., Dario C., Vittorio, Tommaso, Andrea B, Marco il nero, Valerio, Pasquale, , Antonino, Jonathan, Enrico e Patrizia

SOSTENERE IL PODCAST

Ti piace il podcast? Sostienilo, accedendo all’episodio premium, al canale su telegram, alla citazione nel podcast, alle première degli episodi e molto altro ancora. Il modo migliore è aiutarmi mensilmente su Patreon

Se invece vuoi sostenerlo con una piccola donazione di qualunque importo, puoi da adesso sostenermi anche su Tipeee, è molto facile, clicca l’immagine in basso:

Ma puoi anche aiutarmi in altri modi, andando al link in basso:

Per un pugno di barbari

Vuoi acquistare “Per un pugno di barbari”? clicca ad uno dei link seguenti::

Per ordinare da una libreria indipendente (che fa sempre bene!) clicca al link seguente:



Se non puoi sostenermi con una donazione regolare, puoi lasciare una donazione in basso, ti invierò il link per l’episodio premium!:

Donazione al podcast

Fai una donazione per sostenere il podcast! Riceverai l’episodio premium in regalo

20,00 €


Vuoi sostenere Storia d’Italia in un altro modo? visita lo store!

►Informazioni sul mio libro “Per un pugno di barbari”:
https://italiastoria.com/libro/
►Trascrizioni episodi, mappe, recensioni, genealogie:
https://italiastoria.com/
►Facebook
Pagina: https://www.facebook.com/italiastoria
Gruppo: https://www.facebook.com/groups/italiastoria
►Instagram
https://www.instagram.com/italiastoria/
►Twitter
https://twitter.com/ItaliaStoria
►YouTube:
https://www.youtube.com/channel/UCzPIENUr6-S0UMJzREn9U5Q
►Contattami per commenti, idee e proposte di collaborazione:

info@italiastoria.com

Musiche di Riccardo Santato

https://www.youtube.com/user/sanric77

NEWSLETTER

Vuoi restare sempre aggiornato sulle novità di “Storia d’Italia”? Lascia la tua email per iscriverti alla mia newsletter! Basta inserirla qui in basso:

Elaborazione in corso…
Fatto! Sei nell'elenco.

Grazie ai miei Patreon:

Livello Dante Alighieri: Musu Meci, Massimiliano Pastore, Manuel Marchio, Mauro.

Livello Leonardo da Vinci: Paolo, David l’apostata, Massimo, Pablo, Simone, Frazemo, Arianna, Jacopo, Jacopo F., Riccardo, Enrico, Alberto, Davide, Andrea, Federico, Bruno, Settimio, Giovanni, Cesare, Jerome, Diego, Francesco, Alanchik, Flavio Ruggeri Fo, Edoardo Vaquer, Stefano Po, Luca Casali, Nicol Bagnasco e Carlotta lo dico.

Livello Galileo Galilei: Davide, Francesco, Jacopo Toso, Riccardo, Stefano, Roger, Anna, Pierangelo, Luigi, Antonio, Giulia, Ezra, Andrea, Paola, Daniele, Mariano, Francesca, Gabriella, Alessio, Giovanni, Alessandro, Valerio, Angelo, Alberto, Viviana, Riccardo, Giorgio, Francesco G., Francesco B., Emanuele, Giacomo, Francesco M, Giacomo, Martina, Yuri, Lorenzo, Jamie, Gianluca, Danilo, Echtelion, Matteo, Valerio P., Guglielmo, Michele, Massimo, Tommaso J, e Francesco C., Stefano, Giulio S., Davide P., Elisabetta C., Don Fabrizio, Massimo S. e Luca F.

Grazie anche a tutti i miei sostenitori al livello Marco Polo!


Una tantum
Mensile
Annuale

Donazione una tantum

Donazione mensile

Donazione annuale

Scegli un importo

€5,00
€15,00
€100,00
€5,00
€15,00
€100,00
€5,00
€15,00
€100,00

O inserisci un importo personalizzato


Apprezziamo il tuo contributo.

Apprezziamo il tuo contributo.

Apprezziamo il tuo contributo.

Fai una donazioneDona mensilmenteDona annualmente

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.