Nello scorso episodio abbiamo scoperto come il regno di Odoacre sia più una continuazione dell’Impero Romano con altri mezzi che una vera rottura storica, economica e costituzionale del destino della penisola italiana. Abbiamo visto come Odoacre sia riuscito a riportare un modicum di stabilità ad una penisola sconvolta da decenni di guerre civili. Abbiamo però terminato con gravi notizie per Odoacre provenienti dall’oriente: Zenone è determinato a rimuoverlo e ha deciso di inviargli contro niente di meno che la potenza militare degli Ostrogoti.
Ma l’ultima volta che abbiamo lasciato gli Ostrogoti questi erano stati sconfitti dai loro cugini Visigoti alla battaglia dei Campi Catalaunici, nel 451. Cosa accadde agli Ostrogoti dopo questo titanico scontro? questo episodio servirà a riempire questo vuoto nella loro storia. Viaggeremo con gli Ostrogoti nel brutale mondo danubiano dopo la caduta dell’impero degli Unni e ne ripercorreremo le vicissitudini. Ma le loro vicende saranno narrate con un occhio soprattutto ad un giovane pargolo, nato nella illustre stirpe degli Amali. La sua è una storia mirabile che ci porterà dalle steppe della Pannonia alla grande città di pietra sul Bosforo, dai monti dei Balcani alla via che conduce all’Italia: è tempo di introdurre con tutti gli onori del caso un gigante della storia d’Italia. Il suo nome Goto è Thiudereiks, leader della tribù, i Romani lo chiamarono Flavius Teodericus, noi lo conosciamo con il nome di Teodorico il grande.
Getica

Nel 451 gli Ostrogoti marciarono in Gallia al seguito dei loro padroni, i nostri amati Borg, gli Unni di Attila. A metà del quinto secolo i Goti danubiani erano formati da un amalgama di Greutungi, la componente principale, da Tervingi rimasti oltre Danubio e anche da altri popoli assoggettati nei secoli dai Goti e via via integrati nella tribù. La nostra principale fonte per la loro storia, narrata dal loro punto di vista, è la Getica di Giordane o Jordanes, un monaco ostrogoto del crepuscolo del loro regno e che visse a lungo a Bisanzio: i più attenti si ricorderanno che ve lo ho già presentato. Giordane sostiene che tra i goti due famiglie sono sempre state considerate le più nobili, sin dall’alba del loro popolo in Scandinavia. Una di queste famiglie era quella dei Balthi, i coraggiosi, il clan da cui proveniva la classe dirigente dei Goti Tervingi: Athanaric, Fritigern, Alaric, Wallia, Ricimer, Theoderic e da lui tutti i Re dei Visigoti di Tolosa erano tutti Balthi. Ma secondo Giordane e la sua fonte Cassiodoro, la famiglia più nobile dei Goti era quella dei loro Re ancestrali, la famiglia degli Amali. Dieci generazioni di Amali avrebbero regnato sui Goti fino ad Ermanaric, il primo Re dei Goti ad entrare ufficialmente nella storia, essendo il Re Amalo ad essere travolto dall’invasione degli Unni, nei primi anni 70’ del quarto secolo (leggere qui in fondo all’episodio per rinfrescarsi la memoria). Poi la genealogia diviene confusa fino a tornare storicizzata con la generazione di Amali che comandò gli Ostrogoti sul campo di battaglia dei Campi Catalaunici. Si trattava di tre fratelli reali del clan degli Amali: Valamir, Thiudimir e Vidimir. Thiudimir è il padre del nostro pargolo, il piccolo Thiudereiks.
Gli Amali

Ora molti storici hanno messo in forte dubbio questa storia: Cassiodoro era al servizio di Teodorico e aveva tutto l’interesse ad esaltare la genealogia del suo padrone, qualcosa di tipico in ogni luogo e ogni epoca, basti pensare a Costantino che si inventò una discendenza da Claudio II il Gotico. In questo quadro citerò il lavoro di tre tra i più grandi storici dei Goti. Peter Heather è dell’opinione che la famiglia degli Amali sia di recente importanza, elevata al dominio sui Goti da parte degli Unni che avrebbero favorito questa famiglia in modo da avere leader dei Goti che dovevano la loro preminenza agli Unni, e soltanto agli Unni. Thomas Burns, uno storico precedente a Heather, sostiene che probabilmente gli Amali erano tra le famiglie più nobili e importanti dei Greutungi, ma non furono una vera casa reale fino al tempo di Bleda e Attila. Infine Wolfram, forse il più influente dei tre per quanto riguarda i Goti, sostiene che l’identità di questo popolo, la loro stessa etnogenesi, sia stata costruita attorno ad un clan reale allargato e che si, questo clan reale allargato fosse quello degli Amali, un clan con una ampia legittimità a governare sui Goti. Wolfram comunque accetta che molta della tradizione riportata da Cassiodoro è una deformazione di leggende tribali.
