Liberare uno schiavo nell’antica Roma: le regole per non sbagliare!

 ~ Giuseppe D’Orsi ~ Liberare uno schiavo nell’antica Roma: le regole per non sbagliare!

La normativa riguardante la schiavitù a Roma fu estremamente mutevole, e nel corso dei secoli si succedettero leggi e prassi diverse e contrapposte. Tuttavia, lo zoccolo duro della normativa non mutò: si nasceva schiavo se figlio di una schiava (gli schiavi erano perlopiù prigionieri di guerra e loro discendenti), oppure si diventava schiavi per debiti (limitatamente al diritto arcaico). Gli schiavi nell’antica Roma erano assoggettati totalmente al proprio padrone (dominus) e giuridicamente erano trattati alla stregua di una qualsiasi altra cosa (res) di sua proprietà. Il dominus aveva la facoltà di sfruttare il lavoro del proprio schiavo (servus), di farlo combattere come gladiatore, di venderlo e per lungo tempo addirittura il diritto di vita e di morte (ius vitae necisque). Quest’ultimo diritto fu limitato in primis da Adriano che proibì ai padroni di uccidere gli schiavi arbitrariamente e poi da Antonino Pio che condannò l’uccisione di uno schiavo senza giusta causa da parte del padrone alla stregua di un omicidio. Infine, un’altra importante prerogativa del dominus era regalare la libertà al proprio schiavo. Tuffiamoci insieme nel indietro nel tempo nel I secolo d.C a Roma sotto Tiberio e capiamo insieme quali erano le modalità di affrancamento per il nostro amico schiavo Felix.

Gnaeus e il suo servus Felix

I sec. d.C. Roma. Il nostro amico Felix, oramai trentenne, è un servus al servizio di Gnaeus, un ricco patrizio, del quale si è guadagnato una certa fiducia per suo comportamento irreprensibile. Un giorno Gnaeus decide di intraprendere un viaggio verso la sua villa di campagna nei pressi di Capua e decide di farsi accompagnare proprio da Felix. Insieme si mettono in marcia in una carrozza trainata da cavalli sulla via Appia. A circa 43 miglia da Roma, nei pressi di Forum Appii, due briganti saltano improvvisamente fuori da un blocco di tronchi posto sulla carreggiata e si avventano sulla carrozza. Gnaeus è spaventato, ma Felix prende subito in mano le redini della situazione. Fingendo di sottomettersi, offre una borsa di monete ad uno dei briganti. Quando il malvivente si avvicina per afferrarla, Felix lo colpisce in testa con la pietra appuntita che porta sempre appesa al collo, vecchio regalo di sua madre. Nel caos che ne segue, Felix afferra una lancia caduta ai briganti e si pone a difesa del padrone. Poi, urlando con forza, incita i cavalli a caricare verso il blocco di tronchi.  Inaspettatamente per i malviventi, i cavalli e la carrozza saltano l’ostacolo. Grazie all’audacia di Felix, Gnaeus è salvo e entrambi riescono a raggiungere la villa a Capua incolumi. Gnaeus decide di ricompensare Felix per il suo coraggio e la sua prontezza regalandogli la libertà. Tuttavia, non ha idea di quale procedimento legale seguire. L’unica modalità che conosce, perché l’aveva già visto fare da suo padre, è l’affrancamento mediante testamento (manumissio testamento). Tuttavia, questa non gli sembra la strada migliore, giacché vorrebbe regalare la libertà a Felix da subito e non dopo la sua morte; senza contare che Felix è pressoché un suo coetaneo e una manumissio testamento sarebbe quasi una presa in giro. Gnaeus, una volta di ritorno a Roma, si rivolge al suo amico Lucius, un giureconsulto molto conosciuto nell’Urbe. Si incontrano presso le Terme di Agrippa per discutere della questione e dopo un bel bagno caldo si siedono a tavolo davanti ad una brocca di buon Falerno:

Lucius: – Innanzitutto, ti consiglio di evitare la manumissio inter amicos o quella ad mensam. Certo queste sono le modalità più rapide che potresti anche porre in essere oggi stesso davanti ad i tuoi amici invitati a banchetto a casa… ma Felix potrebbe avere qualche problema poi!

Gnaeus: – In che senso?

Lucius: – Secondo lo ius civile tali manumissioni sono inesistenti perché le forme imposte dalla legge non sono state rispettate.

Gnaeus: – Perché mai? La volontà del padrone è stata espressa davanti a testimoni…

Lucius: – Purtroppo il diritto ha delle forme rigide. Però il pretore a seguito della Lex Iunia Norbana sta cercando di tutelare gli schiavi liberati con queste modalità dai padroni pentiti che li rivogliono indietro: a volte riconosce loro una piena libertà, a volte una semi-libertà… dipende da come si è svegliato quel giorno (sorridendo)… e al massimo riconosce la cittadinanza latina, ma mai quella romana!

Gnaeus: – Allora cosa mi consigli? Io vorrei che Felix acquisti anche la cittadinanza romana…

Lucius: – Premesso che la manumissio testamento non faccia al caso nostro… ci restano due possibilità: la prima è la manumissio censu che consiste nell’iscrivere Felix come cittadino libero nelle liste di censimento.

