Una rappresentazione dell’Italia del VII secolo, i vescovi del sinodo del 680
Nella mappa interattiva in basso (cliccate sui punti per avere maggiori informazioni!) troverete una rappresentazione dell’Italia alto medievale utilizzando una fonte piuttosto particolare: la lista dei vescovi che parteciparono al sinodo romano del 680. Potete fare uno zoom sulla regione di maggiore interesse.
Indetto come sinodo preparatorio della chiesa occidentale in preparazione del concilio ecumenico che si sarebbe tenuto a Costantinopoli (il terzo concilio di Costantinopoli, o il sesto concilio ecumenico della cristianità), questo sinodo è fondamentale soprattutto per comprendere la geografia umana ed organizzativa delle due italie, quella imperiale (in viola) e quella longobarda (in blu).
Il sinodo romano si tenne intorno alla pasqua del 680, a Roma, e vi parteciparono ben 125 vescovi, quasi tutti provenienti dall’Italia. La lista di questi vescovi è molto interessante e permette di scoprire la geografia umana dell’Italia di allora (con il caveat che le sedi vescovili tendono a mantenere una distribuzione tradizionale delle sedi, spesso essendo in ritardo con l’evoluzione della geografia umana).
Le eccezioni: Sardegna, Corsica, nordest longobardo, ducato di Benevento.
In particolare, si nota come non ci siano vescovi da Sardegna e Corsica: queste isole dipendevano dall’Esarca d’Africa, a Cartagine, forse inviarono i loro rappresentanti ad un sinodo della chiesa africana e non di quella italiana. Sappiamo però che il vescovo di Cagliari fu l’unico vescovo “occidentale” a partecipare al Concilio ecumenico che non fosse a sua volta tra i delegati di Papa Agatone: sospetto si tratti in realtà del delegato della “chiesa africana”, inviato a rappresentare tutto l’esarcato d’Africa.
Mancano quasi completamente anche i vescovi dell’Austria longobarda – con l’eccezione di Ceneda e – si può anche dire – Brescia e Bergamo, che però gravitavano di più su Milano e Pavia. Manca in sostanza il nordest italiano continentale: deve essere dovuto al fatto che la maggior parte di queste diocesi – che dipendevano da Aquileia – restavano tricapitoline e in scisma con Roma: rifiutavano il quinto concilio della chiesa, e men che meno volevano avere a che fare con il sesto: per quanto riguardava Aquileia, tutto ciò che c’era da discutere era stato già deciso a Calcedonia, grazie tante.

Nella mappa mancano quasi completamente anche i vescovi del ducato di Benevento: qui è più difficile comprenderne la ragione: sappiamo che molte sedi vescovili del sud longobardo rimasero vacanti a causa delle guerre e dell’opposizione dei Longobardi meridionali all’episcopato cattolico. Durante il primo periodo longobardo i vescovi di queste città fuggirono di fronte all’espansione longobarda e non furono mai più eletti successori. Inoltre molte città del sud erano di piccola dimensione e con un territorio più povero rispetto alle città del nord, pertanto ci fu una maggiore discontinuità nella geografia umana: in sostanza, molte cittadine tardoantiche del sud non sopravvissero alle procelle del sesto secolo, con le sue pandemie e guerre. Su questo punto, rimando all’ottimo “early medieval italy” di Chris Wickham.
Allo stesso tempo è possibile che questo vuoto sia uno strascico del paganesimo dei Longobardi del sud, che a quanto pare durò più a lungo rispetto al nord. Sappiamo che Romualdo e Grimoaldo avevano decisamente spinto sulla cristianizzazione, ma non è certo che non abbiano scelto a loro volta di puntare sui tricapitolini, o perfino la chiesa ariana, cosa che spiegherebbe il vuoto del ducato (ma non spiegherebbe la presenza al sinodo del vescovo di Benevento, la capitale).
Detto questo, il vuoto pneumatico nella mappa del sud – ci sono solo Benevento, Taranto e Capua – è troppo ampio: è possibile che il vescovo di Benevento indisse un piccolo sinodo della chiesa beneventana, andando poi lui stesso a rappresentare il consesso nel sinodo generale di Roma nel 680.
Un’Italia unita nelle diversità
La mappa è interessante anche per capire quali città erano considerate importanti all’epoca: si nota come ci sia una maggiore densità episcopale nei territori imperiali rispetto a quelli longobardi, cosa che può essere allo stesso tempo un sintomo di una maggiore urbanizzazione dei territori imperiali, o anche semplicemente di una maggiore continuità istituzionale di questi territori con l’organizzazione episcopale tardoantica. Ci sono in totale 44 vescovi longobardi e 76 vescovi dell’Italia imperiale che – ricordiamolo – era ormai molto più piccola di quella longobarda. Tra gli imperiali, ben 25 vengono dal ducato romano, con sedi minori come Nepi, Monterano, Selva Candida, Blera, Faleri, Tuscania, Terracina, Formia…tutte cittadine oggi molto piccole. Poi abbiamo 10 vescovi dalla Calabria (incluso Otranto, unito alla Calabria imperiale), nove dall’esarcato, 8 dalla Sicilia, 7 dalla Pentapoli e dalla Venezia et Histria imperiale, 6 dal ducato di Napoli e 4 dal ducato di Perugia, ormai abbastanza unito a quello di Roma da un punto di vista istituzionale.
Dei 44 vescovi dell’Italia longobarda, come detto solo uno viene dall’Austria longobarda. La Neustria invia il contingente più importante: venticinque vescovi, tutti di città che ancora oggi sono capoluoghi di provincia o comunque importanti. In questo drappello, i due vescovi più potenti sono quelli di Milano e Pavia, ma abbiamo anche città come Brescia, Bergamo, Torino, Vercelli, Novara: in sostanza, tutte sedi ducali. Infine abbiamo nove vescovi della toscana longobarda, capitanati da Chiusi e Lucca, sette dal ducato di Spoleto e – come detto – solo tre da quello di Benevento, che include anche Capua e la neoacquisita Taranto. Nel sinodo parteciparono anche quattro ecclesiastici d’oltralpe, probabilmente già a Roma per altri affari: la nostra vecchia conoscenza – Wilfrid di York – e tre vescovi della Franchia.
Al di là di tutto questo, la cosa che mi ha incuriosito e interessato è che – nonostante le eccezioni – il quadro che ne deriva è di un’Italia tutto sommato unita, dalle Alpi alla Sicilia, che va oltre anche lo steccato imperiale-longobardo: in altri tempi, sinodi della chiesa romana avevano coinvolto quasi solamente vescovi dell’Italia imperiale. A fine VII secolo, invece, dopo l’adesione dei Longobardi al cattolicesimo, si torna sempre di più ad un orizzonte unitario della penisola. Come vedremo, entro la fine del secolo anche la questione dei tricapitolini di Aquileia sarà risolta. È un dato importante, e forse in controtendenza con quanto abbiamo osservato nelle ultime puntate.
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Per saperne di più su Costante, il ducato di Benevento e la rete delle strade tardoantiche in italia, ascoltate l’episodio 143! Link in bio (instagram) e su http://www.italiastoria.com
Parlo del sinodo di Roma e del concilio di Costantinopoli III nel podcast in basso. Se l’articolo vi ha interessato, provate ad ascoltarlo!
Trovate (molte) altre mappe sul mio sito al link in basso:
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