Non ho le competenze per giudicare quale di queste tre opinioni sia la più valida, eppure le leggi della probabilità storica mi portano a pensare che tipicamente una famiglia di parvenue, di relativamente recente rilevanza, tende sempre a ricostruire un’origine mitica e nobile della propria stirpe, questo per giustificare il suo dominio. Basti pensare ai Giulio-Claudi e alla loro pretesa di discendere da Venere e dai Re di Troia, diligentemente messa per iscritto da Virgilio su mandato del primo vero imperatore dei Romani, Augusto. Se vediamo Cassiodoro e Giordane come l’equivalente gotico di Virgilio, mi viene da pensare che la stirpe reale degli Amali abbia origini più recenti di quanto ci vogliano far credere.
Gli Ostrogoti dopo i Campi Catalaunici
Detto questo, è indubbio che il grosso degli Ostrogoti fosse al seguito degli Amali nella battaglia ai Campi Catalaunici. Durante i decenni della dominazione Unna, tra il 376 e il 454, sembra che buona parte degli Ostrogoti migrarono con i loro padroni unnici nel bacino pannonico, stabilendosi a cavallo del Danubio nella moderna Ungheria. Qui acquisirono alcune abitudini dei loro padroni, come ad esempio la deformazione dei crani, ma furono un tale elemento fondamentale della coalizione unnica che il Goto divenne sostanzialmente la lingua franca dell’impero degli Unni.
Nel 451 gli Ostrogoti furono sconfitti ai Campi Catalaunici dai loro cugini, i goti di Romania, i Visigoti di Teoderic il Baltha, che perse la vita sul campo di battaglia. Dopo il fallimento della spedizioni in Italia del 452, Attila morì. Come narrato nell’episodio 35 “la caduta di un impero”, dopo la morte di Attila uno dei popoli più importanti della coalizione unnica si ribellò, non però gli Ostrogoti ma i loro cugini Gepidi, al comando di Re Ardaric. Gli Ostrogoti dei tre fratelli combatterono quindi al fianco degli Unni la cruciale battaglia del Nedao, nel 454, nella quale furono sconfitti dalla coalizione messa su dai Gepidi. L’impero degli Unni era destinato al cestino della storia, i Gepidi si impadronirono del cuore dell’impero, ovvero la grande pianura che oggi chiamiamo ungherese. Gli Ostrogoti di Re Valamir e company furono costretti a trovarsi una nuova casa. Con loro avevano un giovane principe di tre anni.
Se ha ragione Wolfram nei suoi calcoli, l’anno della battaglia dei campi catalauni nacque infatti un bambino sulle rive del lago di Neusiedl, al confine tra le moderne Austria e Ungheria. Il pargolo era il figlio di Thiudmir, il fratello mediano della triade al comando degli Ostrogoti. Il sovrano più importante dei tre fratelli, Valamir, non aveva figli quindi il pargolo era il primo maschio della nuova generazione di Amali. Sua madre era chiamata in Gotico Ereleuva, ma aveva abbracciato il cristianesimo niceno ed era stata ribattezzata Eusebia. Eusebia diede al pargolo un nome che è molto comune nel popolo gotico: Thiudereiks, capo della thiude, la tribù.
Valamir cerca casa

Nella confusione delle guerre seguenti alla caduta dell’impero degli Unni emerge la figura di Valamir, lo zio del nostro pargolo, che concluse tra il 455 e il 456 un accordo con l’imperatore dell’oriente, Marciano. L’accordo era modellato su quello che avevano raggiunto i Visigoti di Wallia, stabilendosi come foederati a Tolosa 40 anni prima. Marciano agì nel vuoto di potere dell’occidente: siamo infatti nei caotici anni seguenti alla morte di Valentiniano III e l’occidente aveva decisamente altro a cui pensare, mentre Avito veniva incoronato imperatore dai Galli. Marciano ebbe l’idea di legare a sé un popolo potente come quello degli Ostrogoti. Il colpo di genio fu di farlo senza di fatto concedere terre sotto il suo diretto controllo, ma stabilendo i Goti in quello che era stato l’illirico occidentale, un tempo sotto il controllo di Ravenna.
Gli Ostrogoti di Valamir furono installati sul confine danubiano, in Pannonia, tra le antiche città imperiali di Sirmio nella moderna Serbia e Vindobona, la moderna Vienna. Il Foedus prevedeva che, in cambio delle terre e di una sovvenzione annua, gli Ostrogoti si impegnassero a pattugliare l’intera frontiera, sostanzialmente il corso del medio Danubio. Il loro compito era di impedire ad altri popoli d’oltre Danubio di attraversarla. Il regno degli Ostrogoti fu diviso tra i tre fratelli e a Thiudimir, il padre del nostro neonato, toccò la parte centrale. Wolfram sostiene che l’intero regno poteva contare su circa 18.000 guerrieri più le loro famiglie.
