Una città d’oro: Costantinopoli

In occasione dell’uscita del libro “Quando Venezia distrusse l’Impero romano”, acquistabile qui, vi presento una delle mappe del libro: Costantinopoli all’inizio del XIII secolo.

Dopo i tempi bui del VII-VIII secolo, Costantinopoli al 1203 aveva recuperato tutta la sua gloria imperiale, accresciuta semmai dai nuovi edifici fatti costruire dalle dinastie dei Macedoni e dei Komnenoi.

La città era sempre difesa dalle possenti mura Teodosiane, modificate solo nel VII secolo per includere l’area delle Blachernae (nell’angolo superiore della mappa), che era diventata sotto i Komnenoi, nel XII secolo, la principale sede degli imperatori, mentre il vecchio palazzo centrale, nei pressi dell’Ippodromo, restava la principale sede della macchina statale. La città possedeva ancora tutte le mereviglie dell’antichità, dagli immensi fori voluti dagli imperatori Costantino, Teodosio I, Arcadio etc, sia le possenti colonne – come quella di Giustiniano. Si erano aggiunti molte chiese e monasteri, alcuni particolarmente lussuosi, come il complesso del Cristo Pantocratore. Ma lascerei la parola al mio nuovo libro, del quale vi riporto uno dei capitoli.

Una città d’oro

I Romani erano estremamente orgogliosi della loro città. A buona ragione ritenevano che non avesse nessun rivale nel mondo cristiano. Nell’XI e nel XII secolo, solo a Costantinopoli c’era una vita cittadina di livello metropolitano, con intrattenimenti, ricchezze, commerci e cultura degni di una grande città rinascimentale ante litteram. La Nuova Roma colpiva qualunque visitatore straniero per quattro caratteristiche: la dimensione metropolitana, la ricchezza dei suoi abitanti, la magnificenza dei suoi edifici e la santità delle sue reliquie.
Per le dimensioni, non c’era davvero nulla di paragonabile nel mondo cristiano. Dopo secoli di declino, a partire dal IX secolo la popolazione era tornata ad aumentare e avrebbe raggiunto, prima della Quarta crociata, i 350.000 abitanti, torreggiando sopra tutte le altre città cristiane. La sua antica rivale – la vecchia Roma – all’epoca non aveva più di 40-50.000 abitanti, lo stesso dicasi di Venezia e Milano, che non erano distanti da queste cifre. Parigi e Londra ne avevano ancora meno. Ma qui cederei la parola ai crociati stessi. Ecco cosa dice
Geoffroy di Villehardouin, maresciallo di Champagne:

Voi dovete dunque sapere che chi non aveva mai visto Costantinopoli la guardò a lungo, perché non poteva immaginare che potesse esistere nel mondo intero una città più formidabile. Quando videro quelle alte mura e quelle possenti torri dalle quali era circondata, o quei magnifici palazzi e quelle alte chiese che erano così numerose che nessuno avrebbe potuto crederci senza vederlo con i propri occhi; senza contare la lunghezza e la larghezza della città che di tutte le altre è la Regina.

La ricchezza di Costantinopoli non era poi solo nei forzieri imperiali, o nella sua estensione e nella magnificenza dei suoi edifici. Ogni straniero era colpito dalla generale prosperità della città, con i suoi grandi palazzi nobiliari, i mercati inondati di beni provenienti da tutta la terra, l’abbondanza di oro, argento e seta, il suo stile di vita mondano fatto di intrattenimenti, bagni pubblici, istituzioni culturali e ampie opportunità lavorative.
Il suo tenore di vita attirava immigrati e visitatori dai quattro angoli del mondo conosciuto: dall’Occidente latino,
dalla terra dei Rus, dal mondo islamico e perfino, al di là della via della seta, dall’India e dalla Cina.

La seta, tra l’altro, non doveva più essere importata dalla Cina: da secoli era ormai prodotta in città, e in ottima e abbondante quantità: ai tempi di Giustiniano, dei monaci romani erano tornati con i bachi da seta e da allora i Romani avevano impiantato in loco una fiorente produzione del più regale dei materiali tessili. La città era celebre anche per i suoi fabbri e orefici, considerati i migliori d’Europa: se c’era da ordinare un reliquiario, un gioiello, un libro prezioso, non si potevano trovare artigiani più abili in tutto il mondo cristiano. Lo stesso per molti altri prodotti di lusso: dal vetro alle candele, dal sapone ai profumi. L’economia era sostenuta anche da un sofisticato sistema finanziario, almeno per i tempi: c’erano banche e istituti finanziari, tra i più avanzati del mondo, e questo ben prima della comparsa delle prime banche «occidentali» in Italia.

La zona principale per i commerci era quella a nord della città, lungo le rive del placido Corno d’Oro, il perfetto porto naturale di Costantinopoli, anche se altri porti erano stati costruiti dall’ingegno romano sul Mar di Marmara, a sud, protetti da possenti moli. I commerci, come detto, erano intensissimi e non solo per soddisfare la domanda interna, comunque insaziabile: la capitale imperiale era una piazza di scambi anche tra mercanti terzi. Gli Arabi vi portavano spezie, porcellane e gioielli, gli italiani schiavi, cotone e stagno, i Russi cera, ambra, miele e pelli di animale. Ognuno commerciava con l’altro, mentre le autorità imperiali osservavano tutto con attenzione, riscuotendo il kommerkion per ogni transazione. Costantinopoli era la New York del mondo medievale.


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