Le strade dell’Italia antica: la Via Salaria

I Romani costruirono molte strade nella loro storia, ma una strada è legata a doppio filo alla fondazione della stessa Roma ed è – con tutta probabilità – ben più antica di Roma stessa: la Via Salaria (ROSSO).

La via fu probabilmente tracciata (in più fasi) dai Sabini, il popolo che controllava grosso modo la moderna provincia di Rieti: il tracciato risale al II millennio a.C.

La via prende il nome dal principale prodotto che vi veniva trasportato: il sale. Raccolto nelle saline che si trovavano nei pressi di dove oggi abbiamo l’Aeroporto di Fiumicino, il sale veniva trasportato lungo l’antica via Campana fino all’agevole guado sul Tevere nei pressi dell’Isola Tiberina e – di qui – verso la Sabina e poi il Piceno, raggiungendo la costa adriatica. Attorno al guado sul Tevere crebbe con il tempo una grande città, al crocevia di più itinerari commerciali.

La Roma arcaica dell’VIII secolo a.C., costruita attorno al guado sul Tevere che faceva da passaggio per vari itinerari commerciali, tra i quali il principale era proprio l’asse della Via Salaria.

La via Salaria divenne quindi uno degli itinerari per collegare Roma con il Mar Adriatico. In seguito alla conquista della Sabina da parte di Roma, avvenuta nel 290 a.C., la Via Salaria entrò a far parte delle strade consolari dello stato Romano. In tale occasione, la strada fu migliorata e parzialmente ricostruita lungo tutto il suo percorso, per adeguarla agli standard costruttivi dei romani: gli attraversamenti di corsi d’acqua furono migliorati con la costruzione di nuovi ponti in pietra, e i passaggi più angusti, nelle gole del Velino e in quelle del Tronto, furono allargati per mezzo di profondi tagli nella roccia.

Nel periodo Repubblicano, la via aveva inizio a Porta Collina, sulle mura serviane, per poi passare nell’area del Pincio, per dirigersi verso l’antica città di Antemnae (Monte Antenne) e di qui attraverso il ponte Salario (sull’Aniene). Nerva fece costruire una variante (Salaria Nova) che collegava più rapidamente la città con il ponte Salario e che corrisponde al moderno tracciato della via Salaria dentro Roma, mentre il vecchio tracciato divenne la Salaria Vetus.

Nell’immagine in basso: in nero le Mura Serviane (IV secolo a.C.), in rosso quelle di Aureliano (III secolo d.C.): la vecchia via Salaria usciva dalla Porta Pinciana (nell’antichità detta più spesso “Salaria Vetus”) mentre il nuovo tracciato usciva dalla porta Salaria (nova), che oggi corrisponde a Piazza Fiume.

Entrambi i percorsi si riunivano all’antico guado sull’Aniene, sostituito già dagli Etruschi da un ponte, il ponte Salario, che era ancora esistente al XVIII secolo (vedere immagini in basso) e che fu dotato di una torre difensiva nell’VIII secolo.

Narsete – generale di Giustiniano – restaurò il ponte Salario, per saperne di più ascoltate l’episodio in alto!

Addentrandosi nel territorio della Sabina giungeva ai colli di Fidene (Fidenae) e l’attuale Colle Salario per proseguire verso Settebagni (Septem balnea). Veniva dunque aggredita la collina della Marcigliana, superata Eretum (attuale territorio di Monterotondo) e quindi il passo sul torrente Corese (Cures, attuale Passo Corese); al miglio XXXIII la strada incontrava la stazione di sosta di Vicus Novus o Mansio at Novas (attuale Osteria Nuova).

Nei pressi di Trebula Mutuesca, oggi Monteleone Sabino, si staccava dalla Salaria la via Cecilia, che collegava con la Sabina l’attuale conca dell’Aquila e il paese dei Pretutii (la provincia di Teramo). La Salaria invece proseguiva per Reate (Rieti).

Qui la via scavalcava il fiume Velino con un ponte del quale esistono ancora dei resti. Si veda l’immagine in basso e la mappa di Rieti nell’800′

Rieti nell’800: in rosso, il tracciato della Via Salaria, in basso: i resti del ponte romano.

Dentro Rieti, la via raggiungeva il foro superando il dislivello tramite un viadotto (i cui resti sono ancora visibili nelle fondamenta degli edifici in via Roma, a Rieti).

Da qui l’arteria volgeva verso oriente, uscendo da Reate dalla Porta Interocrina e costeggiando il fiume Velino fino a raggiungere l’alta Civitas ducalis, oggi Cittaducale (di fondazione medievale e non romana), e successivamente l’importante località termale di Cotilia (Vicus reatinus) nella Piana di San Vittorino.

Attraversato il Velino presso il Ponte Margherita, la Via entrava a Borgo Velino e ad Antrodoco (Interocrìum). La Salaria proseguiva in direzione nord all’interno delle Gole del Velino, alle pendici del monte Terminillo, il cui superamento richiese idee e soluzioni tecniche avanzate per gli ingegneri di Augusto, di Vespasiano e di Traiano; ancora oggi nelle gole sono visibili gli imponenti tagli nella roccia operati per permettere il passaggio della strada. Ad esempio, il Masso dell’Orso (in basso), un taglio della roccia alto 30 metri e che al centro aveva probabilmente una lapide che commemorava i lavori (andata perduta)

La strada si inerpicava progressivamente sino a uscire dalle gole giungendo all’abitato di Posta, strategica e antica mansio romana, e quindi all’ampio altipiano di Bacugno e di Cittareale, nell’antica Valle Falacrina sino a raggiungere il valico di Torrita (1000 mt. s.l.m.).

A questo punto la strada scavalca lo spartiacque tirreno-adriatico e comincia a scendere nell’ampio altipiano della conca amatriciana. Tutta l’area tra Amatrice e Arquata è stata la più colpita dal recente terremoto, che ha coinvolto l’intera zona.

Tracciato terminale della Salaria, tra provincia di Rieti e Ascoli Piceno: la moderna statale segue in grandissima parte il tracciato della via antica.

La via quindi scende nella valle del Tronto, attraversando Accumoli e Pescara del TrontoArquata del TrontoTrisungoQuintodecimoAcquasanta Terme per giungere ad Ascoli Piceno (Asculum), importantissima città dei Piceni. Da qui, infine, la via si ridge verso il Mare Adriatico in località Castrum Truentinum alla foce del fiume sulla riva destra (Martinsicuro).


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