A confondere le idee va detto però che non tutti gli Ostrogoti seguirono Valamir e i suoi fratelli, una parte della tribù si mise al comando di un altro Teodorico, il nostro già citato Teodorico “lo strabico”. So che avere due Teodorico in giro nello stesso episodio non aiuta la narrazione, quindi ogni volta che parlerò di Teodorico figlio di Thiudmir, questi sarà “l’Amalo”, mentre frequentemente il suo rivale verrà chiamato “Lo strabico” o “Strabone”. Chiaro? Spero di sì. Lo strabico portò i suoi seguaci in Tracia dove si unirono probabilmente a quella parte di Goti seguaci di Ulfila che lì era sempre vissuta. Per Valamir e i suoi fu un atto di tradimento e il loro erede, il nostro Teodorico l’Amalo, non perdonerà mai lo strabico, in una faida che avrà conseguenze importanti per la storia dei Goti.
Se il regno pannonico di Valamir e fratelli da un punto di vista superficiale poteva sembrare simile a quello dei Visigoti di Tolosa, si trattava in realtà di un regno in una situazione assai più precaria: la Pannonia romana era stata devastata da decenni di incursioni e di periodiche occupazioni da parte degli Unni. L’economia monetaria non esisteva più, impedendo una solida base economica al nuovo regno, che dipese sempre dalle donazioni di Costantinopoli. Credo che questo fu il calcolo di Marciano: aveva ceduto agli Ostrogoti una terra senza alcun valore, acquisito un popolo alleato e allo stesso tempo gli aveva messo il cappio dorato della dipendenza dalle sovvenzioni di Nuova Roma.
Costantinopoli ci ripensa

Marciano morì nel 457 e il suo successore, Leone, fu di diverso avviso per quanto riguarda i Goti. I pagamenti furono sospesi e dopo che si accumularono due anni di arretrati il nostro Re Valamir ne chiese conto con un’ambasciata a Costantinopoli: sapevano per caso i Romani che avevano sottoscritto un trattato? Era forse questo il valore che ponevano nella parola data?
L’ambasciata tornò da Nuova Roma con un nulla di fatto e allora Valamir decise di muovere guerra contro Costantinopoli: era ora di ricordare ai Romani cosa accadeva se si rompevano gli accordi con i Goti. Gli Ostrogoti marciarono sui Balcani, devastando la penisola fino all’Epiro e conquistando la strategica città di Durazzo, la chiave per i collegamenti con l’Italia. Ovviamente i Goti non avevano alcuna intenzione di tenere i territori conquistati, si trattava della solita tecnica negoziale tra l’Impero e i suoi Foederati. Le ostilità ebbero però l’effetto di impedire a Leone qualunque sostegno a Maggiorano, impegnato in contemporanea nella sua mortale contesa contro Genseric.
Nel 459 si giunse alla pace chiudendo quest’inutile guerra. I foederati Ostrogoti ottennero il pagamento di 300 libbre d’oro annue come “sovvenzione” per la protezione del fronte danubiano. In cambio Valamir inviò a Nuova Roma suo nipote ed erede, come ostaggio della buona condotta degli Ostrogoti. Si trattava ovviamente del nostro Thiudereiks. Il bambino aveva circa otto anni, e credo che fu proprio nel lungo soggiorno a Costantinopoli che Thiudereiks divenne Teodorico, principe degli Amali e signore tra i Romani.
Teodorico a Costantinopoli

Teodorico passò nella corte di Costantinopoli gli anni della più formativi per un uomo, cioè tra otto e diciotto anni, assorbendo tutti gli elementi della Romanitas e della civiltà mediterranea. Teodorico visse a corte, forse persino una sorta di protegèe dell’Imperatore Leone e certamente sotto l’ala di un altro grande generale di origine barbarica che aveva assorbito su di sé tutta la cultura dell’impero dei Romani: si trattava di Aspar, Magister Militum e potente figura politica alla corte di Bisanzio sin dagli anni 30’ del quinto secolo. Aspar insegnò a Teodorico come un “barbaro” poteva integrarsi nella civiltà romana, senza però perdere la fierezza delle proprie origini o la sua fede ariana. Credo che per tutta la sua vita Teodorico tenne a mente sia il grande successo pluridecennale di Aspar, sia il modo in cui fu sconfitto e messo a morte da Leone e dai Romani, pochi anni dopo. Sarà una lezione che guiderà sempre le sue azioni. Teodorico dirà decenni dopo che a Costantinopoli apprese a governare da Romano, credo che comprese anche la lezione su come evitare di fare la fine di Aspar.