Gnaeus: – Come posso procedere in tal senso?

Lucius: – L’unico modo è attendere il prossimo censimento fatto dai censori ogni cinque anni. Ti ricorderai che l’ultimo è stato fatto l’anno scorso!

Gnaeus: – Allora no, vorrei qualcosa di più spedito…

Lucius: – Allora non ci resta che una soluzione: la manumissio vendicta.

Gnaeus: – In cosa consiste?

Lucius: – Bisogna inscenare un finto processo davanti al pretore in cui un difensore di Felix reclami per lui la libertà e lo tocchi con una verghetta in testa pronunciando alcune formule giuridiche. Tutto questo alla tua presenza e tu avrai il ruolo più difficile: dovrai annuire e non opporti!

Gnaeus: – (scoppia a ridere) Non ci ho capito molto, ma procediamo così! Potresti essere tu stesso il difensore di Felix?

Lucius: – Certamente. Ah dimenticavo un dettaglio importante! Tu hai 35 anni, se non erro, e Felix quanti anni ha?

Gnaeus: – Esatto, 35, esattamente come te… stiamo invecchiando ormai! Felìx ha 31 anni! Perché?

Lucius: – Ah perfetto allora, non c’è problema. Una legge recente, la Lex Aelia Sentia ha introdotto alcuni limiti alla concessione della cittadinanza romana a seguito di manumissio se lo schiavo è minore di 30 anni o se il padrone è minore di 20 anni. Ma non è questo il caso!

Gnaeus: – Meno male! Toglimi una curiosità, Felix cosa potrà fare dopo l’affrancamento?

Lucius: – Sarà un liberto a tutti gli effetti. Potrà diventare un mercante, avere la sua proprietà e anche contrarre matrimonio. Non essendo nato ingenuo, però, non potrà diventare magistratus.

Gnaeus: – Non penso gli interessi in ogni caso. Credo che abbia la stoffa per diventare un buon mercante!

Lucius: – E tieni presente che da liberto Felix continuerà ad avere nei tuoi confronti obblighi di rispetto, che includono anche prestazioni di lavoro in caso di necessità!

Gnaeus: – Mi sembra giusto così. Grazie Lucius, sei stato preciso come sempre!

Lucius: – Di nulla, sono a tua disposizione! Ah ultima cosa, non scordarti che dovrai pagare una imposta, la vicesima manumissionum per l’affrancamento di Felix!

Le riforme degli imperatori cristiani

Come abbiamo visto dalla storia, la libertà degli schiavi dipendeva solo e soltanto dal buon cuore del padrone che doveva anche stare attento a rispettare le varie limitazioni imposte dalla legge. Tali limitazioni si addolcirono con il tempo: a partire da Costantino e via via fino a Giustiniano sembra che il cristianesimo riuscì timidamente a penetrare anche in questo settore riuscendo a facilitare in qualche modo la liberazione degli schiavi (favor libertatis). Tuttavia, il dogma cristiano secondo il quale tutti gli uomini sono uguali non attecchì a tal punto da spingere gli imperatori cristiani ad abolire la schiavitù (come non lo fece un millennio e mezzo dopo in altra parte del mondo la dichiarazione secondo la quale “Tutti gli uomini sono stati creati uguali”). Evidenti erano le ragioni legate al valore economico degli schiavi per lo stesso impero, senza contare che una abolizione forzata avrebbe senz’altro sobillato i senatori e i grandi proprietari terrieri provocando una guerra civile in un periodo che definire critico per l’impero è dir poco.

Tra le riforme più significative degli imperatori cristiani, ci fu l’ufficializzazione dell’affrancamento degli schiavi in chiesa (manumissio in ecclesia) da parte di Costantino, procedura con la quale si poteva trasformare uno schiavo in cittadino romano libero. L’innovazione, infatti, non fu tanto l’introduzione dell’istituto, già in larga parte diffuso de facto tra i cristiani e probabilmente di derivazione greca antica (consacrazione dello schiavo alla divinità o vendita simbolica dello schiavo al dio di un tempio), ma il fatto di delegare un potere statuale (sino a quel momento appannaggio dei soli poteri pubblici imperiali) alle autorità ecclesiastiche. In seguito Giustiniano apportò ulteriori riforme migliorative della condizione dello schiavo (es. rendendo possibile per uno schiavo di sposare una donna libera) e rese l’affrancamento dalla schiavitù libero da ogni forma (anche la manumissio inter amicos o quella per epistulam diventavano ufficiali), ampliando altresì le ipotesi di affrancamento ex lege senza il consenso del padrone (es. denuncia da parte dello schiavo di vari illeciti del padrone, svolgimento di importanti incarichi religiosi).

Possiamo certamente affermare che nel corso dei secoli l’impero romano vide un progressivo miglioramento della condizione della schiavitù e un allentamento delle rigide formule per donare agli schiavi la tanto agognata libertà.

In poche parole, chi, purtroppo per lui, nasceva schiavo a Ravenna nel VI secolo d.C., poteva quantomeno ritenersi più fortunato di chi lo nasceva a Roma nel I secolo d.C!