Il decennio trascorso a Nuova Roma fu un decennio di sostanziale pace tra gli Ostrogoti e Roma. Valamir sconfisse uno dei figli di Attila, Denzigich, che tentò di violare il fronte danubiano, dimostrando la validità e l’utilità strategica della presenza dei Goti nel medio Danubio. La politica filo-gotica era rappresentata a Bisanzio da Aspar, che trattava l’intero popolo Ostrogotico come suoi clienti, nella migliore tradizione romana. Ma il potere di Aspar iniziò a declinare a fine anni 60’, permettendo a Leone di riprendere il controllo della situazione politica a Costantinopoli e di lanciare la sua grande spedizione contro i Vandali, mettendo sul trono occidentale il suo generale Antemio, ne abbiamo parlato a lungo nell’episodio 41, invencible armada. Quello che allora non ebbi il tempo di descrivere nel dettaglio è che in contemporanea Leone cercò di organizzare una coalizione di popoli barbarici con l’obiettivo di distruggere il regno degli Ostrogoti, percepiti appunto come un puntello del suo rivale interno Aspar.
La battaglia di Bola

La coalizione includeva gli Svevi, gli Eruli, i Gepidi e i Sarmati: praticamente tutti i vicini degli Ostrogoti. La grande coalizione era comandata da Edeko, principe degli Scriri, ed invase da nord il regno danubiano degli Ostrogoti, mentre in contemporanea da sud un esercito Romano fu inviato da Leone a minacciare la retroguardia degli Ostrogoti.
Valamir, Thiudimir e Vidimir riunirono le forze del loro popolo e contro ogni pronostico affrontarono con successo la coalizione dei loro nemici sul fiume Bolia, in Pannonia. La battaglia fu terribile e sanguinosa: Valamir perse la vita e lo stesso avvenne a Edeko, il padre di Odoacre. Come detto, la faida tra gli Amali di Teodorico e i figli di Edeko si estenderà per decenni, fino alla conclusione catartica della guerra tra Odoacre e Teodorico.
Gli Ostrogoti avevano trionfato, ma avevano perso il loro Re dei Re, Valamir, morto senza avere eredi diretti. Il padre di Teodorico, Thiudimir, divenne il nuovo Re supremo degli Ostrogoti e chiese che suo figlio Teodorico gli fosse restituito. Leone era indebolito dalla sconfitta dei suoi piani contro Vandali ed Ostrogoti, la stella di Aspar crebbe di nuovo a Bisanzio e quindi il governo orientale si vide costretto a restituire il principe degli Ostrogoti al suo popolo. E fu così che nel 469 il giovane Teodorico percorse la strada inversa rispetto a quella che aveva percorso dieci anni prima e tornò dal suo popolo, che non vedeva dalla sua infanzia.
Il ritorno di Teodorico

Ho cercato di immaginarmi cosa passasse nella testa del giovane Teodorico mentre tornava dalla sua gente: lo avrebbe riconosciuto suo padre? Avrebbe il suo popolo accettato un principe cresciuto presso i Romani? Lo avrebbero considerato un Goto? Chi era lui stesso in definitiva, un Romano o un Goto? È una domanda a cui neanche noi forse sappiamo rispondere e dubito che potesse risponderci il nostro Teodorico.
Al suo arrivo nella terra degli Ostrogoti, Teodorico prese il controllo di un terzo del loro regno, quella parte che era stata del padre, mentre Thiudimir ora controllava il terzo un tempo di Valamir. Teodorico decise di dimostrare da subito al suo popolo che dieci anni a Nuova Roma non avevano rammollito il suo spirito guerriero e che la sua fedeltà andava in definitiva al suo popolo. Con seimila soldati attaccò la città di Singidunum, la moderna Belgrado. Questa antica fortezza di frontiera Romana era stata conquistata dai Sarmati, uno dei popoli che avevano provato a distruggere gli Ostrogoti. Teodorico attaccò sul campo l’esercito dei Sarmati, lo mise in fuga, catturò e uccise il loro Re e poi si impadronì di Singidunum. Mi immagino che gli Ostrogoti avessero deciso di seguire titubanti questo giovanissimo principe degli Amali ma la vittoria fornì tutta la legittimità a governare di cui aveva bisogno Teodorico: era giovane, era forte, era fortunato e gli Ostrogoti lo acclamarono sul campo di battaglia, battendo le spade sui loro scudi. Non era ancora formalmente il loro Re, questo onore spettava al padre, ma sul campo di battaglia si era guadagnato il diritto ad esserlo. Era il 470 e Teodorico conterà da questa data l’inizio del suo regno.
Singidunum apparteneva però a Leone e ai Romani, e i Romani ne chiesero la restituzione. Teodorico invece tenne per sé la fortezza e la città, sostenendo di averla recuperata all’impero da bravo alleato e foederato.

I due Teodorico
Poco tempo dopo, nel 471, cadde Aspar, il protettore degli Ostrogoti: vi ricorderete come fu assassinato assieme ad alcuni dei suoi figli. A Costantinopoli si scatenarono dei Pogrom nei confronti dei Goti, i sopravvissuti fuggirono in Tracia, dove risiedeva l’altro Teodorico, lo Strabico. Questi pretese di avere l’eredità di Aspar e di essere nominato come il principale Magister Militum nella capitale, ma Leone non si era liberato di un barbaro per elevarne un altro. Alla notizia che Leone non aveva nessuna intenzione di assecondarli, l’esercito dei foederati Ostrogoti di Tracia decise nel 473 di rompere gli indugi e proclamò Strabone come loro Re, in una mossa che assomiglia molto a quella che Odoacre compirà pochi anni dopo nel 476. Lo strabico mosse il suo esercito fino alle porte di Costantinopoli e forzò la mano del vecchio Leone, costringendolo a concedergli l’eredità pecuniaria di Aspar e la carica di Magister Militum. I Goti di Tracia erano sul punto di diventare i principali attori politici a Costantinopoli.
Non era qualcosa che potesse accettare Teodorico l’amalo, il nostro giovane comandante non ancora Re. Aveva vissuto a Costantinopoli e sapeva che era la città del bosforo il premio più grande al mondo, era lì che voleva arrivare a toccare il potere supremo. In più c’era il piccolo dettaglio di una carestia in Pannonia, che stava minacciando di portare i Goti alla fame. Una parte degli Ostrogoti si separò dal gruppo principale, venne in Italia e fu inviata da Glicerio presso i cugini Visigoti. Il grosso degli Ostrogoti seguì invece Re Thiudmir e suo figlio Teodorico verso sud e verso i Balcani. Gli amali avevano decisero di muovere gli Ostrogoti più vicino a Costantinopoli, in modo da poter negoziare anche loro un accordo favorevole al loro popolo, al contempo limitando l’influenza dello Strabico.
I Goti scesero lungo l’antica strada militare dei Balcani, passarono l’inverno del 473 nella Serbia meridionale e poi a primavera provarono a prendere la città di Thessalonika, la più importante dei Balcani, posta lunga la via Egnatia che collegava Durazzo a Costantinopoli e quindi l’Italia all’oriente. Gli Ostrogoti erano però altrettanto capaci negli assedi dei loro cugini Visigoti e quindi Thessalonika resse, e reggerà ancora per secoli e secoli mentre il mondo romano le collasserà tutto intorno.

L’imperatore e il Re
Nel gennaio del 474, nel frattempo, morì Leone e Zenone ereditò l’Impero dei Romani. Zenone si trovava in una situazione difficilissima, con due tribù di Goti armati alle porte della capitale e nessuna forza militare sufficiente a sconfiggere uno dei due, a meno di privare la frontiera persiana o le difese della capitale della loro protezione. Zenone fece quello che avremmo fatto tutti, nella stessa situazione: provò a mettere i due Teodorico l’uno contro l’altro, non che i due necessitassero di troppo incoraggiamento. Quello stesso anno era infatti morto Thiudimir e Teodorico era diventato formalmente il Re della sua gente.

La sua prima mossa fu di abbandonare la Macedonia e spostare la tribù verso Novae, una città in Moesia, nel basso corso del Danubio. Non lontano da qui, nel 376, i Goti Greutungi e Tervingi avevano attraversato il grande fiume, cercando di fuggire dagli Unni. Non è chiaro come mai Teodorico abbandonò la Macedonia, ma è possibile che la Moesia fornisse un’apertura maggiore al mondo extra danubiano, permettendo di accogliere più facilmente profughi provenienti dal nord del Danubio, potenzialmente rafforzando il numero dei suoi seguaci. Era anche una posizione ideale per potere prendere Teodorico Strabone tra due fuochi, nel caso che i Romani avessero chiesto una mano per liberarsi dell’ingombrante generale.
Pochi mesi dopo (siamo nel 475) la situazione a Costantinopoli si ingarbugliò ancora: siamo arrivati ai tempi del colpo di stato di Basilisco, Verina e Illo contro Zenone, colpo di stato sicuramente appoggiato dallo Strabico e dai suoi Goti di Tracia, che fornirono buona parte dei muscoli militari necessari all’operazione: d’altronde Zenone e lo Strabico erano nemici politici da anni. Basilisco si installò sul suo traballate trono ma riuscì a inimicarsi lo Strabone, che aveva voluto per sé il patriziato e il dominio dell’esercito orientale. Il resto della storia la conosciamo: Zenone si riconciliò con Illo e gli Isaurici marciarono su Costantinopoli per reclamare il loro trono imperiale. Lo Strabico non impedì al suo nemico personale Zenone di riprendersi il trono, tanto era disilluso del regime di Basilisco.
Il ritorno di Zenone, l’ascesa di Teodorico
Lo scacco subito dallo strabico fu come una manna dal cielo per Teodorico l’amalo, che nel fatidico 476 ricevette onori senza precedenti da parte del governo di Zenone, onori tesi a farne un solido alleato contro lo Strabico. Teodorico fu fatto patrizio e Magister Militum e fu perfino adottato da Zenone secondo la tradizione germanica, quella dell’adozione per arma. Poteva forse Teodorico sognare un giorno di succedere all’Isaurico, un imperatore poco amato e senza figli? Forse era una prospettiva impossibile ma questo non impedì a Teodorico di sognare un futuro da imperatore nella città dove era cresciuto da giovane principe.
Zenone ovviamente non aveva nessuna intenzione di fare dell’Amalo il suo successore: il suo obiettivo ea di utilizzare un Teodorico contro l’altro, nella migliore tradizione romana del divide et impera. Nel 477 inviò un ultimatum allo strabico: avrebbe dovuto rinunciare al regno, inviare suo figlio a Costantinopoli come ostaggio e ritirarsi a vita privata: lo Strabico rispose a tanta generosità preparandosi per la guerra, in contemporanea Zenone fece dichiarare lo Strabico un nemico del popolo romano. Zenone inviò un’ambasciata a Novae chiedendo a Teodorico l’Amalo di intervenire militarmente contro i suoi connazionali. Promise all’Amalo l’aiuto di una delle armate presentali romane, questo se avesse mosso il suo esercito a sud dei Balcani per condurlo alla distruzione dell’esercito dello Strabico. Il figlio di Thiudmir accettò.
Lo strabico colpisce ancora
E fu così che nel 478 Teodorico l’Amalo partì da Novae alla testa del suo esercito e si inerpicò con i suoi sui monti Balcani: sul passo scelto per la traversata ebbe però una brutta sorpresa: lo Strabone era arrivato e presidiava il passo. Tutto sembrava cospirare verso uno scontro tra titani tra i due Teodorico, uno scontro nel quale sarebbe stato versato sangue gotico su entrambi i fronti, un risultato che sono certo fosse il vero obiettivo del sempre pratico ed efficiente Zenone.
I due eserciti si guardarono in cagnesco, ma nessuno mosse: era evidente ai soldati comuni su entrambi i fronti che non potevano indebolirsi a vicenda, permettendo ai Romani di distruggere gli indeboliti sopravvissuti. La contesa prese quindi il curioso aspetto di una elezione, nella quale i due Re si sfidarono a parole, nella terra di nessuno, su chi avesse il maggiore diritto a governare su tutti i Goti. Lo Strabone reclamava di essere più esperto e più anziano dell’Amalo “Avete lasciato la vostra patria con due o tre cavalli e invece siete oramai costretti ad andare a piedi come degli schiavi” disse, implicando che il loro leader ne aveva causato la sfortuna. È una scena intensa, riportata da Giordane e pertanto dubbia, eppure non dipinge Teodorico nella migliore delle luci, potrebbe anche essere vera.
Alla fine i nobili e i soldati dei due Teodorico decisero che non avrebbero combattuto l’uno con l’altro, ambasciatori si recarono da entrambi e minacciarono di abbandonarli se non avessero fatto la pace. L’obiettivo era negoziare con i Romani in modo da avere cibo, denaro e una terra dove vivere. Massacrarsi l’un l’altro non avrebbe raggiunto nessuno di questi obiettivi. L’Amalo e lo Strabone furono costretti ad una precaria alleanza e inviarono a Zenone la richiesta per nuove terre dove stabilire il loro popolo nei Balcani, rifornimenti in viveri e sovvenzioni in oro. Immagino la faccia di Zenone al ricevimento del messaggero dei due Re gotici: la sua strategia era fallita, gli Ostrogoti erano oramai uniti contro di lui. Zenone provò a corrompere Teodorico l’amalo a rompere l’accordo con lo Strabone ma invano. Fallita la diplomazia preparò le armate romane: era giunto il tempo di risolvere la questione con le armi e la guerra.
La guerra contro gli Ostrogoti
Al comando delle truppe imperiali c’erano comandanti capaci, per una volta tanto, anche se con obiettivi diversi. Adamanzio, un generale che oggi definiremmo una colomba, cercava di utilizzare la forza militare dell’impero per forzare la mano dei Goti e giungere ad un accordo benefico per entrambi. Sabiniano invece era un falco: voleva sconfiggere i Goti una volta per tutte e ridurli quanto meno all’impotenza militare.
Le operazioni iniziali furono un successo per l’Impero: le armate Gotiche furono abilmente costrette a separarsi, visto che oggi come 100 anni prima durante la guerra Gotica era impossibile per i Goti di rimanere a lungo concentrati in un solo posto: non avevano le risorse, la logistica e le vettovaglie per farlo. Una volta che i due Teodorico si separarono, Zenone inviò negoziatori dallo Strabone, raggiungendo un accordo con quest’ultimo. L’Amalo rimase solo nella guerra contro l’Impero. Adamanzio e Sabiniano riuscirono a circondare il suo esercito e infliggere una decisa sconfitta ai Goti, ma Adamanzio lasciò a Teodorico la possibilità di abbandonare il campo di battaglia: gli ordini di Zenone erano chiaramente di non distruggere completamente i Goti e di lasciare che Teodorico vivesse. L’impero avrebbe avuto bisogno delle loro armi, un giorno.
L’armata degli Ostrogoti, affamata e senza speranze, si ritirò via da Costantinopoli e verso il cuore dei Balcani, in quella che oggi è la Macedonia del nord: qui passò l’inverno del 478, occupando una città della regione. Giunse da loro un’ambasciata di Zenone che propose un nuovo accordo: avrebbe concesso agli Ostrogoti un territorio nei Balcani da coltivare, delle città dove stabilirsi e un nuovo trattato di foedus, oltre ovviamente a delle sovvenzioni. Teodorico però chiedeva di essere riammesso alla sua carica di massimo comandante militare dell’impero, offrendo al contempo i suoi servigi per rimettere Giulio Nepote sul trono occidentale.
Teodorico a Durazzo

Zenone però non aveva nessuna intenzione di farsi mettere sotto tutela di un generalissimo, come era successo ai suoi colleghi occidentali. I negoziati si trascinarono per tutto l’anno, senza successo . Teodorico sapeva di non poter restare in Macedonia, i Goti avevano già mangiato tutto quello che c’era da mangiare: restare fermi voleva dire la fine. Per fortuna Teodorico era riuscito a raggiungere un accordo con un suo parente che viveva in Epiro come un grande magnate Romano, pur essendo un Goto. Questi era riuscito a convincere la popolazione di Durazzo che la loro città e il loro territorio erano stati assegnati agli Ostrogoti con il solito meccanismo della hospitalitas e gli stanchi, laceri e affamati Goti riuscirono a raggiungere Durazzo e stabilirvisi, contro il volere del governo imperiale. I Goti erano stati però costretti a separarsi in tre colonne per giungere a Durazzo lungo gli impervi passi balcanici: una delle tre non giungerà mai a destinazione e sarà distrutta dalla rapida azione di Sabiniano che fece migliaia di prigionieri e mise le mani su duemila carri dei Goti, quei carri che trasportavano le loro ricchezze. Era l’inverno del 480 e in quello stesso anno moriva Giulio Nepote e Odoacre annetteva la vicina Dalmazia, senza che Zenone potesse fare alcunché, occupato come era a neutralizzare la minaccia Ostrogotica.
Zenone a questo punto ne ebbe abbastanza delle negoziazioni e richiamò la colomba Adamanzio, lasciando a Sabiniano carta bianca per sconfiggere i Goti. A Sabiniano si unirono le forze di Onulph, il fratello di Odoacre che aveva fatto carriera in oriente ed era diventato lui stesso un Magister Militum. Sabiniano organizzò le difese imperiali attorno all’Epiro, costruendo un cordon sanitaire in modo da bloccare i Goti in quella terra piccola e inospitale. Sabiniano sfruttò ogni occasione per indebolire militarmente il suo nemico e passò l’intero 480 a stringere lentamente il cappio attorno ai Goti. Alla fine dell’anno il generale romano era pronto al colpo mortale, programmato per la primavera dell’anno seguente, il 481. A quanto pare dopo tante vicissitudini militari a Teodorico non restavano che seimila guerrieri e molte bocche civili da sfamare, tutti affamati. Senza alcun dubbio il 480 fu il punto più basso della sua carriera: aveva solo 29 anni ma il suo futuro di Re sembrava segnato. Avrebbe avuto bisogno di un miracolo per uscire dalla trappola tesagli da Zenone.
Unione dei Goti
Eppure il 481 portò non uno ma ben due miracoli favorevoli a Teodorico: Sabiniano fu vittima di una congiura di palazzo da parte di suoi nemici politici interni, fu richiamato da Zenone e poi messo a morte con l’accusa di pianificare una congiura contro l’imperatore. Oramai prive del loro comandante, le armate Romane persero l’occasione di distruggere gli Ostrogoti. Il secondo miracolo riguardò l’altro Teodorico, lo strabone, che si ribellò di nuovo a Zenone ma fu vittima di un incredibile incidente: mentre montava a cavallo finì disarcionato e impalato su una lancia. Senza la sua morte improvvisa e assolutamente tempestiva, l’altro Teodorico non sarebbe mai diventato il grande.
Il figlio dello Strabone ereditò la posizione del padre ma decise di mettere a morte i suoi zii, in modo da consolidare il suo potere. Il crimine non piacque però ai nobili del suo seguito che decisero di abbandonarlo e di muovere l’esercito che era stato di Strabone alla volta dell’Epiro, con l’obiettivo di mettersi al comando di quello che ora era il solo Teodorico rimasto. Questi riuscì a rompere l’assedio delle armate romane, scoraggiate e costrette a ritirarsi per far fronte all’avanzata dell’altro esercito Ostrogotico. Nel 482 le armate gotiche si riunirono e all’improvviso Teodorico ebbe al suo comando il più grande esercito gotico che avesse mai marciato nei Balcani: ovviamente stimarne la dimensione è impossibile, ma le fonti che ho letto parlano tra 20 e 40 mila guerrieri. Teodorico mise immediatamente all’opera la sua armata e per il resto dell’anno avanzò metodicamente verso Costantinopoli, sconfiggendo la resistenza romana e giungendo così vicino a Nuova Roma da costringere Zenone ad aprire nuovi negoziati, perché tutta questa storia non è mai stata una storia di invasioni e di conquista ma di negoziazione armata tra un governo imperiale e i suoi foederati, decisi ad estrarre il massico possibile dall’Impero.
Il console Flavio Teodorico

Nel 483 venne firmato finalmente il nuovo foedus: gli Ostrogoti ottennero la Moesia e la Dacia Ripense, qui si sarebbero stabiliti con il meccanismo della hospitalitas e in quanto soldati foederati. La posizione a poca distanza da Costantinopoli ne garantiva l’influenza sulla politica della capitale. Teodorico fece ancor meglio per sé stesso: fu nominato di nuovo Patrizio e Magister Militum, in sostanza il generale con la più alta carica nella catena di comando imperiale. Ma non è tutto: Teodorico coronò il suo sogno e ottenne per sé un vero nome romano, Flavius Teodericus, il nome Flavius accomunando Teodorico al nome che portavano tutti gli imperatori romani dai tempi di Costantino, segnalandone il rango reale. Teodorico ottenne anche l’onore più grande, l’onore per il quale i Romani erano disposti a uccidere e morire: gli fu affidato il consolato per l’anno 484, la massima onorificenza dello stato romano che mai prima di allora era andata ad un Re barbaro. Teodorico si vantò sempre di aver raggiunto questo onore “in suo anno”, ovvero a trentatré anni, l’età minima, e pertanto considerata ottimale, per il primo consolato di un Romano, come da tradizione politica che risaliva alla Repubblica.
Il ritenersi in sostanza un patrizio Romano, oltre che un principe dei Goti, è un tratto caratteristico di Teodorico. Un tempo si riteneva che la vita di Teodorico si dividesse in una gioventù vissuta da Goto e in una vita adulta in cui governerà da Romano, ma è oramai evidente che il barbaro Thiudereiks e il Romano Flavio Teodorico sono due parti della stessa persona, quasi come la natura umana e divina di Gesù: erano da sempre insieme, ed inseparabili, e il regno che fonderà un giorno in Italia proverà a modellare a sua immagine e somiglianza un’intera nazione.
Il 484 iniziò dunque nel migliore degli auspici per il nostro Re: l’anno sarebbe stato conosciuto in tutto il mondo Romano come l’anno del consolato di Flavio Teodorico e di Basilio, e questo sia in oriente che nell’occidente dominato da Odoacre. Tutto il mondo Romano era stato costretto a riconoscere ed inchinarsi a lui, il principe dei Goti cresciuto a Costantinopoli. Teodorico fece il suo ingresso a Nuova Roma per il Capodanno del 484 in modo da celebrare nel migliore dei modi i giochi che i nuovi consoli dedicavano tradizionalmente all’inizio del loro magistero. Poche settimane dopo i suoi agenti rintracciarono il figlio di Teodorico Strabone, che viveva anche lui in città. Rekitach fu brutalmente assassinato nelle strade della città sul Bosforo: ci poteva essere un solo Re degli Ostrogoti e il Console dei Romani si assicurò di non avere più alcun rivale. Teodorico guardò probabilmente con fiducia ad un futuro di una vita politica a Costantinopoli, come il suo mentore Aspar, un futuro dove chissà, un giorno avrebbe potuto indossare un diadema imperiale.
La vendetta di Teodorico
Nel prossimo episodio i sogni di Teodorico non si avvereranno: Zenone e il nostro Re si ritroveranno nuovamente su lati opposti della barricata. Alla fine però li riconcilierà un comune nemico: Odoacre, figlio di Edeko, contro il quale Teodorico aveva ancora un conto in sospeso.
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Un pensiero riguardo “Le avventure del giovane Teodorico (451-484) – Ep. 47, testo completo”